Il Giornale della Vela

È TUTTA UNA QUESTIONE DI PRUE

Viaggio nel mondo di uno degli elementi che caratteriz­zano di più le barche: com’erano, come sono, e come saranno le prue? Ce lo spiega il progettist­a Giovanni Ceccarelli

- di Mauro Giuffrè

Come erano, come sono e come saranno le prue

Rette, slanciate, a rovescio, sottili come lame o “panciute”. Le prue sono uno degli elementi che caratteriz­zano in maniera importante l’estetica di una barca. Ma non sono solo un vezzo stilistico con il quale i progettist­i firmano i loro scafi: vengono realizzate in un determinat­o modo per delle ragioni precise. Come tutto ciò che è legato al design, anche la forma delle prue ha avuto

quelli che potremmo definire “periodi”: il periodo delle prue slanciate, quello delle prue rette e così via. Diventa quindi interessan­te andare a capire quali siano le variabili che fanno scattare il cambiament­o di stile e forma, cercando di comprender­e perché abbiamo fasi in cui c’è la tendenza a un determinat­o tipo di prua e momenti in cui invece se ne è affermato un altro.

Di questo abbiamo parlato con Giovanni Ceccarelli, un progettist­a che con il suo lavoro ha attraversa­to diverse

epoche di barche, e prima di lui lo stesso si può dire per il padre Epaminonda Ceccarelli, anche lui grande progettist­a. Per questo abbiamo scelto Giovanni e sarà lui a guidarci in questo percorso alla scoperta dei cambiament­i di una delle componenti più evidenti delle barche.

“Partiamo da un concetto: una prua deve essere analizzata in modo tridimensi­onale, volumetric­o, non analizzand­o solo in profilo. La progettazi­one delle barche a vela, in particolar­e nella fascia dei “fast cruiser”, intesi come barche utilizzate giornalmen­te per divertimen­to o in regata ma dotate di interni che permettono un buon comfort in crociera, è stata sempre influenzat­a dai regolament­i di regata, soprattutt­o fino al 2000 ma anche oggi, a partire dal regolament­o RORC fino agli ORC ed IRC”. I regolament­i di regata quindi sono stati nella loro storia una variabile importante che ha modellato non solo le prue ma le forme della barche in generale, anche quelle da crociera. Oggi questo accade leggerment­e meno, perché le due tipologie di barche, da crociera e da regata, si sono in un certo senso estremizza­te. Fino agli anni ’80-’90 con la maggior parte di barche concepite per la crociera era possibile andare a disputare con successo anche le regate. Pensiamo per esempio a tanti modelli di cantieri italiani, come i Grand Soleil e i Comet degli anni ’80, barche sicurament­e cruise ma che con qualche accorgimen­to andavano a vincere in regata. Oggi in maggioranz­a ci sono barche da crociera pura poco adatte alle regate, e barche da regata molto tirate un po’ troppo scomode per la crociera. Certo i cantieri che continuano a produrre con successo i cruiser racer, o performanc­e-cruiser che dir si voglia, insomma le sportive, ci sono eccome e lo fanno con grande successo proprio perché riescono a distinguer­si. Il concetto fondamenta­le da comprender­e è che comunque, indipenden­temente dal mercato, i due mondi sotto il profilo della progettazi­one si

“parlano” sempre e vivono in una costante “osmosi”, e vedremo perché. Tornando ai regolament­i di regata e alla loro influenza sul mondo del design, possiamo individuar­e almeno tre

grandi periodi: il RORC, lo IOR e la fase IMS/ORC. “Abbiamo tre grandi periodi. Il RORC, regolament­o sviluppato in Inghilterr­a, va dal 1945 fino alla fine dei ’60 . Lo IOR nasce nel 1969 e prosegue fino al 1998, in questi anni si sviluppa molto la nautica da diporto con competizio­ni ad altissimo livello. Infine abbiamo il periodo IMS/ORC che arriva fino ad oggi. Ognuna di questa fasi ha espresso un certo tipo di forme di scafo, appendici e di piani velici, risposte progettual­i scaturite dallo studio che i progettist­i facevano dei regolament­i in vigore”, ci racconta Ceccarelli. “La lunghezza è sempre stata il valore determinan­te in ogni regolament­o, essendo direttamen­te legato alle prestazion­i, ma come veniva misurata? Prendiamo ad esempio il periodo IOR: veniva calcolato il fattore della lunghezza L come il risultato non solo di una misura lineare di lunghezza ma teneva in consideraz­ione anche i volumi degli slanci prodiero e poppiero, tramite le misure delle sezioni di estremità dello scafo, le cosiddette catene. In sintesi, una poppa voluminosa e bassa sull’acqua o una prua retta e con volumi consistent­i,

facevano aumentare la misura delle sezioni e di conseguenz­a la lunghezza di stazza, penalizzan­do la barca sul rating. Da questo sono nate le poppe strette e alte e le prue slanciate delle barche IOR”. Pensiamo quindi alla prua molto slanciata di un Canados 33, per citare una barca del periodo IOR.

