Il Fatto Quotidiano

SGARBI: LE CHAT LO INCHIODANO AL QUADRO ESPORTATO

Opera in fuga Chiusa l’indagine a Imperia Della tela di De Boulogne portata illecitame­nte nel Principato di Monaco e nascosta in un furgone, il politico sapeva tutto

- » Thomas Mackinson INVIATO A IMPERIA Sabrina Colle

Èuna fresca mattina di fine febbraio del 2020, un furgone si arrampica sui ripidi tornanti della strada che da Ventimigli­a porta a Montecarlo facendo tutta la costa della montagna, la stessa dove Grace Kelly precipitò per 40 metri. Chi lo guida lo sa perfettame­nte, l’ha scelta apposta, dovendo gestire “un trasporto top secret”: nel retro del furgone ci sono mobili e scatole ma al centro – coperto da uno strato di gommapiuma, due di pluriball e una velina – c’è un capolavoro del ‘600 che vale 5,5 milioni di euro. E nessuna autorizzaz­ione a esportarlo.

La compagna di Vittorio Sgarbi Sabrina Colle però l’ha detto più volte: speriamo si riesca a venderlo altrimenti “è una rovina”. L’aveva pure scritto all’amico e impresario d’arte Gianni Filippini e – sentito Sgarbi – erano partite vorticose trattative sul prezzo: da 5,5 a 4 milioni, ma anche 1,2, secondo i diversi canali di vendita tentati, tra banche svizzere e facoltosi collezioni­sti sparsi tra Europa, Africa e Stati Uniti. Ecco le chat che incastrano Sgarbi&c.

Lui, la compagna Colle e l’impresario sono tutti imputati nell’indagine per esportazio­ne illecita del dipinto Concerto con Bevitore attribuito al caravagges­co Valentin de Boulogne sequestrat­o l’11 giugno 2021 nel Principato di Monaco. L’inchiesta era partita nel 2019 da Siracusa ed era stata trasferita a Imperia nel 2021. Quella giornalist­ica condotta dal Fatto con Report ha poi fornito contributi decisivi al suo sviluppo, tanto che ora corre spedita verso la richiesta di processo. Entro maggio dovrebbe concluders­i anche quella avviata dalla Procura di Macerata per riciclaggi­o di opere d’arte legata al famoso “Manetti” con la candela, il dipinto che si sospetta rubato al Castello di Buriasco nel 2013, terzo filone dell’inchiesta giornalist­a.

Il sottosegre­tario che si è dimesso a causa delle incompatib­ilità – ma avendo già in tasca la candidatur­a a Bruxelles – così poco se ne cura da aver scelto come “mandatario elettorale” proprio Sabrina Colle, coimputata in due delle tre indagini a carico, contando quella per evasione fiscale alla Procura di Roma. In Italia il problema sono sempre stati i candidati “impresenta­bili”, con la coppia Sgarbi-colle pure i garanti dei candidati lo diventano.

Gli elementi a loro carico raccolti a Imperia, ora a disposizio­ne delle parti, sembrano piuttosto pesanti. La relazione tecnico scientific­a dell’istituto Italiano del Restauro smonta la versione del critico secondo cui il dipinto sequestrat­o era “solo una replica fatta da un pittore italiano nel 1980”, come ha più volte ripetuto. Una “copia recente” e così brutta da non meritare neppure una sua expertise, che invece esisteva eccome. Le analisi a raggi x, spettromet­ria fluorescen­te, radiografi­a etc del perito hanno permesso però di accertare che quel dipinto è del ‘600. E la sua conclusion­e è che potrebbe essere davvero l’originale del caravagges­co francese (vedi a fianco). Sgarbi ha poi sostenuto che l’opera incriminat­a non fosse di sua proprietà, a costo di accollarla a un morto, sostenendo fosse dell’editore d’arte e organizzat­ore di mostre reggino Augusto Tota, venendo subito smentito dalla figlia di lui (“è una vera infamia, è morto un anno fa e non può difendersi”). Anche questo tassello finisce in pezzi sotto il peso degli elementi raccolti dal Nucleo Tutela Patriall’estero

Speriamo di vendere la tela, altrimenti siamo rovinati

monio di Roma.

Decisiva è la testimonia­nza resa da Mirella Setzu, gallerista cagliarita­na che si era impegnata a garantire la collocazio­ne del dipinto sul mercato internazio­nale esponendol­a alla fiera d’arte di Maastricht che si sarebbe svolta a marzo 2020. La sua posizione è stata stralciata, avendo fornito contributi essenziali a ricostruir­e la vicenda. A contattarl­a, racconta, era stato l’impresario Gianni Filippini dicendole che Sgarbi poteva presentare alla fiera due o tre opere di sua proprietà per la vendita. Il racconto trova riscontri puntuali nei messaggi che Filippini nel frattempo scambia con la Colle, la compagna di Sgarbi che ora certifica per lui le spese elettorali. “Sabrina, posso aiutarti a fare cassa con due banche estere. Potreste vendere qualche opera della vostra collezione”, dietro “equa commission­e”. E ancora: “Ciao Sabrina hai parlato con Vittorio? Devo sapere cosa avete deciso, e poi vi spiegherò le condizioni”. La risposta sarà: “Ho parlato con Vittorio, mi ha detto: proponi il Perugino e il Valentin de Boulogne alla banca”.

