PERCHÉ LE VELE PORTANO? SFATIAMO I MITI DA BANCHINA
C’è chi parla di tubi di Venturi, chi sostiene che le particelle d’aria accelerano perché devono ritrovarsi o chi azzecca la legge, ma la applica male. Ecco come stanno le cose
C’è chi parla di tubi di Venturi, chi azzecca la legge fisica ma la applica male, chi tira in ballo Bernoulli. Ecco come stanno le cose
Ogni velista si reputa esperto. Per definizione tutti i velisti sono esperti, saggi e soprattutto lo sono molto di più del vicino di barca. Se poi il vicino di barca va a motore non è un vicino di barca, ma una banchina con i parabordi. Ogni velista, dicevo, sa perché una barca a vela va di bolina: perché le vele, come ogni profilo alare, quando immerse in aria in movimento sviluppano portanza, per questo le ali degli aerei funzionano e le derive non ci fanno scarrocciare. Fin qui è facile. Se però si passa al livello successivo e si chiede: “perché si sviluppa la portanza?”, ecco qui le cose si complicano e soprattutto molti velisti (complici tanti testi, siti e chiacchiere da banchina) danno delle ragioni, talvolta simpatiche o affascinanti, ma, purtroppo, sbagliate. Tanto per cominciare la portanza è una componente della forza aerodinamica totale sviluppata da un profilo. L’altra componente è la resistenza (politica, Bella ciao e l’amato presidente Pertini non c’entrano nulla), parallela alla direzione del flusso. Si sfrutta quando si va in poppa a filo ed è quella che in queste circostanze ci vincola ad andare più lenti del vento, ma per stavolta lasciamola perdere. Tornando alla portanza, la teoria farlocca più gettonata deriva da una errata applicazione dell’equazione di Bernoulli (la formula che mette in relazione pressione e velocità di un gas intorno a un oggetto: all’aumentare di una diminuisce l’altra e viceversa). È quella tirata in ballo da chi parla di «tempo di transito uguale» o «percorso più lungo». In breve: per generare velocità più alte sulla superficie superiore rispetto a quella inferiore, al fine di avere una bassa pressione sopra l’ala e un’alta pressione sotto (da cui anche la storiella che il vento “risucchia” le vele) i profili aerodinamici sarebbero progettati con la superficie superiore più lunga rispetto all’inferiore perché le molecole d’aria sulla superficie superiore devono raggiungere il bordo posteriore contemporaneamente alle molecole sulla superficie inferiore. A parte l’assurdità del perché ciò dovrebbe accadere: le molecole mica si innamorano di quelle cui viaggiano vicine e si devono ritrovare alla fine dell’ostacolo. Ma per un velista c’è un altro elemento che basta a non darle credito: dai, l’avete vista una vela sì? Vi siete accorti che è simmetrica sui due lati, giusto? Certo, potrebbe funzionare per gli aerei, per spiegare la pressione più bassa sulla superficie superiore e la pressione più alta sulla superficie inferiore con conseguente forza di sollevamento, ma allora c’è da capire come fa un aeroplano a volare rovesciato… L’errore in questa teoria implica la specificazione della velocità sulla superficie superiore. In realtà, la velocità