LE BARCHE LE FACCIO COME VOGLIO IO!
Michael Schmidt si racconta. Dalle (quasi) Olimpiadi da sportivo al successo planetario come imprenditore, il numero uno di Y Yachts ci racconta i successi del suo passato e gli obiettivi del suo futuro
senza dubbio, e da almeno trent’anni, una delle menti più geniali della cantieristica tedesca e della nautica mondiale. Dopo aver fondato un colosso della vela – e uno dei cantieri più importanti al mondo nelle barche di serie - come Hanse, è adesso il patron di un nuovo brand di successo, anche se totalmente diverso dal precedente. Stiamo parlando di Y Yachts, cantiere specializzato nella produzione di barche di lusso senza compromessi. Tutto questo e non solo, basti pensare che come sportivo è stato a un passo dal partecipare alle Olimpiadi, è Michael Schmidt: e per farci raccontare e per farvi scoprire tutto della sua vita a vela lo abbiamo intervistato nell’ambito della Milano Yachting Week, il salone nautico digitale griffato Giornale della Vela, navigando sul cui sito è appunto possibile ammirare anche le ultime creazioni del geniale tedesco, ovvero le barche della gamma Y Yachts.
PARTIAMO DALLA FINE
Per capire bene la sua storia partiamo dalla fine, da oggi: nonostante il complicato momento che tutto il mondo sta vivendo per colpa della pandemia, Michael Schmidt ha tutta l’aria di essere un uomo che ha la fortuna (e la bravura...) di fare solo quello che gli piace e cioè di costruire soltanto le barche che in qualche modo lo affascinano. Sguardo affilato e sorriso contagioso, è quasi impossibile non sentirsi a proprio agio chiacchierando con lui, nonostante sia stato, e sia tutt’ora, uno dei più grandi protagonisti della nautica degli ultimi quattro decenni. “Quello di Hanse – ci ha raccontato - è stato un capitolo importante della mia vita, anche perché è durato molti anni, ma non è stato certo l’unico e neppure il primo della mia vita dedicato alla mia grande passione, la vela”. Prima velista e regatante, protagonista delle sfide tedesche all’Admiral’s Cup negli anni Ottanta, poi manager e costruttore di barche, e ancora ideatore di un marchio “visionario” come Y Yachts, Michael Schmidt è un uomo che nel suo lavoro è riuscito a coniugare alla perfezione passione e business.
LA PASSIONE PRIMA DI TUTTO
“Quella per la vela è una passione iniziata alla fine degli anni Cinquanta quando grazie ai miei genitori ho seguito la mia prima scuola di vela. È stato allora che ho imparato come proprio il poter contare su una forte passione possa essere il primo stimolo per riuscire A cura di Davide Deponti e Bacci Del Buono È
in qualcosa. Parliamo tra l’altro di un’epoca nella quale si usavano per i bambini barche semplicissime con l’albero fatto con un legno di bambù, mentre oggi, anche per i più piccoli, i genitori quando è possibile vogliono usare barche super tecnologiche. Ma è la passione che conta più di tutto ed è quella che va scoperta: e se c’è, come è stato chiarissimo subito nel mio caso, basta anche una tavola di legno scassata per divertirsi a navigare. Successivamente, come è successo a me, arriva anche la voglia di competere: e sempre grazie all’appoggio della mia famiglia ho iniziato a regatare ogni fine settimana. Finché a casa, grazie all’aiuto di mio padre, abbiamo realizzato una barca che potesse davvero fare risultati, una deriva. Così, sempre partendo dalla grande passione mai mancata, ho potuto avere successo nelle competizioni nautiche. Addirittura sono arrivato a un passo dal partecipare alle Olimpiadi di Monaco 1972: a quel tempo facevo parte di un gruppo di appassionati, una vera “comunità” di velisti nella quale c’erano anche persone oggi importanti per il settore”.
DALLO SPORT AL BUSINESS
Dallo sport al business, un passaggio naturale per Michael Schmidt. “Far della passione anche un lavoro non è stato per nulla complesso ma solo una sorta di proseguimento del mio percorso all’interno di una cosa che mi piace e che amo da sempre come è la vela. Ero in Canada per una regata e ho conosciuto i manager di C&C Yachts che all’epoca era forse il più grande costruttore di barche al mondo. Parlando con loro è venuto spontaneo pensare di poter creare un’attività anche in Europa: così in poco tempo è nato il primo cantiere di C&C, a Kiel in Germania. Da subito è stato un grande successo ma dopo un po’ l’incantesimo si è spezzato perché i canadesi
“È la passione che conta più di tutto: e se c’è, basta una tavola di legno scassata per divertirsi a navigare”
hanno voluto mandare un loro manager a gestire l’azienda. Così ho deciso di andarmene e ho aperto una mia società di broker nautico: certo resta il fatto che da C&C ha portato a casa la mia prima importante esperienza “industriale”. Un periodo eccezionale che mi ha permesso di capire bene le logiche di funzionamento di un cantiere come azienda e che mi è servito poi tantissimo nei business successivi”.
