Il convegno dei falchi dem: “Sì al deterrente nucleare”
A Milano i candidati Pd pro-kiev con Guerini e Gori
“Ciò che sta accadendo in Ucraina ci riguarda. Ma non è un passaggio facile”. Giorgio Gori, candidato al Nord Ovest per il Pd, parla esplicitamente della difficoltà di raccogliere il “consenso” intorno al sostegno a Kiev. Sabato mattina, Centro Brera a Milano, si discute di “Identità europea e Difesa comune”, in un convegno organizzato da Mondodem, l’associazione fondata – tra gli altri – da Lia Quartapelle, la deputata che fa parte dell’area ultra-atlantista e gentiloniana dei dem. A mettere in piedi l’iniziativa con lei sono stati Filippo Sensi e Marianna Madia. All’interno di un dibattito sulla necessità di una difesa europea, ma anche di un’industria europea di guerra, c’è un momento dedicato ai candidati. Quelli del tutto alternativi ad alcune scelte della segretaria Elly Schlein, come Cecilia Strada, capolista proprio al Nord Ovest e Marco Tarquinio, che corre al Centro, ma anche alla linea equilibrista del Nazareno. È un partito nel partito che si pesa. Gori è esplicito: “Alcune candidature rischiano di creare confusione. È fondamentale il mondo cattolico. I giovani, mossi dalle migliori intenzioni, rischiano di confondere il desiderio di pace con il pacifismo. Lo dico da cattolico”. Che la corsa di Tarquinio punti pure a rimescolare le carte nella parte cattolica dei dem non è un mistero. Intervengono anche Emanuele Fiano (la “difesa della Patria” è “un sacro dovere”, come dice la Costituzione, ricorda, estendendo il “sacro dovere” alla “difesa dell’europa”), Pierfrancesco Maran e Luca Jahier (che afferma senza mezzi termini: va bene l’idea del Commissario europeo alla Difesa, ma non può essere alla Michel e alla Breton motivato con “il grande business che fa la crescita economica: la gente ci spara se lo raccontiamo in giro”). La “narrazione” torna più volte come problematica. Lo sdoganamento dell’idea di un’europa in prima linea nei conflitti è tutt’altro che facile.
LA CORNICE la danno soprattutto il politologo Vittorio Emanuele Parsi e lo storico Andrea Graziosi. Il primo batte sulla necessità di una difesa europea. Ma è il secondo che mette sul tavolo anche la “deterrenza nucleare”, mentre ricorda che l’industria delle armi europea si deve fare: “Brutalmente non sono più i tempi della non proliferazione, l’europa ha bisogno di un deterrente nucleare proprio”, che non sia neanche gestito dalla Francia. C’è anche Francesco Maria Talò, a proposito di atlantismo trasversale, ex consigliere diplomatico di Giorgia Meloni (dimessosi per la telefonata fake dei comici russi) e prima Rappresentante permanente dell’italia presso la Nato. Da lui arriva la spinta sulla necessità di aumentare la spesa per la Difesa, perché “l’europa non può essere parte terza tra Cina e Usa” e poi “se vuoi un ocauto spedale lo devi difendere”.
Le conclusioni vanno a Lorenzo Guerini e Roberta Pinotti (moderati dalla senatrice Simona Malpezzi), entrambi ex ministri della Difesa Pd. Il presidente del Copasir affonda: “La discussione tra armi offensive e difensive è una sciocchezza. Stiamo aiutando un Paese che si sta difendendo”, dice, netto. E poi, a proposito dei sistemi missilistici previsti anche nel nono pacchetto di invii: “Il Samp/t è uno strumento che serve a difendere una città dalle bombe che le cadono addosso”, scandisce. La sala applaude. E va oltre: “Servono tutte le possibilità per difendersi”. Il messaggio è chiaro: per l’ucraina bisogna fare di più. sulla deterrenza nucleare europea, alla quale non crede, perché “la deterrenza nucleare è nella Nato”. Tocca alla Pinotti tirare fuori gli eurobond: “Non ha senso dividersi su per cosa debbano utilizzarsi e per cosa no. Di certo, servono per finanziare difesa e sicurezza”. Poi la critica al Pd: “È difficile costruire un consenso”, perché “una forza politica seria e consapevole di queste cose ne parla”.
“SERVONO A FINANZIARE SICUREZZA E DIFESA”
PER ANDARE al programma ufficiale del Pd, quello votata venerdì sera dalla direzione, sugli eurobond per la Difesa non c’è parola, proprio per evitare divisioni. E anche se si ribadisce il sostegno a Kiev e si parla della necessità di una difesa comune europea, si coglie il tentativo di non scontentare gli atlantisti, ma anche di non sconfessare il pacifismo. “La difesa comune europea avrà necessariamente bisogno di nuove capacità militari”, si legge, per esempio. Ma “non crediamo che l’europa debba costruire un’economia di guerra”. Proprio quello che al Centro Brera tornava nei discorsi dei più come necessità.