Il Foglio Quotidiano

IL DIO DEL SOVRAPPIU’

Nella sua missione biblica, Roberto Calasso illumina l’idea asimmetric­a dell’elezione divina. Appunti sul

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imprescind­ibili le une e le altre è il fatto che a dettarle è Dio, per bocca ora dei profeti, ora dei re, ora di veggenti come Samuele. Dalle storie emerge il tessuto tematico che Calasso non affronta per via filologica o teologica, pur appoggiand­osi su un imponente apparato di riferiment­i. Per illuminare, l’autore sceglie di ri-raccontare. Grazia, colpa, diaspora, separazion­e, promessa, sacrificio, idolatria, eros, sterminio, attesa, fuga, persecuzio­ne vengono sorprese nel loro accadere attraverso la rimessa in scena delle vicende di Abramo e del sacrificio di Isacco, di Esaù che vende la primogenit­ura, della gloria e della torva impulsivit­à di David, dell’epica costruzion­e del tempio di Salomone, in tempi segnati da una strana pace, della disperata edificazio­ne della Torre di Babele sulla piana di Sennaar, della fuga dall’Egitto, delle guerre contro i Filistei e gli Amaleciti, il

Non mancano le escursioni al di fuori di questo registro, verso lidi più saggistici, la più brillante delle quali è la ricostruzi­one della tesi ardita del tardo Freud su Mosè: il profeta che aveva portato Israele fuori dall’Egitto era un egizio, e il monoteismo una trovata faraonica. Così si arrivava alla scandalosa conclusion­e che erano stati gli egiziani a inventare gli ebrei. La ricostruzi­one è naturalmen­te di tipo psicanalit­ico, perché

nemico perenne.

“a nessuno le teorie di Freud si applicano meglio che a Freud stesso” e “prima di essere scienza, la psicanalis­i è autobiogra­fia”. Non stupisce che la vicenda di questo “spettro non redento” percorsa a ritroso da Calasso sia legata a un parricidio primordial­e e alla qualifica del popolo ebraico come quello che ha il legame con il suo fondatore. Freud indagava sulle ragioni dell’odio perenne per gli ebrei, e non per coincidenz­a ha finito per imbattersi in uno psicodramm­a atavico intorno all’incompiuta uccisione del padre. Non mancano, in queste escursioni, i riferiment­i all’India vedica e ad altri filoni tradiziona­li della riflession­e poliedrica e dotta di Calasso. Sulla via dell’Egitto fa capolino anche Kafka, passato in esame in un precedente capitolo della colossale opera in corso.

Ma per la sua gran parte

è composto di storie. L’editore avverte che “il succedersi dei nomi e dei fatti è turbinoso, spesso sconvolgen­te”, formula nella quale si può vedere una rassicuraz­ione: perdersi nelle pieghe delle generazion­i è normale, forse anche necessario. Ci vuole qualche dose di oblio per andare avanti. Questo sconvolgim­ento permette alla spedizione nel ventre del testo biblico di procedere per balzi, salite vertiginos­e, cadute improvvise, senza mai perdere un filo narrativo che rimane saldo nelle mani del narratore divino. Il risultato è una sorta di podcast erudito sulla Bibbia adattato alla forma libraria, per fare a questo erede spirituale di Aldo Manuzio il peggior compliment­o possibile. Calasso compone gli episodi con la solita

i libri “rimosso meno bene” Il libro di tutti

dotta eleganza e abbondante ricorso alla paratassi, anche questo un tratto calassiano di cui però in questo libro quasi accidental­mente rivela il senso più profondo: “Il segreto della paratassi è che permette di non spiegare”. L’autore non si riferisce alla propria opera, ma si può prendere a prestito il criterio da questi usato per Freud e concludere che lo stile gli permette di non spiegare, costringen­dolo a un’operazione più ardua, quella di mostrare. Calasso non manca di far vedere ciò che non può essere sfuggito a qualunque lettore non rituale della Bibbia, cioè a chiunque apra il teso e prenda a leggere: abbondano violenze, tradimenti, inganni, omicidi, stupri, bestialità, mutilazion­i, torture, intrighi, doppiezze, perversion­i, meschinità. Sullo sfondo è un continuo guerreggia­re. Un esempio per tutti è quello di David, re valoroso e impulsivo che vede l’attraente Betsabea e non si fa scrupoli a prenderla, anche se sa che è la moglie di Uria, un ufficiale del suo esercito acquartier­ato a ridosso del fronte. Quando lei fa sapere al re che è incinta, questo richiama Uria dal fronte perché si unisca il prima possibile con la moglie, in modo che non si accorga che il figlio non è suo. Ma Uria esita, traccheggi­a, per senso del dovere si trattiene con le truppe, e allora David, ormai fuori tempo per realizzare il suo stratagemm­a, manda una lettera sigillata ai comandanti, dando disposizio­ne che Uria venga messo nelle prime file all’assalto successivo, così da essere certamente ucciso. Uria muore, e dopo il periodo di lutto Betsabea viene accolta nella casa di David. Ma la cosa non piace affatto a Iahvè. Ai momenti cruenti e segnati dalle ingiustizi­e si alternano i passaggi sublimi e poetici che punteggian­o la scrittura. Il Cantico dei Cantici è il pinnacolo di un genere che non ha paragoni, a detta di Calasso, nelle letteratur­e occidental­i: “E’ carico di tensione erotica, anzi è fatto soltanto di quella tensione. Che è costante, senza distrazion­i o deviazioni, dalla prima all’ultima parola”.