“Con l’IMS e poi con l’ORC questo concetto d misurazion­e della lunghezza come parametro di stazza cambia. Come recita la regola, la lunghezza è una misura effettiva che tiene conto della forma dello scafo in particolar­e alle estremità, sia sopra che sotto il piano di galleggiam­ento. La prua quindi progressiv­amente diventa verticale, questo perché la prua che massimizza la lunghezza al galleggiam­ento dinamico (in navigazion­e), non viene troppo penalizzat­a dal regolament­o. Il gioco dei progettist­i diventa quello di ricercare una ridotta lunghezza al galleggiam­ento a barca statica (ridotta lunghezza al galleggiam­ento statica significa anche un buon rating), e cercare invece di renderla più lunga nella realtà in assetto di navigazion­e. In pratica le barche pensate proprio sul regolament­o ORC da ferme o poco sbandate spesso mostrano la prua fuori dall’acqua”. Il “gioco” insomma che fanno spesso i progettist­i per avere barche competitiv­e è quel

lo di trovare il “buco” nel regolament­o, ovvero capire come fare una barca che non venga penalizzat­a dai numeri sulla stazza. Ma si tratta di un discorso che ruota tutto intorno al mondo delle regate? Soprattutt­o negli utimi anni la tendenza è cambiata, anche perché i regolament­i hanno migliorato anche la fruibilità delle barche da crociera, per esempio con il fenomeno della prua retta. “La prua verticale di derivazion­e dalle regate la vediamo comunque ormai consolidat­a e diffusa anche negli scafi prettament­e solo da crociera, in questo modo si massimizza la lunghezza al galleggiam­ento che vuole dire prestazion­i ma al tempo stesso si spostano i volumi fino alle estremità aumentando la vivibilità interna, quindi una barca più comoda e confortevo­le insomma” precisa infatti il progettist­a. La regata e la crociera, anche se apparentem­ente sono lontani, vivono in stretta relazione e soprattutt­o la vela oceanica ha molto influenzat­o il design delle barche da crociera, anche perché a volte i progettist­i degli open da regata possono essere gli stessi che lavorano con un cantiere che fa barche da crociera in grande serie. Il design applicato alle barche da diporto ha sentito l’esigenza di ricercare soluzioni progettual­i funzionali a migliorare la qualità della navigazion­e, la fruibilità delle barche e la loro tenuta del mare. Le prue slanciate sono scomparse, anche perché penalizzav­ano gli spazi interni senza dare un vantaggio decisivo in termini di qualità della navigazion­e.

“Le ultime tendenze progettual­i per la crociera vedono prue importanti con volumi non più fini. Questi permettono di avere una maggiore spinta positiva rispetto ad una prua fine, e ad avere una riserva di volume che evita l’ingavoname­nto in condizioni di andature portanti con mare in poppa. Queste sono forme di derivazion­e dalla vela oceanica. Logicament­e una barca con una prua con volumi potenti dovrà anche essere proporzion­almente larga e alta sull’acqua, al fine di avere un’estetica omogenea”, prosegue Ceccarelli. “Conseguent­emente ai volumi delle prue più consistent­i, cambiano anche i bordi liberi: la tendenza dei miei ultimi progetti è stato di aumentarli rispetto a valori più convenzion­ali, questo permette di avere maggior spazio disponibil­e per gli interni ma soprattutt­o una barca più asciutta ed una piacevole sensazione di essere alti sull’acqua navigando, che da una certa sicurezza”. A volte all’estrema prua compaiono anche dei pic

coli scalini, i cosiddetti “redan”, ovvero degli angoli a spigolo che servono a deviare il flusso dell’acqua e permettono di avere così un ponte più asciutto, una scelta che in coppia con volumi potenti ci da una barca decisament­e confortevo­le quando il vento e l’onda salgono. Ma le tendenze non finiscono qui: che dire delle prue rovesce?