SCHMIDT E L’INTUIZIONE HANSE Siamo arrivati infatti alla fine degli anni Ottanta quando Michael Schmidt fiuta il momento positivo post caduta del Muro di Berlino e in quella che era stata la Germania Est, a Greifswald, fonda nel 1990, in un vecchio capannone, il cantiere Hanse. L’obiettivo è chiaro: le barche da crociera pura fino a quel momento erano lente e a volte poco al passo con i tempi. Schmidt vuole proporre qualcosa di nuovo, non delle barche da regata, ma dei modelli comodi che navigassero anche molto bene, ma a patto che costassero poco. Per fare questo serve appunto un modello di
produzione industriale e dei designer innovativi: la scelta ricade su due nomi che da lì a poco sarebbero diventati importanti: Friedrich Judel e Rolf Vrolijk. “Come è nata Hanse?”, racconta, “Con l’idea di fare qualcosa di completamente nuovo perché all’epoca c’erano barche da regata con zero comfort e barche da crociera comodissime ma lente”. Ma prima di arrivare ad Hanse ha fatto un passaggio intermedio: “Nel 1982 ho costruito la prima barca a vela interamente in fibra di carbonio (mentre prima si usava l’alluminio) e poi ho continuato a realizzare barche per l’Admiral’s Cup. Solo dopo l’unificazione della Germania ho pensato di rilevare un nuovo cantiere in quella che era l’ex Germania Est e “sfruttare” la voglia di rivincita e di ripartenza che si respirava alla grande laggiù. Per il mondo della vela poi era quello un periodo di cambiamento nel quale la passione per le competizioni stava scemando e allora ci siamo detti perché non costruire delle barche a vela nelle quali un vero appassionato possa al tempo stesso divertirsi a navigare, ma allo stesso tempo portando anche la sua famiglia in barca.
Servivano quindi dei modelli che fossero confortevoli e con tutte le comodità in abbinamento alle prestazioni. Una parte importante del lavoro che abbiamo fatto all’epoca allora è stato quello di realizzare delle barche veramente customizzate sulle esigenze di ogni cliente, mentre nei nostri competitor i processi di costruzione erano molto più standardizzati”.
“NON MI STAVO DIVERTENDO PIÙ”
Dopo vent’anni di successi costanti è ora di cambiare e nel 2011 Michael Schmidt decide di vendere Hanse. Ma per fare cosa? Vuole continuare a creare barche, ma questa volta non avendo il mercato come focus principale. Vuole semplicemente produrre le “sue” barche, quelle che piacciono a lui, barche dal design ricercatissimo, con tocchi stilistici non convenzionali, veloci e insieme lussuose. È da questa vision fuori dal comune allora che nasce Y Yachts, brand che in questi primi anni di vita ha già avuto tra i suoi protagonisti designer come Lorenzo Argento, Luca Brenta, l’ar
chistar David Chipperfield tra gli altri. “Quando ho deciso di chiudere con Hanse? Quando ho capito che non mi stavo più divertendo. Perché per me questo lavoro è sempre stato innanzitutto un modo per sfogare la mia creatività, facendo quello che mi piace fare, cioè creare delle barche uniche. Al punto in cui era arrivata però Hanse era diventata una realtà talmente grande che era andata un po’ oltre a questo mio desiderio di creazione. Allora ho preso la decisione di lasciare”. Ma non di andare in pensione...
LA RICERCA DELLA BARCA PERFETTA “Diciamo che è stato un percorso nuovo che mi ha portato a Y Yachts. Non è stata insomma una rotta voluta e una scelta direttamente consapevole. Dopo aver lasciato Hanse ero contentissimo di tornare a navigare e di tornare in mare a seguire la mia passione. Proprio facendo questo però mi sono accorto che non trovavo una barca adatta al tipo di navigazione che volevo fare. Volevo una barca che navigasse a vela anche con soli 5 nodi di vento ma che non fosse una barca complicata con un numeroso equipaggio e una struttura troppo complessa da gestire. Così quando ho conosciuto Lorenzo Argento gli ho chiesto di pensare per me a una barca con queste caratteristiche. Ed è quindi da qui poi che siamo ripartiti con una nuova avventura imprenditoriale. Quella nata per realizzare imbarcazioni davvero nuove, che fossero insieme lussuose e performanti. E soprattutto perché dopo avere costruito la prima per me, mi è stato chiesto da molti “dai fanne una anche per me”. A questo punto al percorso si è aggiunto un altro tassello. Eravamo nel 2015 e i processi di digitalizzazione erano entrati in modo talmente forte in tutti gli ambiti dell’industria e della produzione che ho pensato che mi sarebbe piaciuto in questa nuova avventura puntare proprio sull’incorporare al massimo questo elemento innovativo nel lavoro del nuovo cantiere”.
