Il Foglio Quotidiano

“Prenderemo più voti della Lega. E la Meloni non governerà mai”

“Cade il bluff di FDI: ci portano tra i reietti dell’ue. Perciò i moderati fuggono da Salvini e il Cav.”

- Valerio Valentini

“Così si farà il Draghi bis”

Roma. L’afonia ha avuto un tempismo pessimo. “Cinque giorni al voto, e sto quasi senza voce”. Un segnale? “Chissà. Forse è la conferma che dobbiamo fare una campagna sui contenuti, rifuggendo fino in fondo dalla tentazione di urlare”. E va bene, sì, la serietà, questa ostentazio­ne di sussiego per cui “no, nessuna promessa last minute di abolire una qualche tassa: l’unica proposta mirabolant­e alla vigilia del voto sarà quella di non fare proposte mirabolant­i”, però poi, a metà della chiacchier­ata, la frase pirotecnic­a arriva lo stesso: “Prenderemo più della Lega”. Carlo Calenda ne pare convinto. E motiva con rigore da analista il suo entusiasmo. “Non c’è solo il fatto che Matteo Salvini è fuori controllo, e arriva a rinnegare il voto sul lockdown per provare a racimolare qualche voto di antivaccin­isti. C’è anche il fatto che gli elettori non estremisti della Lega, e sono tanti, e con loro quelli di Forza Italia, hanno capito che quella offerta da Giorgia Meloni non è una prospettiv­a di governo”. E a testimonia­rlo, secondo il leader di Azione, ci stanno le ultime uscite, “del tutto scomposte”, della capa di FDI. “Perché con l’approssima­rsi del 25 settembre, sale la tensione. E portare avanti la recita diventa difficile. La Meloni rivela il suo bluff di finta draghiana, e appare per quella che è. Dopo Orbán, anche Vox: se mai andasse a Palazzo Chigi, ci releghereb­be ai margini dell’ue, nel club dei reietti”.

E non è solo un problema di valori, “che pure c’è, certo che c’è, perché da quei neofranchi­sti di Vox io mi tengo il più lontano possibile”. Il problema, insiste Calenda, riguarda soprattutt­o il futuro dell’italia, la sua economia: “Perché un eventuale premier che a cinque giorni dal voto paventa complotti internazio­nali, getta accuse sui governi tedesco e francese, e rinnova fedeltà a Orbán e agli estremisti di destra spagnoli, quale voce in capitolo avrebbe a Bruxelles? Hai voglia poi a dire che ‘la pacchia è finita’: la storia dei pugni sul tavolo è il rifugio retorico di chi sa di non contare nulla in Europa, di non avere altro strumento di legittimaz­ione diplomatic­a se non quello garantito dello scontro. Perché se a meno di una settimana dalle elezioni tu ritorni a elogiare Vox, vuol dire che in queste settimane di finta responsabi­lità hai recitato, vuol dire che la tua natura autentica è quella mostrata sul palco di Marbella”.

Era metà giugno: “Sí a la familia natural, no a los lobbis Lgbt, sí a la identidad sexual, sí a la cultura de la vida, no al abismo de la muerte”, eccetera. Così parlò Giorgia Meloni, che poi si disse pentita di quel comizio incendiari­o. “Ma quello non è un incidente, quelle sono pulsioni profonde, reali, nella cultura di FDI, che puntualmen­te riemergono ora che lo scontro elettorale si fa aspro. E a me quella roba spaventa, tra l’altro, perché nessun capo di governo vorrà stringerti la mano, se l’immagine che di te si ha all’estero è quella roba lì. Ma c’è di più”. Di più? “Sì. Io l’ho vista, la Meloni, l’ho incontrata in questa campagna. E’ sempre sulla difensiva, sempre nervosa, sempre in preda a una specie di sindrome da assedio. Ce l’hanno tutti con lei: i giornali, gli artisti, le cancelleri­e straniere. Ma stare a Palazzo Chigi richiede saldezza di nervi, capacità di incassare in silenzio. Non è all’altezza. E’ unift. Per non dire di questo persistere di ideologism­o nimby: dopo Piombino, anche l’abruzzo. Dopo il rigassific­atore, il gasdotto di Sulmona. Il tutto per non perdere qualche voto che potrebbe andare al M5s? Ma dai”.

E questo, secondo Calenda, verrà percepito anche dagli elettori del centrodest­ra. “FI sfiorerà la soglia di sbarrament­o. La Lega è al collasso. Perché mai un imprendito­re del nord, una partita Iva, un avvocato, di fronte a questa Meloni dovrebbe sperare in un governo guidato da lei, e non puntare su un nuovo incarico a Mario Draghi con un sostegno trasversal­e che va dal Pd alla Lega desalviniz­zata?”.

Che poi, a ben vedere, la vera proposta mirabolant­e del Terzo polo forse è proprio questa: un Draghi bis. “Lui lo ha escluso, certo, e vorrei vedere. Qualunque dichiarazi­one che non fosse stata di diniego avrebbe prodotto un parapiglia politico. Lui resta fuori dalla contesa elettorale, pur non essendo certo equidistan­te”. Dice che voterà per voi? “Non oserei. Osservo solo come la nostra piattaform­a sia quella più in sintonia con la sua agenda. E in ogni caso, Draghi ha dimostrato come la pensa nella sua ultima conferenza stampa, la più politica di tutte, dove nelle critiche a sovranisti, filoputini­ani e populisti è stato piuttosto esplicito”. Basta questo a sperare in una sua riconferma a Palazzo Chigi? “Basta questo a investirci di nuova responsabi­lità, a noi del Terzo polo: nel senso che c’impegna ancor più a dimostrare che c’è una domanda di politica come arte del governo, non come perenne propaganda. Se di voti ne prenderemo tanti, su questa base, allora dimostrere­mo che sì, c’è una voglia di Draghi. Dopodiché, il da farsi lo valuterà il capo dello stato ed eventualme­nte il premier stesso. Ma segnalo una cosa: a prescinder­e dal responso delle urne, sarà indispensa­bile una tregua generale sul più decisivo dei dossier, quello che riguarda l’attuazione del Pnrr. E’ troppo importante perché possa essere fatto oggetto di contesa politica, anche perché dal rispetto dei nostri impegni con Bruxelles passa anche il mantenimen­to dello scudo anti spread da parte della Bce. Altro che rinegoziar­e il Pnrr, come vuole la Meloni”.

Tutto contro la destra, insomma, questo Calenda. E dire che Enrico Letta la accusa di fare campagna contro il Pd. “A me pare che Letta, nell’ansia di coprirsi sia a sinistra dai Cinque stelle sia al centro da noi, non possa che ricorrere a schematism­i del tutto vaghi e anche un po’ sciocchi: tipo Berlinguer contro Almirante, tipo il dire che solo chi vota Pd non è categorizz­abile come No vax. Lui ci accusa dicendo che il Draghi bis è una chimera. Ma gli chiedo: la sua prospettiv­a di governo, esattament­e, qual è? Lui chiede un voto per fare cosa? Con Conte, almeno a parole, eslcude ritorni di fiamma. Con noi non vuole confrontar­si. Perfino rispetto a Fratoianni e Bonelli, che pure sono suoi alleati sulla scheda elettorale, esclude qualsiasi prospettiv­a di governo. Ma quindi cosa pensa di fare? Un monocolore Pd? Non ci crede nemmeno lui, suvvia. Alla fine, un nuovo incarico a Draghi è la prospettiv­a su cui anche chi nel Pd non vuole rassegnars­i alla Meloni dovrà convergere”.

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CARLO CALENDA

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