BACKSTAGE
È il nostro Eugenio Ruocco il velista-batterista che ha spopolato sul web. Ecco che cosa lo ha spinto a suonare in mezzo al mare, al freddo e al buio
Il mio Grand Soleil 39 come palco
“Uff, i registi, con le loro manie. Ma è veramente necessario tutto questo?”, penso, mentre sono all’uscita del porto di Genova sul Grand Soleil 39 di mio papà, alle cinque di pomeriggio. Comincia a imbrunire, fa un freddo cane e fuori ci sono 20 nodi di tramontana. Il dettaglio che lascia quantomeno perplessi gli equipaggi delle barche che incrociamo (loro stanno rientrando, fortunati) è che sulla tuga della nostra “Mirit” è in bella mostra una… batteria. Stiamo girando il nuovo videoclip della mia band, i Bricklane: il regista Tiziano Colucci ha previsto, nello storyboard, alcune scene del sottoscritto che suona in mezzo al mare su una barca a vela. “Non possono assolutamente mancare, impreziosiranno il video. E per esigenze di colore, ho bisogno di girare al tramonto”. I miei compagni in questa strana avventura sono, oltre a Tiziano, il cameraman Mattia e mio padre che – giustamente – non voleva perdersi questo siparietto.
MA QUALE FLUSH DECK!
Partiamo dal fatto che montare una batteria su una barca del 1985 non è semplice: ai tempi di Alain Jézéquel (progettista del GS 39) il concetto di “flush deck” ancora non esisteva. Ho dovuto arrangiarmi a bloccare la cassa, il rullante e il charleston su una tuga dal profilo irregolare, appoggiando i piedini della cassa tra il carrello della randa e lo sprayhood abbassato e fissando le aste di supporto con nastro adesivo tra le drizze in coperta. Particolare attenzione ho dovuto riservare al seggiolino, perché si posava direttamente sul boccaporto “old style” della Goiot. “Se trovo una sola riga sul plexiglass te la devi vedere con me e i miei due soci”, aveva tuonato mio padre. Ovviamente, prima di iniziare il montaggio ho approntato una ritenuta del boma, dopo aver lascato scotta randa, per tenerlo aperto. Nel frattempo Tiziano e Mattia sono diventati scemi a fissare le luci di scena con le staffe ai candelieri.
CIAK SI GIRA!
Bene, il mare è abbastanza calmo, la luce è buona: “Ciak,
si gira”, esclama teatralmente Tiziano. Ma c’è ancora un problema: la tramontana fischia, il caro vecchio entrobordo diesel borbotta e io ho bisogno di una fonte audio per il playback del brano, che per la cronaca si chiama “Le Nevrosi di Virginia” (andatelo a cercare su Youtube!): viceversa non potrò suonare precisamente sopra la canzone e non è possibile sincronizzare le immagini con l’audio. Lo stereo che abbiamo portato a bordo non è efficace. Mi ricordo di avere nella borsa sottocoperta una cassa bluetooth: me la infilo nel cappuccio della cerata (non la vedete, ma c’è!), con Mattia che fa partire la canzone dallo smartphone, e il gioco è (quasi) fatto. Resta da fingere di suonare il brano, infreddolito, bardato con la ceratona gialla che, dal punto di vista ergonomico, è l’anti-abbigliamento del batterista. “Fantastico, ce l’abbiamo! Possiamo rientrare”, conclude soddisfatto Tiziano dopo circa quaranta minuti di riprese. Per fortuna, altrimenti le nevrosi, invece che a Virginia, sarebbero venute a me! Torniamo in porto felici, contenti e convinti che la chitarra classica sia lo strumento ideale da portarsi a bordo. Nelle pause tra un “ciak” e l’altro, Mattia ha registrato col suo telefono un video di me che “pesto duro” in mare aperto: arrivato a casa lo condivido su Facebook e diventa virale. Viene anche ripreso da importanti testate di vela internazionali. Visto il successo, la prossima sfida sarà quella di suonare la batteria mentre si naviga a vela!