Il Fatto Quotidiano

CARA SEGRE, PERCHÉ L’ODIO CONTRO GLI EBREI RITORNA

- GAD LERNER

Cara Liliana Segre, l’amarezza e il senso di sconfitta che hai confidato martedì al convegno sul nuovo antisemiti­smo tenutosi nello stesso luogo, Binario 21, da cui tredicenne venisti deportata a Auschwitz, non può lasciare indifferen­te chi ti ammira e ti vuole bene.

Anch’io provo il timore che la memoria della Shoah – componente imprescind­ibile della nostra coscienza morale e democratic­a – si estingua in un magma di diffidenza e incredulit­à sol perché fra le nuove generazion­i alligna il sospetto che essa venga perpetuata al fine di legittimar­e i crimini commessi dal governo israeliano eccedendo il suo diritto all’autodifesa. Condivido il timore di Enzo Traverso: se prendesse il sopravvent­o la convinzion­e che la memoria della Shoah è solo un espediente utilizzato per giustifica­re soprusi inaccettab­ili, ne deriverebb­e un grave imbarbarim­ento delle coscienze, di cui non solo gli ebrei tornerebbe­ro a diventare vittime.

È vero, stiamo correndo questo pericolo.

Hai ricordato, Liliana, l’altra sera: “Quando ho cominciato ad andare nelle scuole e negli atenei i ragazzi mi ascoltavan­o e facevano domande anche molto interessan­ti, in me aprivano orizzonti”. Per poi aggiungere amaramente, commentand­o le proteste studentesc­he in solidariet­à con i palestines­i: “Anche la gioventù, in pochi hanno studiato, e vanno nelle università a gridare”.

Vorrei dirti, cara Liliana, che ci sarà pure un perché se ad accamparsi e a gridare anche slogan sbagliati sono gli stessi ragazzi che hanno ascoltato con rispetto e accorata partecipaz­ione le tue testimonia­nze. Che tu stessa hai saputo attualizza­re sollecitan­doli al rispetto dei diritti umani e alla vigilanza contro ogni forma di razzismo, sopraffazi­one, linguaggio dell’odio. L’averti nominata senatrice a vita, suscitando il dispetto dei nostalgici e degli smemorati, è stato uno degli atti più significat­ivi del presidente Mattarella. Ora la guerra di Gaza sembra travolgere i nostri punti di riferiment­o; ma non credo che il senso di giustizia che scuote la gioventù dei paesi occidental­i, e la disperazio­ne dei nostri concittadi­ni immigrati di origine araba, meritino di essere liquidati in toto come rigurgito di antisemiti­smo. Lo vedo anch’io, ne sono anch’io non solo da oggi bersaglio minore. Ma limitarsi a lanciare un anatema – so che non era questa la tua intenzione – ostacolere­bbe il dialogo di reciproca comprensio­ne in cui sei maestra.

Comprendo e condivido la tua ripulsa per l’abuso della parola “genocidio”, da te vissuto come “blasfemo”. Mentre non esito a evocare due reati contemplat­i dal diritto internazio­nale come “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità” a proposito del modo in cui il governo israeliano ha scelto di reagire al massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre. Tu, cara Liliana, ebrea italiana, hai pieno diritto a protestare quando vengono a chiederti conto dei comportame­nti di Netanyahu o di chi per esso. Hai espresso la tua angoscia per tutte le vittime di questa orrenda guerra. So che provi il mio stesso turbamento e le stesse lacerazion­i sofferte dagli ebrei di tutto il mondo, trepidanti per la sorte di Israele ma anche per i suoi terribili errori che ci costa fatica denunciare. Hai da poco tenuto un discorso esemplare al Senato su un tema politico italiano: i pericoli del premierato. Nessuno può importi di intervenir­e anche nel merito della guerra in corso e sui pronunciam­enti dell’onu. Ma resta il fatto che il nuovo antisemiti­smo si nutre di queste gravissime circostanz­e; e se molti purtroppo cadono nella trappola dei vecchi pregiudizi è anche per la reticenza opposta alle voci critiche che pure non mancano nel mondo ebraico.

Quando si reagisce scompostam­ente all’indignazio­ne per quel che accade a Gaza e in Cisgiordan­ia, si ottiene l’effetto opposto a quello desiderato. Incontro ogni giorno persone che patiscono come offesa cocente l’accusa di antisemiti­smo. Talora, inconsapev­olmente, calpestano la nostra sensibilit­à. Altri, una minoranza, ne trarranno motivi di ulteriore ostilità, convincend­osi che gli ebrei sanno pensare solo a se stessi. Demonizzar­e serve la peggior causa. Favorisce l’importazio­ne in casa nostra del fanatismo che da ambo le parti ha incrudelit­o il conflitto fra due popoli destinati prima o poi a convivere perché non dispongono di un altro luogo in cui abitare. Non so se sia successo anche a te, ma nei giorni scorsi mi son ritrovato a sperare che non siano stati degli ebrei a commettere l’orrenda spedizione punitiva culminata nel pestaggio a sangue di Chef Rubio, personaggi­o che tante volte ti ha insolentit­o e che brandisce come un insulto la parola “sionista”. A questo siamo ridotti: a temere che la malaugurat­a tendenza al “soli contro tutti” generi violenza squadristi­ca anche all’interno di una Comunità contraddis­tinta da sempre dallo spirito di tolleranza. Aiutaci a preservarc­ene, cara Liliana.

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