FRONTE DEL PORTO
I nuovi mostri
C’è una barca che oggi può vantare il titolo di regina degli oceani, stiamo parlando dell’Imoca 60. Una barca (lunga 18,28 metri, 20,12 fuori tutto) che verrà impiegata per il Vendée Globe (giro del mondo in solitario che partirà a novembre del 2020) e per The Ocean Race (giro del mondo in equipaggio che partirà nell’autunno del 2021). Una classe che vanta una salute e un’attività mai viste prime, basti pensare che solo nel 2019 sono stati varati ben 8 Imoca 60 di nuova generazione. Una barca che sta ridefinendo i limiti della navigazione oceanica, andando a esplorare velocità mai viste prima. Gli Imoca puntano a un giro del mondo in 70 giorni, che sarebbe un tempo praticamente fantascientifico.
Per conoscere meglio questi nuovi “mostri”, Emilio Martinelli ha intervistato per Top Yacht Design (una delle riviste della nostra casa editrice n.d.r.) i tre progettisti guru della classe: Vincent Lauriot Prévost dello studio VPLP che ha varato Hugo Boss, Guillaume Verdier che ha varato Apivia (vincitore della Transat Jacques Vabre) e Advens for Cybersecurity e Juan Kouyoumdjian che firma Arkea Paprec ed è impegnato nella costruzione (varo nel 2020) di Corum d’Epargne.
Partiamo da una definizione: cosa si intende per barche di nuova generazione? Ci viene in aiuto Vincent Lauriot Prévost: “Molto semplicemente la nuova generazione di Imoca è composta di barche progettate attorno ai foil che non sono un optional ma al centro del design”. I foil cambiano quindi prospettiva: se nella prima generazione di Imoca foiler erano un’assistenza alla navigazione, oggi diventano una parte centrale del progetto, e anzi le forme dello scafo vengono studiate in base alla grandezza e alle geometrie dei foil e non viceversa. Juan Kouyoumdjian puntualizza: “di nuova generazione perché progettate secondo la regola di stazza pubblicata dopo il Vendée Globe 2017, che autorizza un secondo grado di libertà dei foil. Oltre a potersi muovere, dentro e fuori lo scafo, è possibile un altro asse su cui muoverli, nella maggior parte dei casi uno verticale per portare in avanti o indietro il foil”.
NON SOLO FOIL
Quali sono, oltre ai foil, gli elementi caratterizzanti di questi nuovi Imoca? Secondo Guillaume Verdier sono “la forma aerodinamica delle barche, la tuga come elemento di protezione dell’equipaggio, le sezioni dello scafo più o meno piene avanti o tonde, e il piano velico”. Lauriot Prévost scende più nel dettaglio: “Il profilo anteriore è pensato per ridurre la superficie esposta al vento. La circolazione di onde e schiuma in coperta, che è piatta, è facilitata dell’assenza di una vera tuga. Questo permette di abbassare il centro di gravità generale e creare un reale piano aerodinamico tra boma e coperta. Inoltre, non c’è un vero pozzetto di poppa e la zona di manovra è coperta e protetta”.
Secondo Juan K: “La scelta del tipo di foil e la coperta sono elementi molto evidenti perché si possono vedere i volumi e come lo skipper vuole gestire la barca e manovrare le vele. Come si può già vedere la tuga di Arkea Paprec ha una serie di finestrature verso prua e mentre su Corum d’Epargne si è deciso di farne senza”, a conferma che sono anche le scelte degli skipper e le loro visioni a determinare la barca.
VERSO IL FUTURO
Ma quali passi avanti potrebbe ancora fare la classe Imoca? Cosa potrebbe assorbire ancora dal mondo dei foil? Un tassello in effetti è ancora mancante.
Secondo Prévost: “I prossimi Imoca, dovrebbero, se la regola di classe lo permetterà, avere dei piani di sostentamento sotto i timoni (a T rovesciata, ndr) per facilitare il controllo in volo. Poi le zone dove sta l’equipaggio e di manovra saranno sempre più protette e le manovre in coperta sempre meno frequenti”.
Un’idea fermamente condivisa anche dagli altri due progettisti: “Mancano i timoni a T rovesciata. Oggi è come pilotare un aereo senza impennaggi di coda che regolano la stabilità di volo. È un peccato. Andremmo 6 nodi di più e sarebbe meno pericoloso”, spiega Verdier.
Sulla stessa falsa riga Juan K: “Due elementi saranno fondamentali. Innanzitutto, i timoni a T con flap, per un controllo molto migliore in volo. Quindi, autorizzare una maggiore libertà nel controllo dei foil, anche se i sistemi saranno più costosi, fornirà ai team un modo efficiente per trovare il giusto equilibrio senza cambiare foil, cosa che è di gran lunga più onerosa”.
“La nuova generazione di Imoca 60 è composta da barche progettate attorno ai foil e non viceversa”
UN CAMBIO DI PROSPETTIVA
In definitiva quella degli Imoca 60 può essere considerata una rivoluzione. L’opera viva ormai non è solo quella immersa, ma anche quella a contatto con l’aria data la fondamentale importanza dei profili aerodinamici del ponte.
L’avvento dei foil, nelle loro varie forme e nei loro differenti impieghi, ha innescato un aumento esponenziale della velocità sulle barche che li impiegano. Se le appendici giocano un ruolo cruciale nel loro lavoro sott’acqua, con il foiling una sempre maggiore porzione di barca è fuori dall’acqua e la forma di ciò che non è immerso va studiata con nuova attenzione. Più aumenta le velocità, più vanno curati i dettagli aerodinamici. Ed ecco che ciò che veniva considerato un tempo come “opera morta” assume un nuovo ruolo, diventa cruciale per la performance della barca, diventa in pratica opera viva. Proprio come in Formula 1 quindi, dove l’aerodinamica è importante tanto quanto la potenza e l’affidabilità del motore, sull’opera morta si sviluppano intuizioni e soluzioni di design che possono cambiare anche in maniera radicale le velocità della barca.
Non è un caso, come vi mostreremo nelle pagine seguenti, che i progettisti abbiano dato grande importanza allo studio aerodinamico dei volumi anteriori. Negli Imoca non foiler le prue erano molto simili tra loro, quasi standardizzate, o comunque con differenze non eclatanti. Oggi la ricerca progettuale invece ha sviluppato soluzioni avanzate decisamente originali, che rendono le barche anche molto diverse l’una dall’altra. I concetti di fondo sono vari. In condizioni di vento medio e onda non troppo formata occorre decollare sui foil il prima possibile e avere quindi superfici non immerse che diminuiscano l’attrito. Al tempo stesso serve un ponte in grado di fare defluire velocemente l’acqua per non appesantire la barca. E quando c’è onda molto formata? In questo caso l’importante è ridurre i danni della discesa dai foil e del conseguente impatto. I profili nella parte bassa della prua diventano larghi ed estremamente potenti. Sotto la prua rispuntano i volumi che sono invece stati scavati via dalla coperta. A seconda che si punti più su uno o l’altro di questi fattori, i progettisti danno una risposta. Le barche si evolvono, la vela anche. Gli Imoca 60 sono l’avanguardia di questo cambiamento.