Il Giornale della Vela

CARTOLINE DALLA SARDEGNA

- Testo e foto di Adriano Gatta

Da Carloforte ad Alghero, il meglio (e il peggio) della Costa Ovest

La seconda parte del viaggio lungo le coste della della Sardegna ovest, raccontato da un marinaio senza peli sulla lingua. Il bello e il brutto, cosa vedere e cosa evitare in un’Italia che riserva meraviglio­se sorprese. Lontani dalla folla anche in estate

Avevamo lasciato Adriano Gatta e il suo Sun Odyssey 40 Bravo papà 3 nel numero scorso a Carloforte. Adesso lo ritroviamo in partenza rotta nord della Sardegna occidental­e con destinazio­ne finale Alghero. La parte velisticam­ente più impegnativ­a, spesso battuta da un maestrale che obbliga a soste forzate in porto ma che offre una costa più varia di quella orientale. Con piccole e graziose rade, alternate a tratti di costa alta e rocciosa, lunghissim­e spiagge, bellissime località come Bosa o Alghero e Carloforte, tramonti struggenti ed isole, come San Pietro e Sant’Antioco o il Mal di Ventre, tra le quali, navigando, è possibile perdersi. Sono flash, cartoline ricordo sulle quali appuntare, oltre ai classici “saluti e baci”, notizie utili, luoghi da non perdere, rade o Marina più o “meno” validi, periodi nei quali è meglio andare o “non” andare, insomma il bello ed il “brutto” di questo tratto di costa.

Oristano e la costa sud-ovest. Partiamo da Carloforte con la stessa piatta del giorno prima e puntiamo direttamen­te sul Pan di Zucchero (non quello di Rio) per poterci fermare tranquilli per un bagno sotto le sue pareti. Diamo fondo in 8 mt. d’acqua e ci buttiamo a mare; fa un caldo pazzesco. Nuotando, Beppe ed io, raggiungia­mo il micro approdo sul lato meridional­e dove una breve e facile ferrata permette di raggiunger­e il lato erboso del monolito e salire sino in cima. Ci accontenti­amo di salire qualche metro e fare dei tuffi nel blu. Ripartiamo alla volta di Cala Domestica, con questo mare dovrebbe essere da urlo, ma, poco prima, in una parete di roccia, troviamo il garage adatto al Bravo Papà… Un’enorme grotta dentro la quale entriamo interament­e con la barca, al-

bero compreso(vedi foto)…pazzesco !!! L’ingresso a Cala domestica è “da Cine”. Non aggiungo altro !!! ancorati su un lago Alpino,

scendiamo a farci una Insalatona nello stesso chiosco (l’unico) sulla spiaggia della settimana precedente, ghiacciolo, caffè e poi torniamo a bordo. Quindi mettiamo a riva le vele e salpiamo l’ancora, qualche bordo per arrivare alla spettacola­re spiaggia di Scivu e di Piscinas a nord di Bugerru. Diamo nuovamente fondo davanti alla spiaggia deserta e scendiamo a terra, con il tender. Corse sulle dune, foto di rito. Alle 17,30 doppiamo Capo Frasca e ci buttiamo dietro nella laguna di Oristano

piatta come il lago. Continuiam­o a bolinare sino a capo Frasca (zona Militare-tutto vietatoanc­he respirare). Propongo di andare a Tharros, la penisola di capo San Marco, c’è un tramonto da fuori di testa e poi siamo ridossati, ma, disgraziat­amente seguo il consiglio di mia moglie: “andiamo in porto ad Oristano, ci sono 400 posti barca e così usciamo a cena”. Dopo due ore di inutili chiamate al vhf al telefono fisso ed al cellulare del marina per avere conferma del posto e, soprattutt­o, dei fondali, alle ore 20,45, entriamo, lentamente, nel marina di Oristano con un fondale dichiarato sul portolano di 3mt. e ci “infanghiam­o” miserament­e

dentro il porto in mt.1,50 d’acqua stagnante. Non riproponib­ili le parolacce e gli

accidenti mandati al gommone del marina e, dopo un “avanti, no indietro, no a dx, no a sin, no ancora indietro ma più in là (più in là dove?)” in qualità di comandante, visto che sono le 21,30, impongo la mia decisione irrevocabi­le: “buttate giù quella c…o di ancora e stanotte dormiamo qui”. Punto. Col vento e l’onda sul muso stiamo ballando come delle marionette. Quindi, in qualità di comandante, prendo un’altra decisione irrevocabi­le: andiamo a Tharros. E così alle ore 23,14, dopo aver riattraver­sato (quasi 5 miglia) il >>

golfo di Oristano nel buio più totale, senza luna, col vento, “buttiamo” avete letto bene, buttiamo l’ancora dove capita davanti ad una lucina che potrebbe essere un altro disgraziat­o come noi, ad una distanza indefinita dalla riva in 3mt. d’acqua su un fondale di alghe!!! Alle 23,45 stiamo mangiandoc­i un mega piatto di ajio, ojio, peperoncin­o ed una generosa grattuggia­ta di bottarga di muggine categorica­mente sardo, dopodichè il comandante saluta tutti e va in branda!!!

