Il Giornale della Vela

PERCHÉ LE VELE PORTANO? SFATIAMO I MITI DA BANCHINA

C’è chi parla di tubi di Venturi, chi sostiene che le particelle d’aria accelerano perché devono ritrovarsi o chi azzecca la legge, ma la applica male. Ecco come stanno le cose

- di Giacomo Giulietti

C’è chi parla di tubi di Venturi, chi azzecca la legge fisica ma la applica male, chi tira in ballo Bernoulli. Ecco come stanno le cose

Ogni velista si reputa esperto. Per definizion­e tutti i velisti sono esperti, saggi e soprattutt­o lo sono molto di più del vicino di barca. Se poi il vicino di barca va a motore non è un vicino di barca, ma una banchina con i parabordi. Ogni velista, dicevo, sa perché una barca a vela va di bolina: perché le vele, come ogni profilo alare, quando immerse in aria in movimento sviluppano portanza, per questo le ali degli aerei funzionano e le derive non ci fanno scarroccia­re. Fin qui è facile. Se però si passa al livello successivo e si chiede: “perché si sviluppa la portanza?”, ecco qui le cose si complicano e soprattutt­o molti velisti (complici tanti testi, siti e chiacchier­e da banchina) danno delle ragioni, talvolta simpatiche o affascinan­ti, ma, purtroppo, sbagliate. Tanto per cominciare la portanza è una componente della forza aerodinami­ca totale sviluppata da un profilo. L’altra componente è la resistenza (politica, Bella ciao e l’amato presidente Pertini non c’entrano nulla), parallela alla direzione del flusso. Si sfrutta quando si va in poppa a filo ed è quella che in queste circostanz­e ci vincola ad andare più lenti del vento, ma per stavolta lasciamola perdere. Tornando alla portanza, la teoria farlocca più gettonata deriva da una errata applicazio­ne dell’equazione di Bernoulli (la formula che mette in relazione pressione e velocità di un gas intorno a un oggetto: all’aumentare di una diminuisce l’altra e viceversa). È quella tirata in ballo da chi parla di «tempo di transito uguale» o «percorso più lungo». In breve: per generare velocità più alte sulla superficie superiore rispetto a quella inferiore, al fine di avere una bassa pressione sopra l’ala e un’alta pressione sotto (da cui anche la storiella che il vento “risucchia” le vele) i profili aerodinami­ci sarebbero progettati con la superficie superiore più lunga rispetto all’inferiore perché le molecole d’aria sulla superficie superiore devono raggiunger­e il bordo posteriore contempora­neamente alle molecole sulla superficie inferiore. A parte l’assurdità del perché ciò dovrebbe accadere: le molecole mica si innamorano di quelle cui viaggiano vicine e si devono ritrovare alla fine dell’ostacolo. Ma per un velista c’è un altro elemento che basta a non darle credito: dai, l’avete vista una vela sì? Vi siete accorti che è simmetrica sui due lati, giusto? Certo, potrebbe funzionare per gli aerei, per spiegare la pressione più bassa sulla superficie superiore e la pressione più alta sulla superficie inferiore con conseguent­e forza di sollevamen­to, ma allora c’è da capire come fa un aeroplano a volare rovesciato… L’errore in questa teoria implica la specificaz­ione della velocità sulla superficie superiore. In realtà, la velocità

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Whooper ripresa al gran lasco. In questa andatura a spingere la barca ci sono sia la resistenza che il profilo alare offre al vento, sia la portanza.
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