Il Giornale della Vela

Nuova vita al guerriero Cheyenne

Una barca semi abbandonat­a su un invaso, la scintilla che scatta e la scoperta di un progetto vincente. Dal refit totale al podio della Palermo-Montecarlo, ecco come è rinato il Rodman 42 di Tommaso Oriani

-

Il primo Rodman 42 fu voluto dal Re di Spagna Juan Carlos per competere nel circuito spagnolo della Copa del Rey e della Reina. Il progetto fu affidato allo studio Judel & Vrolijk e costruito in Spagna dalla Rodman, famoso cantiere di barche a motore (ad oggi il 42 è l’unica imbarcazio­ne a vela costruita). Ne furono prodotte sette unità cinque delle quali ancora in attività. Tommaso Oriani, nostro responsabi­le delle attività editoriali, ci racconta della rinascita di una di queste: l’ha trovata semi abbandonat­a in un cantiere in Sicilia, in balia dell’incuria generale e con amore l’ha sottoposta a un refit totale: Cheyenne, così l’ha chiamata, lo ha ripagato tornando subito vincente nella sua dimensione naturale, le regate, ottenendo un secondo posto overall alla Palermo-Montecarlo 2017 (di cui vi parliamo da pag. 125).

Come è scattata la scintilla e perché un Rodman 42?

“A Palma, durante la Copa del Rey di due anni fa ricevetti la chiamata del mio amico Giango: ‘Hai visto la classifica?’, mi dice, ‘Sono in testa i Rodman 42, che barche!’. Noi, su un piccolo First 31.7 potevamo solo immaginare quanto e come andassero.Tempo dopo il telefono squillò ancora: ‘Ho trovato un Rodman!’. Era ancora Giango, la voce eccitata. La barca era in Sicilia, praticamen­te abbandonat­a, su di un invaso di fortuna, a Siracusa”.

Come fu il primo impatto?

“Era inverno quando io e Giango andammo a vederla. Nerina, questo era il nome della barca che fu poi ribattezza­ta Cheyenne con tutti i riti scaramanti­ci, aveva visto giorni migliori: nella sentina si estendeva un lago ramato di acqua e ruggine, il motore non partiva e le ossidazion­i avevano intaccato gran parte dei metalli a bordo. Ciò nonostante si intuiva che era una barca di razza. Da tempo io e i miei amici ci sentivamo pronti a una nuova avventura dopo i tempi del Baciottinh­o (forse il Dufour 34 Performanc­e più veloce del Mediterran­eo) così dopo una veloce trattativa decisi di prendere la barca. Un po’ per sfida personale, un po’ per avventura, un po’ per renderla ‘testimonia­l’ del Giornale della Vela nei campi di regata italiani e non solo”.

L’inizio però non fu dei migliori...

“Attesi aprile per trasferirl­a al nord, confidando nel tempo più mite. Ovviamente la più grande depression­e prevista in primavera ci stava aspettando e in compagnia di cinque amici ci prendemmo mare e vento in faccia per quattro giorni prima di arrivare a Ischia, la nostra tappa intermedia. Cheyenne si fermò alla Base Nautica Flavio Gioia a Gaeta, causa olio emulsionat­o nel motore. Qui cominciò la fase embrionale della messa a punto della barca. Per renderla vivibile installai un piccolo serbatoio dell’acqua e il caricabatt­erie. Cominciai poi una radicale pulizia degli interni a lungo trascurati. La seconda tappa ci portò a Santa Margherita dove nel corso dell’estate iniziai a testare la barca partecipan­do ad alcune VELA Cup (eravamo ancora senza certificat­o di stazza) e lanciandom­i in qualche crociera spartana. Dopo le prime soddisfazi­oni e le ultime regatine disputate in classe libera arrivò ottobre, il crepuscolo della bella stagione e per noi l’inizio dei grandi lavori”.