“Per me questo lavoro è sempre stato innanzitutto un modo per sfogare la mia creatività, facendo quello che mi piace fare, cioè creare delle barche uniche”
UN CANTIERE “TAILOR MADE”
“Da tutto ciò quindi spero si capisca come quello di Y Yachts è stato un business che è nato con una filosofia
completamente diversa da tutto quello che avevo fatto in precedenza. Certo alla base c’è sempre il mio amore per le barche e il mio desiderio di costruirne sempre di belle e nuove, ma ora con un’ottica diversa. Se Hanse era un brand nato per costruire volumi di barche importanti per reggersi in una scala economica grande, Y Yachts è invece un progetto nel quale ci concentriamo solo su un tipo unico di barche, monoscafi da 70 a 100 piedi. E con un nuovo modo di costruire, nel quale a ogni singola barca viene dedicato tantissimo tempo sia in fase di progettazione che di costruzione. Perché la filosofia alla base è che per fare un grande progetto bisogna dedicargli tanto tempo e tanto amore per riuscire a portarlo a termine del modo giusto e corretto, pianificando alla perfezione ogni singolo elemento di quella barca. Per questo con Y Yachts vogliamo costruire un massimo di 6 o 7 barche all’anno in modo da seguire ogni singolo modello passo passo per realizzarlo alla perfezione. Non è più un’azienda multinazionale ma un cantiere che lavora su misura per capire e interpretare i desideri del cliente, con passione e feeling. E dopo 36 mesi di lavoro ci si ritrova proprio col cliente a bere un bicchiere di vino insieme e insieme si gode del percorso fatto per creare un modello unico. Questo insomma è un modello di business che è nato si per fare profitti ma non per farli a discapito della realizzazione dei sogni dei clienti. Preferiamo guadagnare un po’ di meno ma creare barche che soddisfino al 100% i desideri di un armatore, il quale resta in contatto con noi per ogni esigenza sempre anche dopo la fine della garanzia. È il nostro modo di mostrare l’amore che abbiamo per questo lavoro e per le barche che realizziamo”.
NEL FUTURO? NIENTE CATAMARANI
Una filosofia che spiega perfettamente l’anima di uno dei più recenti modelli del cantiere: quell’Y7 che nasce per essere originale e anti convenzionale. Una barca che nasce appunto per essere veloce e leggera ma allo stesso tempo per avere un’estetica che la distingua da tutte le altre. Sulla quale il lusso sta nell’avere superfici esterne dove per metri e metri non si incontra nulla (non una puleggia, non una sovrastruttura di troppo), o arredamenti interni dove prima di tutto viene ricercata la funzionalità di ogni elemento e il suo essere “marino” senza trasformarsi nell’arredo di una casa galleggiante.
“Il futuro di Y Yachts? Per me – conclude sornione Michael Schmidt – resta la progettazione di monoscafi. Perché nonostante il grande successo recente dei catamarani, loro sono e restano sempre le “vere” barche a vela e credo che il vero segreto del successo dei nostri modelli sia la loro semplicità di uso in un’atmosfera del tutto nautica. D’altronde siamo in un’epoca nella quale siamo oramai tutti abituati al fatto che con poche app su uno smartphone è possibile fare quasi tutto quello che riguarda la propria vita con facilità”.
Il confronto tra catamarani e monoscafi, appassiona gli amanti della vela da sempre. Molto è stato scritto, le differenze in navigazione e di vita a bordo sono innumerevoli quanto lo sono i gusti dei velisti e le esigenze degli armatori. Senza cadere dunque nella tentazione di pronunciarci in sentenze, abbiamo raccolto dieci domande ricorrenti nel dibattito tra catamaranisti e monoscafisti, e cercato le risposte guardando alla realtà del diporto da crociera. Il mercato dei multiscafi è in continua espansione, se ne vedono sempre di più sia nelle destinazioni da sogno proposte dai charter che in molti porti attrezzati del mediterraneo. Leggendo questo articolo, capirete perché e sfateremo qualche mito.