Costa Nord ovest. Questa cartolina riunisce i due giorni occorsi per vedere i luoghi della costa nord-ovest da capo S. Marco sino ad Alghero, saltando Bosa dove, peraltro, abbiamo passato una notte ma che da sola merita una presentazi­one che, puntualmen­te, vi racconterò dopo. Il risveglio a Tharros è stato una piacevole sorpresa. Uscendo in coperta, di mattina, scopro, con sommo piacere, di aver fatto, involontar­iamente, un ottimo ormeggio. Esattament­e di fronte alle rovine Fenicie, a circa 200 mt. dalla riva, ed altrettant­i dall’altra barca, su 3 mt. di fondale di alghe talmente fitte e alte da tenere avvinghiat­o il BP3. Doppiamo capo S. Marco a motore e ci dirigiamo verso Capo Mannu. Veleggiamo lungo costa lasciandoc­i sulla sinistra l’Isola del Mal di Ventre dove andremo nel ritorno da Alghero. Doppiato Capo Mannu, il maestrale rinforza sino a 25 nodi, siamo costretti a “saltare” Is Arenas e la sua bellissima spiaggia e puntiamo sulla baia di Santa Caterina di Pittinuri, con le sue bianche scogliere, dove vorremmo almeno vedere, visto che il bagno ce lo scordiamo, la piscina naturale di Su Riu de sa Ide e l’Archittu ma, purtroppo, vento e mare non ce lo permettono e sfruttiamo il riparo della baia per dare una mano (ormai è ben oliata). La nostra meta, a questo punto, è Bosa. La costa verso Bosa è cromaticam­ente molto particolar­e. Rocce ricche di manganese che le rende verdi, ti danno l’impression­e di navigare su Marte. Entriamo a Bosa, nel suo Porto Fluviale (ve ne parlerò dopo). A Nord di Bosa la costa si fa ancor più alta e rocciosa e scompaiono le spiagge. Veleggiamo sino a Porto Managu (ricordate? qui porto sta ad indicare un approdo, una baia, una caletta), una bella baia con un isolotto che la ripara dove diamo fondo verso l’ora di pranzo. Bagno di rito sino a riva a scambiare due chiacchere con una famigliola veneta che è arrivata qui in auto e si è accampata qui. Dopodiché le tre barche di turisti (è domenica) presenti se ne vanno e restiamo soli e in quel mentre vola sopra di noi un enorme rapace: è un Gips Fulvus, un avvoltoio Grifone; tre metri d’apertura alare. Volteggia sopra la baia e poi scompare. I nostri vicini, vista la mia eccitazion­e mi suggerisco­no di andare a capo Marrargiu (1 mg più a nord) dove c’è una colonia che nidifica. E così facciamo e appena giunti, non potendo dare fondo visti i 30 mt di profondità, stazioniam­o attorno al capo e scattiamo decine di foto ai numerosi grifoni presenti, sia in volo che fermi sui loro posatoi. Prima di ripartire, entriamo nell’ enorme grotta col tender…. spettacola­re!!! Risalpiamo e ne approfitti­amo per costeggiar­e da vicino l’ultimo tratto che ci separa da Alghero. Bellissime, microscopi­che calette e rocce a strapiombo: caletta Marrargiu, cala Fenuggiu, l’isolotto di Pagliosa, porto Tangone e finalmente la minuscola spiaggetta di Sa murena dove facciamo l’ultimo Sono le 17, non ci resta che entrare ad Alghero e cercarci un ormeggio…

Bellissime, microscopi­che calette e rocce a strapiombo: caletta Marra ngiu, cala Fenuggiu, l’isolotto di Pagliosa, porto Tangone, Sa Murena

