Il Fatto Quotidiano

Al Sud le indagini, al Nord l’ospedale delle Olimpiadi

- GIANNI BARBACETTO

C’è una piccola storia ignobile, a Milano, che non troverete sui giornali nazionali e faticheret­e a ricostruir­e anche leggendo le pagine locali. Riguarda la sanità, “eccellenza lombarda”, e lambisce le Olimpiadi invernali 2026. Incrocia Nord e Sud, Lombardia e Sicilia, e ci racconta come corre veloce la privatizza­zione delle cure, a scapito del sistema pubblico: una privatizza­zione fatta tutta con soldi pubblici, beninteso, concessi agli “amici”. Insomma, è una piccola storia che nel 2024 ci fa capire che il metodo Formigoni non è morto. Il protagonis­ta è Mario Melazzini, direttore sanitario dell’ospedale Niguarda di Milano. Ciellino, grande amico di Roberto Formigoni che ai bei tempi in cui era presidente della Regione lo aveva scelto come assessore alla sanità. Oggi è apprezzati­ssimo dall’ultimo dei suoi successori, l’attuale assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso, che si stava preparando a premiarlo: con una bella nomina a direttore generale del Niguarda, in vista del fatto che quell’ospedale diventerà la struttura sanitaria di riferiment­o per le Olimpiadi Milano-cortina del 2026.

Nei giorni scorsi, qualcosa si è inceppato. Melazzini si è autosospes­o dalla carica, mettendosi in congedo almeno fino al 20 maggio, poi si vedrà. In realtà, è stato raggiunto da un’ordinanza di misura cautelare interditti­va emessa dalla giudice di Messina Claudia Misale che gli impone il divieto temporaneo “di contrattar­e con la Pubblica amministra­zione” e “di esercitare impresa in ambito sanitario”. Perché? Melazzini è indagato, insieme ad altre otto persone, dalla Procura di Messina per il suo ruolo in Nemosud, centro clinico specializz­ato nel trattament­o delle patologie neuromusco­lari e neurodegen­erative, controllat­o dalla Fondazione

Aurora, di cui Melazzini è stato presidente.

MELAZZINI È ACCUSATO DI AVER “SEQUESTRAT­O” E UTILIZZATO STRUTTURE PUBBLICHE

I PM SICILIANI INDAGANO PER PECULATO E CORRUZIONE

perché, secondo le ipotesi d’accusa, sarebbero stati concessi vantaggi economici e gestionali a Nemosud, centro “privo dei requisiti fondamenta­li richiesti per la erogazione dell’attività sanitaria (autorizzaz­ione, accreditam­ento, accordi)”. Il Policlinic­o di Messina avrebbe realizzato “illegittim­amente una esternaliz­zazione delle prestazion­i sanitarie di riabilitaz­ione, attraverso la conclusion­e di convenzion­i in assenza dei presuppost­i previsti dalla legge regionale”. Insomma: i soldi della sanità pubblica arrivavano al centro privato di Melazzini senza alcuna ragione se non i rapporti politici. Nemosud funzionava come una specie di reparto del Policlinic­o senza che “potesse ritenersi integrato nell’azienda ospedalier­a pubblica e potesse perciò ammantarsi dell’accreditam­ento a quest’ultima riconosciu­to”. Eppure, quel centro privato “ha funzionato per anni all’interno di un’azienda pubblica, occupandon­e i locali, utilizzand­one il personale e avvalendos­i dei suoi beni strumental­i”.

Siamo ben oltre la privatizza­zione: siamo al sequestro e all’utilizzo di strutture pubbliche da parte di un centro privato che le fa sue e – secondo i pm e la gip – ne trae vantaggi economici senza alcuna autorizzaz­ione. “Che l’intento della dirigenza della Fondazione fosse quello di lucrare sull’attività erogata è dimostrato dalla periodica modifica delle convenzion­i, dal contenuto patrimonia­le sempre più vantaggios­o per la struttura privata”. La giudice delle indagini preliminar­i ha ordinato infatti il sequestro preventivo di beni per un valore di 11 milioni di euro. A Milano intanto fanno finta di niente. Il formigonis­mo è tornato e Bertolaso è il suo profeta. Vogliono Melazzini a capo dell’ospedale delle Olimpiadi. Saranno i giudici, al termine del processo, a stabilire se Melazzini è colpevole o innocente. Ma già da ora non risulta almeno “unfit”, inadatto a guidare una struttura pubblica al Nord, dopo averne guidata una privata che ha succhiato soldi e attività da un Policlinic­o al Sud?

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