GRANDE KARMA. VITE DI CARLO COCCIOLI
Carlo Coccioli, brillante scrittore oggi ingiustamente dimenticato, nacque a Livorno nel 1920 e crebbe in Libia al seguito del padre militare negli anni dell’occupazione coloniale. Fu partigiano badogliano (per amore) e nel Dopoguerra fuggì dall’asfittico mondo della letteratura italiana rifugiandosi – con la benedizione di Malaparte – a Parigi. Ma fu anche un uomo eternamente insoddisfatto: lasciò Parigi inseguendo un amore che chiamò “l’Immagine”, a Montreal e poi a Città del Messico, dove morirà nel 2003. Un giramondo dominato da intime contraddizioni: omosessuale ma cattolico per cultura ed ebreo per nascita, si convertì infine al buddhismo. Ebbene, come raccontare questa vita che ne racchiude moltissime, questa biografia che sembra un’avventura? Alessandro Raveggi ha scelto saggiamente di farne un romanzo: coinvolgendo da subito i lettori nella ricerca del protagonista, Enrico Capponi. Enrico è un giovane ricercatore frustrato: la famiglia ha assecondato la sua smania per la filologia sperando che prima o poi sarebbe tornato all’ovile e alla fidanzata Dina. Per questo coglie l’occasione che il suo mentore, il prof. Merendoni, gli offre: partire per il Messico alla ricerca di Coccioli, un autore a lui sconosciuto, con la promessa di un futuro ingresso nell’ambita accademia. In Messico, Enrico scopre che il bersaglio da raggiungere è il Grande Karma, l’ultimo progetto coccioliano tuttora inedito, da cui però sprigiona il fascino pericoloso dell’autore: la sua irrequietezza costante sembra trasferirsi ai suoi libri, come era accaduto quando alcuni lettori del romanzo “Fabrizio Lupo” si erano suicidati. Anche Enrico provoca il suicidio di una ragazza, invaghitasi di lui, e deve perciò scappare per paura della vendetta dei suoi fratelli: atterra così a Parigi, che era stata la prima tappa delle peregrinazioni estere di Coccioli. La passione per lo scrittore, ormai più di una ricerca, espone Enrico a un misterioso inseguitore, che si rivela essere Dina: lasciando il Messico, Enrico aveva cercato di seminare anche lei, che però riesce a riacciuffarlo. Il figliol prodigo sembra così accettare il destino che gli altri hanno scritto per lui: torna in Italia, accetta il lavoro offertogli dal padre e il matrimonio con Dina, governato dall’interesse delle due famiglie. Merendoni, deluso, lo scarica. Tuttavia, il Grande Karma esercita su Enrico un’attrazione magnetica e quando tutto sembra concluso ecco l’ennesimo colpo di scena, che non riveleremo per evitare spoiler. Chiunque leggerà questo romanzo si renderà conto che il modo migliore per raccontare le straordinarie vite di Carlo Coccioli è proprio quello di farne letteratura. Pur non essendo paragonabile a Wilde o D’Annunzio, che trasformarono la loro vita in un’opera d’arte, Coccioli seppe trasformare le vicende della sua vita in materiale per le pagine dei suoi stessi romanzi: in “Fabrizio Lupo” (1952) raccontò la sua omosessualità, in “Documento 127” (1970) la sua conversione all’ebraismo, mentre l’esordio alla letteratura di Coccioli con “Il migliore e l’ultimo” (1946) narra della sua esperienza di partigiano durante la Seconda Guerra mondiale e “Omeyotl” (1962) rielabora gli anni messicani. E’ quindi logico che la sua vita diventi materia di narrazione. Da uomo, lo scrittore diventa personaggio: un modo per raggiungere in maniera ancora più diretta e immediata, ogni lettore. Carlo Coccioli è una figura troppo rilevante per rimanere relegata in un angolo: grazie al romanzo di Raveggi, ognuno potrà finalmente scoprirla.