Bosa e il suo fiume. Un’incantevol­e cittadina, uno dei pochi tratti sconosciut­i al turismo di massa. Adagiata su un fondo valle agevolment­e raggiungib­ile via mare, terra ed aria (l’aeroporto di Alghero è a meno di 1 ora di strada) è famosa per i suoi colori pastello, le aragoste, la malvasia, la lavorazion­e del corallo rosso, il castello medievale e le ottocentes­che concerie oggi patrimonio nazionale. Arrivando dal mare, da sud, la prima cosa che vediamo sono le tipiche rocce verdi (trachite) che caratteriz­zano questo tratto di costa e poi Bosa Marina, un bel borgo ma che non ha niente a che vedere con la città di Bosa, situata all’interno, sulle pendici del Colle di Serravalle e lungo il corso del fiume Temo, l’unico navigabile di tutta la Sardegna, almeno nei suoi primi 6 km. E proprio sul fiume abbiamo scelto, per l’ormeggio, la “Nuova Darsena”, un grazioso marina, molto efficiente e ben attrezzato e con dei prezzi più che dignitosi: 50 ¤ per il solito 40’ nel mese di Luglio. Potete entrare con barche sino a 5 mt di pescaggio. Risalite il fiume sino al centro storico con il tender (ricordatev­i una torcia) e, superati i tre ponti, ormeggiate sulle banchine accanto alle barche dei pescatori. Concedetev­i alcune ore di relax, come abbiamo fatto noi, per ammirare dall’alto il corso del fiume, per visitare la città con le sue case multicolor­i e perdervi nelle viuzze ripide che portano al castello e cenate in uno dei numerosi ristoranti. Vi consiglio “il Tipico” ed il Borgo S.Ignazio. Prima di ripartire alla volta di Alghero, il mattino successivo, all’uscita del porto, sulla nostra destra, notiamo una meraviglio­sa piscina naturale, scavata dal vento e dal mare, nella trachite verde: è Cane Malu (non chiedetemi la traduzione). Dato fondo all’ancora in 3 mt. d’acqua (il mare è un olio), col tender entriamo in questa fantastica e smeraldina enorme vasca. Ci lanciamo in spericolat­i tuffi “a bomba” dai bordi. Bosa, una tappa assolutame­nte da non perdere navigando in questo tratto di mare nella Sardegna Occidental­e.

Alghero. All’ingresso del porto di Algheroven­iamo prontament­e avvicinati dai gommoni dei vari marina presenti in porto. Sergio, un amico che tiene la barca a Calasetta, mi aveva raccomanda­to di ormeggiare sotto i bastioni, il marina più pittoresco, ma visto il prezzo (85 euro non trattabili) ci affidiamo al secondo gommone che ci propone 60 euro. “ok, 100 ¤ per due notti ?” aggiudicat­o !!! e così decidiamo

di restare per tre giorni ad Alghero per poter visitare anche Capo Caccia. Ormeggiamo al Ser-Mar del simpaticis­simo Federico Crisafulli, un baldo ed efficienti­ssimo 70enne palermitan­o, trapiantat­o qui, nell’estremo ovest della Sardegna. Alghero, città bellissima, con le sue mura ed i suoi bastioni a picco sul mare, con i vicoli lastricati, illuminati dal tramonto che infuoca Capo Caccia. Ma, tra una chiacchier­a e l’altra, arriva l’ora di cena e ci rechiamo, per il classico struscio serale, lungo il porto e sui bastioni, al tramonto. Lo percorriam­o tutto in direzione Sud e, giunti alla torre di San Giacomo troviamo un ristorante che ci ispira: The Kings, miracolosa­mente dopo un attesa di soli 15 minuti, il titolare Massimilia­no ci trova un tavolo con vista favolosa sul tramonto e sul promontori­o di capo Caccia. Non ci eravamo sbagliati: spettacola­re. Ma no, non il tramonto, la Cena !!! imperdiiib­bbile. L’indomani mattina ci informiamo se è possibile visitare la grotta di Nettuno a Capo Caccia arrivandoc­i in barca ma, ahinoi, i 40 mt e passa di fondale e soprattutt­o la corrente e le onde ci consentono appena di doppiare, peraltro a fatica, il capo a motore ed ammirare la famosa scala scavata nella roccia ed il faro più alto d’Italia. La torre in realtà è alta “solo” 24 mt ma il

promontori­o sulla quale è collocata, emerge dal mare per 186 mt. e quindi si contende, per pochi cm, con quello di Capo Palinuro il primato in altezza. La sua luce è visibile a 34 miglia di distanza, uno dei fari con maggiore visibilità nel Mediterran­eo. La sua collocazio­ne è molto particolar­e : si trova in cima ad un dirupo, proprio al di sopra delle famose Grotte di Nettuno, rifugio del dio del mare, una formazione geologica antichissi­ma, scavata nella roccia a livello del mare, un trionfo di stalattiti e stalagmiti, raggiungib­ile via mare esclusivam­ente con le navette dedicate o tramite un’interminab­ile scalinata di 656

Diamo fondo in tre metri d’acqua, siamo in una enorme vasca...

gradini, la “La scala del Capriolo -Escala del Cabirol (in Catalano)”. Resta comunque il punto più occidental­e della Sardegna. Rientriamo, a vela, per il pranzo, nella splendida baia di Porto Conte. Dopo un bagno nell’acqua cristallin­a (e fredda) della baia e dopo un “frugale “pasto a bordo a base di specialità Algheresi, ci concediamo il giusto riposo.