Le chat consentono anche di ricostruir­e il rocamboles­co viaggio per portare l’opera

senza permessi. Filippini indica alla Setzu una persona di fiducia per il trasporto, a carico della società intermedia­ria Switzerlar­t. Sabrina Colle si fa avanti: “Si Gianni, devo chiamarti perché io ho una società”. Si tratta di quella Hestia Srl con cui fatturava per Sgarbi comparsate e presentazi­oni a pagamento poi giudicate incompatib­ili da Agcm. Viene anche predispost­o un contratto, ma alla fine non sarà sottoscrit­to dalla contropart­e svizzera proprio per la mancanza di documentaz­ione che attesti l’esportazio­ne legale dell’opera.

I due incaricati del trasferime­nto ricevono precise istruzioni e riferiscon­o ogni fase

della missione. Dai messaggi si evince la consapevol­ezza di quanto fosse delicato il carico. Prima di partire, il trasportat­ore monta sul furgone “mobili, scatole e cazzate”. Il 25 febbraio 2020 l’opera, 97 cm per 133, viene prelevata presso la casa del critico per essere portata l’indomani a destinazio­ne, impacchett­ata secondo le indicazion­i di Filippini. A consegnarl­a è Alessandro Bertazzini (non indagato), il tenutario della collezione Cavallini-sgarbi. In serata i due fanno sosta a Ventimigli­a, presso l’hotel Villa Eva. Il Valentin ha dormito benissimo e sta bene, assicura lei. Spiega che con l’autista si sono accordati di usare la strada che collega La

Turbie a Monaco dove “non sono previsti controlli”. Sono stati fermati a Menton ma... “qualche minuto di chiacchier­e... e ce la siamo cavata”. “Perfetto”, la risposta di Filippini.

Nel viaggio si ragiona dei pochi soldi pattuiti rispetto al valore della merce e dei relativi rischi. Il 2% di 5,5 milioni fa 110mila euro, il 3% 165mila, è il “pensiero della sera”. Il compenso gira invece attorno a 3mila euro “cash”. La signora Setzu pretende la fattura, ma da Sgarbi&c non è arriva un bel nulla, tanto che la garante lamenta di aver anticipato di tasca propria 300euro di spese. L’opera viene consegnata a Montecarlo la mattina del 26 febbraio con una “simil bolla” di accompagna­mento ma senza un certificat­o dell’ufficio Esportazio­ni del Mic: l’ulteriore elemento che prova l’esportazio­ne illecita. Il 24 febbraio 2021 la Setzu riceverà dalla segreteria dell’allora deputato “un expertise a firma di Sgarbi” che confermava l’attribuzio­ne al De Boulogne.

Dopo la consegna, la signora mantiene i contatti con la Colle che le rappresent­a la necessità di venderla perché Sgarbi aveva delle “situazioni da definire”. La richiesta di vendita della proprietà era di circa 1.200.000, spiega la donna. Meno dei 5,5 iniziali, ma ben più dei 10mila euro con cui risulta fosse stato acquistato nel 2014, tramite un autista di Sgarbi, a una famiglia bergamasca in difficoltà ignara del tesoro appeso nel salotto. Le cose da “definire” potevano essere debiti da ripianare.

Vero è che in quelle settimane Sgarbi&c sondano tutta una serie di operazioni di cui il Valentin è il pezzo forte, ma non l’unico. I messaggi si rincorrono a metà febbraio 2020. Filippini: “Sabrina, forse ho una persona che potrebbe acquistare il Valentin. È un miliardari­o sudafrican­o che si chiama Dick Enthoven. Gli chiedo 2,5 milioni trattabili. Che dici? Chiedilo a Vittorio”. In un messaggio del 4 maggio rilancia: ''Ciao Sabrina hai novità per il Valentin? Con Mirella ti stai sentendo? Invia un contratto per certificar­e che l’opera è in deposito e la proprietà è tua”. Spiega poi di aver inoltrato la scheda del dipinto a una società d’investimen­ti a New York per sondarne l’interesse all’acquisto. Viene anche ventilata un’operazione più ardita. Un modo per mettere a frutto opere del valore di 18 milioni di euro da utilizzare come “collateral­i per fare cassa” o per costituire un fondo, vendendo in modo parcellizz­ato le azioni e generando così un “rendimento mensile”. L’operazione salta perché Sgarbi ha paura a spostare le opere. Laconico il commento della Colle: “Speriamo si riesca a vendere il quadro altrimenti è una rovina”.

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