Scudo del governo contro i magistrati Il generale a Chigi: “Da noi sconcerto”
Il governo di Giorgia Meloni sta dalla parte del generale Mario Mori. Dopo la nuova indagine della Procura di Firenze che accusa l’85 enne già assolto nel processo sulla trattativa Stato-mafia, di strage, l’esecutivo decide di mandare un segnale ai magistrati della procura toscana proprio alla vigilia del disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere. Martedì sera sarebbe stato proprio Mori ad annunciare l’avviso di garanzia, che risale al 16 maggio, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Quest’ultimo non è una figura casuale: già magistrato e responsabile dei Servizi segreti, è il braccio destro di Giorgia Meloni e viene spesso indicato come il vero ministro della Giustizia al posto di Carlo Nordio. Mori avrebbe informato
Mantovano dell’indagine (i due si conoscono da 30 anni) e poi l’ha resa pubblica ieri mattina con un comunicato. Subito dopo è arrivata la presa di posizione dello stesso Mantovano, che è sempre stato considerato una “colomba” nel governo nei confronti dei magistrati: “Ho ricevuto a Palazzo Chigi il generale Mori, che conosco da oltre 25 anni e del quale ho sempre apprezzato la lucidità di analisi e la capacità operativa, nei vari ruoli che ha ricoperto, in particolare alla guida dei Ros dei Carabinieri e del Sisde. Gli ho manifestato vicinanza di fronte alle contestazioni che gli vengono rivolte, delle quali mi ha messo a parte; per altro verso sconcerto, nonostante che decenni di giudizi abbiano già dimostrato l’assoluta infondatezza di certe accuse”.
AD ANDARCI
giù pesante è anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, secondo cui “non ci si poteva accontentare” di aver reso la vita di Mori “un calvario per decenni, non si poteva accettare il fatto che fosse stato assolto da ogni contestazione gli avessero mosso. No, occorreva dimostrare che chi sfida il potere di alcuni, chi non si inchina alle logiche della casta, deve essere distrutto”. Poi Crosetto ha azzardato parole al limite del complottismo anti-magistrati: “Perché tutti devono sapere quanto sia grande il potere di far male a chiunque, di cui dispongono alcuni. Ha sbagliato forse a raccontare in tv l’assurdità della sua vicenda giudiziaria? Queste cose non dovrebbero accadere, nelle democrazie. Queste cose non sono accettate in nessuna democrazia compiuta, sono atti che si vedono nelle autocrazie, sono la dimostrazione che la legge non è uguale per tutti e che le garanzie costituzionali non valgono per alcune persone”.
LA MAGGIORANZA
si stringe tutta intorno al generale. Forza Italia, col solito Maurizio Gasparri, chiede che il ministro Nordio mandi gli ispettori a Firenze (lo aveva già chiesto in estate dopo le perquisizioni a Marcello Dell’utri ma il ministero aveva negato) e Giorgio Mulè spiega che contro Mori c’è “un orribile necrologio a vita”. Anche la Lega, con il senatore Gianluca Cantalamessa, si definisce basita per le indagini dei pm toscano. Gli azzurri presenteranno un’interrogazione per chiedere nuovamente al Guardasigilli di mandare gli ispettori a Firenze.
Tutti segnali di una certa volontà del governo di rispondere alle inchieste della magistratura: il 3 giugno – non più il 29 maggio come inizialmente previsto – il governo dovrebbe approvare in Consiglio dei ministri il disegno di legge costituzionale per separare le carriere tra giudici e pubblici ministeri. Inoltre, in queste settimane gli esponenti più rappresentativi del governo – da Matteo Salvini allo stesso Antonio Tajani passando per lo stesso Crosetto – hanno attaccato i magistrati per l’inchiesta della procura di Genova sul presidente della Regione Giovanni Toti. “Giustizia a orologeria”, è la tesi della destra. La riforma però sta creando qualche spaccatura all’interno della destra: Forza Italia vorrebbe più coraggio da parte del governo e dei meloniani sia sulla separazione delle carriere che sul disegno di legge Nordio che contiene anche una battaglia storica berlusconiana come l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione, oltre all’abolizione dell’abuso d’ufficio. Il testo, dopo un anno, è in discussione alla Camera e sarà approvato dopo le Europee.
Decenni di giudizi hanno già dimostrato l’infondatezza di certe accuse