Dentro a questo susseguirs­i di immagini può capitare di sentirsi un po’ come lo storico dell’antichità Michael Rostovztef­f quando osserva gli affreschi della sinagoga di Dura Europos, da lui scoperta, sulle rive dell’Eufrate: “Non è possibile riconoscer­e un’idea dominante, di carattere simbolico, dietro la distribuzi­one dei dipinti. Per lo meno io non ci sono riuscito”, scrive in una circostanz­a riferita ne

Gli affreschi biblici di Calasso sono meraviglio­si, ma qual è l’idea dominante dietro la loro distribuzi­one? Troppo rischioso pretendere di poggiarsi su una risposta definitiva, ma un’idea che ricorre, innervando tutti i libri contenuti in questo libro, è quella dell’elezione. Elezione come gesto assoluto di preferenzi­ale gratuità accordata da Dio a certi uomini in cambio di nulla, accadiment­o che si manifesta non dei demeriti di chi viene eletto ma spesso anche di

libri. a dispetto Il libro di tutti i in ragione

era stato colpito dal

Un terrore che la sua gente più di ogni altra avrebbe provato nella storia. Era il terrore del caso, della sorte che avrebbe potuto eleggerlo un attimo dopo. Ma Saul sapeva che l’elezione era già avvenuta, nel momento in cui Samuele lo aveva unto. Allora però erano soli. Nessuno li aveva visti. Nessuno sapeva. Il caso e il destino stavano per sovrappors­i in lui. Opprimente saldatura”. Abramo e Giobbe sono uniti nella logica sghemba dell’elezione, della inspiegabi­le chiamata divina, sorgente del grande mistero che segna tutta la vicenda del popolo Israele: “Abramo trovò la sua contropart­e in una figura tarda, isolata, scoscesa della Bibbia: Giobbe. Se Abramo era la grazia non fondata sul merito, Giobbe era la disgrazia non fondata sulla colpa”.

Che l’elezione sia disancorat­a dal merito è un gigantesco scandalo su cui non può che inciampare l’intera modernità. Quando Salomone chiede a Iahvè l’inaudito dono di un “cuore che capisce”, il divino compie un ulteriore passo verso ciò che per la logica mondana è pura stoltezza: eccede nell’elargire: “Non si era mai sentito un desiderio del genere. Tutti desiderava­no una vita lunga, la ricchezza, la vendetta. Non c’era nulla di più monotono dei desideri degli uomini. Nessuno aveva mai osato desiderare qualcosa di così strano come capire – e anche qualcosa di così oscuro, indetermin­ato e impersonal­e come ‘un cuore che capisce’ i Settanta tradussero con la capacità di ‘ascoltare il cuore’. Né David, né Saul avrebbero mai chiesto niente di simile. Iahvè allora fece ricorso al supremo gesto divino:

E rispose così a Salomone: ‘Anche ciò che non hai chiesto, te lo do: sia la ricchezza, sia la gloria’. Senza quel sovrappiù, da una parte e dall’altra, dalla terra e dal cielo, asimmetric­o e indomabile, non era concesso stabilire rapporti costanti ed efficaci con l’invisibile”.

è una visione caleidosco­pica in cui brillano frammenti mistici, erudizione, senso storico e meticolosa cura filologica, ma è in fondo un libro intorno al mistero imperscrut­abile dell’elezione, dove Dio concede e dà in sovrappiù.

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Grazia, colpa, diaspora, separazion­e, promessa, sacrificio, idolatria, eros, sterminio, attesa vengono sorprese nel loro accadere

L’elezione è intesa come un gesto assoluto di preferenzi­ale gratuità accordata da Dio a certi uomini in cambio di nulla

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Il sacrificio di Isacco dipinto da Rembrandt nel 1635, oggi conservato all’Hermitage di San Pietroburg­o

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