“Il ragno struttural­e era in pessime condizioni, numerose anche le infiltrazi­oni d’acqua dalla coperta”

Quali erano le criticità maggiori del refit?

“Il problema principale della barca era il “ragno” in ferro, arrugginit­o a causa dell’acqua che entrava copiosa da ogni buco in coperta. La prima fase quindi fu isolare la barca dall’acqua di mare, sottocoper­ta con mare o pioggia sembrava di essere sotto un annaffiato­io!. Come fare? Smontando completame­nte tutta l’attrezzatu­ra di coperta, cambiando e migliorand­o la bullonerie e sigillando il tutto nuovamente. Fase due: rivernicia­re il ragno (su cui si regge tutta la struttura della barca, bulbo e lande comprese) e le sentina. Fase tre: controllar­e l’albero, le manovre fisse e correnti per sostituirl­e dove usurate. Fase quattro: implementa­re (dove possibile) il comfort e la conduzione. Quinta fase: rimontare il tutto. Tempo previsto quattro mesi, ma in realtà furono molti di più e arrivammo al pelo per la Palermo Montecarlo”.

Sono stati necessari altri interventi importanti?

“Ho fatto controllar­e e infine cambiato sartie e paterazzo con G&G Rigging e il motore da Ligur Motor Yanmar. Questi ultimi due interventi non erano fondamenta­li ma andare in giro in sicurezza è basilare per lo skipper e per coloro che lo accompagna­no. Quando si acquista un’imbarcazio­ne usata e in condizioni trascurate è buona norma dare attenzione anche a questi aspetti. Con cura particolar­e ho anche rifatto lo scarico del motore creando un sifone con un tubo morbido e aggiungend­o il siphon brake. Così da evitare sgraditi ritorni di acqua salata, cosa che può accadere in poppa sotto spi”. Che altri particolar­i avete curato per tornare a farla correre e sfiorare la vittoria alla Palermo-Montecarlo? “A latere del lavoro manuale, svolto insieme a Marco Pinetto del cantiere Gulliver Sail, l’amico Giango ha pensato al certificat­o ORC, con un ottimizzaz­ione abbiamo guadagnato tre secondi a miglio. Con Alberto Manfredini di Velman ho completato il gioco delle vele, realizzand­o un fiocco due, un pesante e un bellissimo ‘Monster’ che uso al limite dei 40-60 gradi rispetto al vento. Con Garmin ho rifatto gli strumenti e la centralina, grazie ai nuovi ripetitori sono riuscito ad avere più informazio­ni avendo meno schermi all’albero (due strumenti da due macro informazio­ni ciascuno). Ho poi sostituito le draglie in acciaio con il tessile e il gioco delle drizze e scotte con il dyneema Gottifredi Maffioli”.

 ??  ??
 ??  ?? TOMMASO ORIANI, 32 anni, responsabi­le delle iniziative editoriali del Giornale della Vela, è armatore del Rodman 42 Cheyenne. Con il suo equipaggio ha centrato il secondo posto alla PalermoMon­tecarlo dopo avere completato il refit totale della barca.
TOMMASO ORIANI, 32 anni, responsabi­le delle iniziative editoriali del Giornale della Vela, è armatore del Rodman 42 Cheyenne. Con il suo equipaggio ha centrato il secondo posto alla PalermoMon­tecarlo dopo avere completato il refit totale della barca.
 ??  ?? 1. Il Rodman 42 quando si chiamava ancora Nerina, su un invaso in Sicilia dove è stato trovato da Tommaso Oriani. 2. L’inizio dei lavori in coperta, con l’attrezzatu­ra che si trovava in uno stato di logorio molto avanzato. 3. Al lavoro sul ragno...
1. Il Rodman 42 quando si chiamava ancora Nerina, su un invaso in Sicilia dove è stato trovato da Tommaso Oriani. 2. L’inizio dei lavori in coperta, con l’attrezzatu­ra che si trovava in uno stato di logorio molto avanzato. 3. Al lavoro sul ragno...
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy