CI METTE LA FACCIA
Il manager velista che vuole cambiare il mondo
Da luglio scorso il norvegese Knut Frostad è il nuovo Presidente e CEO di Navico, il colosso di elettronica che raduna i marchi B&G, Simrad, Lowrance e C-Map. Frostad, ex CEO della Volvo Ocean Race (il giro del mondo in equipaggio a cui ha saputo dare nuova vita e un format più appetibile al grande pubblico), forte di una lunga esperienza velica e oceanica (due campagne olimpiche nel 1988 e 1992, tre giri del mondo), ha le idee ben chiare per il futuro di Navico. Cosa porti in Navico della tua esperienza di marinaio? Innanzitutto la passione. Come chiunque si avvicini al mondo del mare: non importa se sia per la vela, per le barche a motore, per la pesca. è tutta una questione emozionale: e se non sei tu stesso un appassionato, è difficile riuscire a trasmettere la passione nel prodotto che vuoi vendere. La barca non è una macchina. Nessuno compra una barca per muoversi dal punto A al punto B: l’armatore compra la barca perché la vuole utilizzare in quelle che sono le sue cinque settimane migliori dell’anno. Capire questo è fondamentale in questo business.
Oltre la passione?
Ho lavorato molto nel mondo della tecnologia. Ad esempio, nell’ambito della Volvo Ocean Race, abbiamo sviluppato al massimo la possibilità di trasmettere contenuti giornalieri dalle barche in mezzo agli oceani a terra. Video, audio, file, droni: eravamo all’avanguardia e in prima linea. E così voglio che sia in Navico, soprattutto nel campo della ‘barca 2.0’, la cosiddetta barca connessa.
Testi personalmente gli strumenti da voi sviluppati?
Si, li provo tutti. Così, quando incontro un cliente, so di non raccontargli frottole (ride, ndr). La parte più interessante del nostro settore è che i clienti sono esperti nelle loro rispettive attività (pesca, vela…). Senza credibilità, non vendi il prodotto. Prenderò spunto dal lavoro fatto per la Volvo Ocean Race, voglio che la nostra azienda sappia comunicare sé stessa sempre meglio. Bisogna sapersi raccontare.
Oggi è molto di moda la barca “connessa”
L’integrazione è tutto, ma occhio. Non bisogna prendere eccessivamente spunto dal mondo dell’automotive: lì tutto sta diventando integrato automatico, presto avremo auto che si guideranno da sole, senza volante. E andrà bene così, perché chi compra una macchina, nella stragrande maggioranza dei casi, la considera un mezzo. Immaginate se accadesse lo stesso nel mondo delle barche: ‘da oggi produciamo le barche senza timone, perché la tecnologia permette che si governino da sole’. Sarebbe la fine della nautica, perché qui il piacere sta proprio nella navigazione e nella conduzione: nella soddisfazione di essere ‘i comandanti’ della propria barca! Bisogna trovare il giusto equilibrio tra integrazione, connettività, innovazione senza intaccare il valore dell’esperienza reale della vita di bordo. Noi vogliamo rendere migliore l’esperienza in barca, ma senza sostituirci al comandante.
Navico raduna quattro brand: quale di questi, potrà svilupparsi maggiormente? Il brand che secondo me ha maggiore potenziale è Simrad. Le barche stanno diventando sempre più grandi e sempre più ‘connesse’: il mercato delle imbarcazioni a motore è molto più grande di quello della vela, il rapporto è quasi di 10:1. Molto più lentamente, anche il mondo della vela è in crescita e anche qui le barche aumentano
“Nessuno compra una barca per muoversi dal punto A al punto B: non è una macchina. è una questione emozionale”
di dimensione e richiedono un’elettronica più capillare.
Sempre più barche a motore nel futuro?
Con il tema della ecosostenibilità che - per fortuna - è diventato molto ‘caldo’, chissà che la gente non inizi ad andare di più a vela. Perché no?
A proposito di sostenibilità: è un argomento che ti sta molto a cuore…
E’ uno dei pilastri strategici della mia filosofia. Con Navico stiamo puntando molto sul tema, abbiamo progetti ambiziosi e prima di fare proclami abbiamo ancora del lavoro da fare. Intanto, per quanto riguarda il Mediterraneo, siamo orgogliosi di essere entrati come partner del progetto Medplastic da voi sviluppato. Ci ha colpito l’entusiasmo e il numero dei ‘cacciatori’ di plastica in barca che avete coinvolto negli ultimi due anni e che hanno raccolto rifiuti in giro per le vostre coste.
Come può essere sostenibile un colosso dell’elettronica di bordo come Navico?
Il primo step è far sì che il proprio business sia sostenibile: ovvero limitare al massimo i danni all’ambiente creati dalla propria attività, mettendo in pratica le ‘basi’. Riduzione massima delle emissioni e dei rifiuti, eliminazione della plastica monouso nel processo produttivo. Il secondo passo, per me, sono le persone che lavorano in Navico, più di 1.000: è importante sviluppare una cultura di rispetto dell’ambiente e di sostenibilità interna all’azienda.
Come lo stai facendo?
La mia ricetta per vivere una vita felice, professionalmente parlando, ha due ingredienti: della passione abbiamo già parlato, l’altro è avere uno scopo. In Navico la passione c’è già, lo scopo è qualcosa che va oltre il business: è il sapere di star facendo qualcosa di buono per il mondo. Nei primi cinque mesi di incarico ho girato le varie sedi dell’azienda nel mondo e ho scoperto che la maggior parte delle domande che mi ponevano i dipendenti erano relative alla sostenibilità più che ai prodotti. Sono nati così tanti nuovi progetti. Pulizia delle spiagge in California, in Messico, in Nuova Zelanda, in Australia, progetti per rendere i package dei prodotti a impatto zero, studi sui materiali, sul fine vita dei prodotti e su come realizzare un’economia circolare completa. In Cina hanno iniziato a riciclare gli scarti di fabbrica. E’ bastato parlare con loro e chiedere cosa volessero fare per l’ambiente: e hanno iniziato a farlo di loro spontanea volontà. Proprio noi che lavoriamo sul mare e sui laghi e ci rendiamo conto che la situazione di inquinamento è disastrosa dobbiamo fare qualcosa per proteggerli. Una “task” mica tanto facile.
Il problema della comunità scientifica è la mancanza di dati. Non è facile ‘misurare’ lo stato di salute degli oceani. Senza dati, non puoi comunicare efficacemente che ci sia un problema. Ecco perché possiamo giocare un ruolo chiave.
Su ogni barca che equipaggiamo, possiamo installare sonar ed ecoscandagli per trovare i pesci. Immaginate se potessimo usarli per trovare plastiche e microplastiche o raccogliere campioni di acqua. Questo è il mio sogno, la mia visione. Stiamo studiando quale sia la migliore tecnologia che lo possa consentire, sul breve e sul lungo termine. Pensate cosa si potrebbe fare con migliaia e migliaia di imbarcazioni intorno al mondo (lo scorso anno noi abbiamo equipaggiato circa 3.000 barche). Davvero, possiamo cambiare il mondo. Eugenio Ruocco
“Il mio sogno è equipaggiare le barche con dispositivi per campionare le acque e trovare le microplastiche”