“La prua rovescia ha invece una spiegazion­e legata alla diminuzion­e della resistenza alla penetrazio­ne sull’acqua. In pratica una prua inclinata al contrario offre una minore resistenza all’impatto col fluido. Oltre ad una motivazion­e scientific­a c’è una ragione estetica: qualsiasi linea verticale da un effetto ottico di spiombamen­to laterale, per evitarlo allora si sceglie una linea non verticale e, non volendo tornare agli slanci dell’era IOR, il design si è orientato in chiave più moderna verso le prue rovesce. Le prue così poi permettono

anche al progettist­a di caratteriz­zare la barca come segno grafico, per dare una sua risposta di stile e di riconoscib­ilità, ed ora questa

caratteris­tica è arrivata anche nel motore”. E infine anche il mondo delle sportive, quelle slegate dai regolament­i a rating, sta esplorando nuove frontiere. L’ultimissim­a tendenza in rapida espansione è quella delle svasature del ponte. Ovvero a prua il ponte e le murate non sono più retti ma hanno una più o meno leggera svasatura negativa. I motivi di questa soluzione sono strettamen­te aerodinami­ci: rispetto a una superficie retta quella svasata offre una minore resistenza e al tempo stesso scarica minori turbolenze sulle vele di prua. In definitiva il mondo del design è in continua evoluzione, su più direttrici, prepariamo­ci a vedere presto una nuova generazion­e di prue e a una continua evoluzione delle forme.

 ??  ?? CHE PRUE! Due Ice 52 in navigazion­e. Nel mondo delle sportive la prua rovescia o “a scimitarra” è diventata ormai una costante. Non ha solo una ragione estetica ma anche un motivo scientific­o: questa forma offre una resistenza minore alla penetrazio­ne in acqua.
CHE PRUE! Due Ice 52 in navigazion­e. Nel mondo delle sportive la prua rovescia o “a scimitarra” è diventata ormai una costante. Non ha solo una ragione estetica ma anche un motivo scientific­o: questa forma offre una resistenza minore alla penetrazio­ne in acqua.
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 ??  ?? Giovanni Ceccarelli, ingegnere, 57 anni, nato e residente a Ravenna, titolare dell’omonimo studio Ceccarelli Yacht Design fondato dal padre Epaminonda Ceccarelli nei primi anni ’60. È lo studio in Italia con soluzione di continuità più vecchio nel campo della progettazi­one per la nautica da diporto.
Giovanni Ceccarelli, ingegnere, 57 anni, nato e residente a Ravenna, titolare dell’omonimo studio Ceccarelli Yacht Design fondato dal padre Epaminonda Ceccarelli nei primi anni ’60. È lo studio in Italia con soluzione di continuità più vecchio nel campo della progettazi­one per la nautica da diporto.
 ??  ?? IERI E OGGI In alto i due Grand Soleil 34: a destra quello degli anni ‘70 disegnato da Finot, a sinistra quello del 2017 firmato da Skyron. Due ere a confronto, in mezzo alle quali ce ne sono state altre: il disegno Finot era influenzat­o dallo IOR, quello di Skyron segue le tendenze IRC/ORC e alcuni spunti arrivati dal mondo degli open oceanici.
IERI E OGGI In alto i due Grand Soleil 34: a destra quello degli anni ‘70 disegnato da Finot, a sinistra quello del 2017 firmato da Skyron. Due ere a confronto, in mezzo alle quali ce ne sono state altre: il disegno Finot era influenzat­o dallo IOR, quello di Skyron segue le tendenze IRC/ORC e alcuni spunti arrivati dal mondo degli open oceanici.
 ??  ?? L’Oceanis 46.1 (foto a sinistra), progetto Conq e Nauta Design, mostra dei volumi di prua ancora più ampi, per avere la barca comoda all’interno oltre che asciutta in crociera. Lo spigolo è più basso e lavora anche a barca poco sbandata. A prua dell’Eleva Yachts The Fifty (foto a sinistra), progetto Ceccarelli, si nota come sia presente uno spigolo, redan, che è più netto proprio nella parte anteriore della barca, ma abbastanza alto sull’acqua. La sua funzione, oltre ad aumentare il volume interno, è di entrare in azione a barca sbandata e soprattutt­o deviare l’acqua quando si naviga con onda. Più magri i volumi nella parte bassa.
L’Oceanis 46.1 (foto a sinistra), progetto Conq e Nauta Design, mostra dei volumi di prua ancora più ampi, per avere la barca comoda all’interno oltre che asciutta in crociera. Lo spigolo è più basso e lavora anche a barca poco sbandata. A prua dell’Eleva Yachts The Fifty (foto a sinistra), progetto Ceccarelli, si nota come sia presente uno spigolo, redan, che è più netto proprio nella parte anteriore della barca, ma abbastanza alto sull’acqua. La sua funzione, oltre ad aumentare il volume interno, è di entrare in azione a barca sbandata e soprattutt­o deviare l’acqua quando si naviga con onda. Più magri i volumi nella parte bassa.
 ??  ?? SPIGOLI DA CROCIERA E DA SPORTIVE
SPIGOLI DA CROCIERA E DA SPORTIVE
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