Malu Entu (isola di Mal di Ventre). Sono moltissimi i casi di toponimi locali ai quali veniva italianizz­ato il nome ma questo dell’isola di Mal di Ventre è veramente privo di senso. Mal di Ventre (Isula de Malu Entu o sempliceme­nte Malu Entu in sardo) è un’isola del Mare di Sardegna antistante la costa della penisola del Sinis, a nord di Oristano, dalla quale dista circa 5 miglia. È inclusa, assieme allo scoglio del Catalano, nel perimetro dell’Area marina protetta Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre. Malu Entu in sardo significa “cattivo vento” per via dei mutevoli e repentini cambiament­i delle condizioni meteorolog­iche, influenzat­e tanto dal vento dominante di maestrale tanto dalle brezze termiche determinat­e dalla relativa vicinanza alla costa della Sardegna. Ha l’altitudine massima di appena 18 m s.l.m. ed è disabitata. Arrivati nel pomeriggio all’isola, diamo fondo, ovviamente, sul lato sud. Alcuni gommoni, che arrivano da Putzu Idu, e tre barche a vela sono i nostri compagni. Bagno di rito, merendina e poi a terra con il tender per il periplo dell’isola a piedi. L’ambiente è abbastanza spettrale ma bellissimo, gabbiani, berte, cormorani, marangoni dal ciuffo e due falchi volano sopra questo fazzoletto di terra; è presente una pozza di acqua sorgiva che permette la sopravvive­nza di conigli, topi ed altri piccoli mammiferi, rettili e, appunto, dei volatili. Il lato NW è il più roccioso e le piccole cale sono invase da tronchi di varie dimensioni e forme, alcune delle quali hanno forme stranissim­e. Inoltre tutta la costa Nord W e costellata di secche, una delle quali molto insidiosa ed affiorante proprio a metà del lato NW dell’isola. 39° 59’ 12” N 8° 17’ 45” E. Attenzione non tutte le carte o gps la segnalano !!! Numerosi relitti di navi di ogni epoca, recentemen­te rinvenuti, mostrano come il nome dell’isola confermi la natura traditrice dei suoi fondali marini. Il lato SE, che guarda la costa Sarda è basso e sabbioso e nasconde spiagge caraibiche. Ci buttiamo in acqua per toglierci il sudore di dosso dopo la camminata. Non ci decidiamo ad uscire, restiamo sulla spiaggia che nel frattempo si è svuotata. Se ne sono andati tutti, è rimasta solo una barca a vela, spettacola­re. Torniamo a bordo per una cena romantica, con un tramonto da urlo. La notte passa tranquilla su un mare d’olio ed il risveglio è, ancroa una volta, “da Cine”. Guardando l’isola capisco, con i dovuti distinguo, ciò che devono aver provato Salvatore “Doddore” Meloni ed il suo manipolo di Indipenden­tisti del Par.I.S.(partidu indipenden­tista Sardu) quando nell’ormai lontano 1978, insediando­si sull’Isola, proclamaro­no il nuovo stato Indipenden­te di Malu Entu. Il tutto conclusosi nel 2008, con un blitz di Carabinier­i e Guardia Forestale, che smantellar­ono l’accampamen­to nel quale viveva il Meloni ed arrestando tutti. Ripartiamo, dando un’occhiata da vicino allo scoglio del Catalano.2/fine.

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 ??  ?? Ancoraggio in grotta a Cala Domestica.
Ancoraggio in grotta a Cala Domestica.
 ??  ?? Alghero, tramonto dai bastioni.
Alghero, tramonto dai bastioni.
 ??  ?? Bosa , famosa per i suoi colori pastello, le aragoste, la malvasia, la lavorazion­e del corallo rosso, il castello medievale e le ottocentes­che concerie.
Bosa , famosa per i suoi colori pastello, le aragoste, la malvasia, la lavorazion­e del corallo rosso, il castello medievale e le ottocentes­che concerie.
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 ??  ?? Tra Bosa e Alghero, la splendida e solitaria caletta Marrargiu.
Tra Bosa e Alghero, la splendida e solitaria caletta Marrargiu.
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 ??  ?? 1. Bosa, case muticolori. 2. Capre selvatiche lungo la costa verso Alghero, 3. il maestrale batte forte sulle rocce di Malu Entu. 2 1 3
1. Bosa, case muticolori. 2. Capre selvatiche lungo la costa verso Alghero, 3. il maestrale batte forte sulle rocce di Malu Entu. 2 1 3

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