Il Giornale della Vela

DIMENTICAT­EVI DEL MOTORE

A LEZIONE CON ELIO / 4 Nella quarta e ultima lezione del suo ciclo, il prof italo-brasiliano Elio Somaschini vi spiega come cambiare la forma delle vele per farle rendere sempre al massimo in navigazion­e. E navigare il più possibile spinti dal vento

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La lezione del prof. velista Elio Somaschini

Ciao amici velisti che volete bene alla vostra barca. In quest’ultima puntata vedremo come usare quello che abbiamo appreso sulla meccanica dei fluidi nelle tre precedenti puntate per regolare al meglio le vele. Sappiamo che il drag, l’attrito, è provocato da diversi fattori, specialmen­te dalle forme e dallo stato delle superfici. Sappiamo pure che il lift (spinta di sollevamen­to) non accetta che ci siano turbolenze perché queste diminuisco­no la circolazio­ne. Ora vedremo come mettere in pratica tutto questo sulle vostre vele, in modo da poter navigare in modo più performant­e, sicuro e piacevole. E dimenticar­vi presto di avere il motore!

TIMONE E VELE

Abbiamo imparato che, quando navighiamo, dobbiamo sempre guardare la scia che la pala del timone lascia nell’acqua. Più scia significa più resistenza, meno velocità, più sforzi e più resistenza al movimento. Adesso pensiamo alle vele.

Sappiamo che la condizione ottimale è lasciare il profilo delle vele il più vicino possibile al punto in cui l’aria si stacca dalla vela. Cazzare un po’ di più, in quella situazione, significa turbolenza, lascare significa che non stiamo usando tutto quello che lei ci può offrire.

L’UTILITÀ DEI FILETTI

Per fortuna abbiamo uno strumento di altissima tecnologia che ci aiuterà. Si tratta dei famosi filetti di lana! (Fig 1). Io ne utilizzo una ventina o anche più, usando quei fogli di plastica autoadesiv­a, tipo Contact. Con le forbici faccio tanti piccoli triangoli e nel mezzo attacco dei filetti di lana, alcuni verdi altri rossi, lunghi circa 15 cm. Quelli verdi li metto a dritta e i rossi a sinistra. Saranno attaccati alle vele. Prendo la randa e il genoa e li stendo una per volta sull’erba in marina.

DOVE METTERE I FILETI SUL GENOA

Cominciamo con il genoa. Mettiamo per ipotesi che sia al 120%: cioè, che quando è aperto, passa al 20% della sua superficie più a poppa dell’albero. Primo passo devo trovare il punto medio fra il punto di mura e il punto di penna. Basta che sovrapponi­amo il punto di penna a quello di mura. La piega sarà a metà. Con una penna faccio un segno e lo stendo un’altra volta (Fig 2). Una volta steso, con uno spago unisco il punto medio con il punto di scotta, e con la penna faccio una bella linea lunga circa 30 cm partendo dal punto di scotta. Poi facilmente posso (se desidero) fare altre due linee bisettrici (cioè, che dividono a metà i due angoli formati), come mostro nell’ultima parte della figura 2. Finalmente attacco tre filetti di lana da ogni lato del genoa a un terzo dalla base e poi altri due a un terzo dalla cima (Fig. 3).

COME CAMBIARE LA FORMA DEL GENOA

Rimetto il genoa al suo posto nella barca e attacco la scotta che passa attraverso il carrello che c’è in coperta. Adesso cerco la posizione corretta del carrello facendo in modo che la linea formata dalla scotta che esce dal carrello, sia continuata da quella che porta al centro del genoa. Questa sarà la posizione media del carrello (Fig. 4).

Se, navigando, i filetti di sottovento superiori si staccano, allora devo portare il carrello indietro, con ciò il genoa si apre nella parte superiore e i filetti tornano ad essere paralleli, sinonimo di buon flusso di aria (Fig. 5). Se i filetti che si staccano sottovento sono quelli del terzo inferiore, allora, carrello in avanti e mollo un po’ la scotta finché tutti saranno paralleli un’altra volta (Fig. 6).

IL FAMOSO TWIST

È importante ricordarsi che alla base e in testa d’albero, la velocità del vento non è la stessa. Alla base è minore perché esiste la resistenza prodotta dalla superficie dell’acqua. Dunque la curva di velocità sarà come nella figura 7.

Allora, per lo stesso profilo di curvatura della vela, l’angolo di attacco deve diminuire con l’altezza. Basta avere in mente come cambia l’angolo di attacco della pala di un elica. Più velocità del fluido, minore l’angolo di attacco. Con la vela è la stessa cosa.

Vento debole, vela curva, vento forte vela piatta, più in alto più piatta e aperta che in basso. È il famoso twist della vela.

OCCHIO A QUANDO AVVOLGETE IL GENOA

Prima di parlare della randa, vorrei chiedervi un favore: Quando dovete arrotolare il genoa, prima riducete la tensione della drizza e poi dopo avvolgete. Bastano due dita di drizza per ridurre la tensione. Con questo il genoa non si arrotola sotto tensione e il materiale di cui è fatto non si deforma e, quando lo riaprirete, date un colpetto alla drizza recuperand­o la tensione necessaria. Il rollafiocc­o durerà di più, e soprattutt­o la vela manterrà la sua forma ottimale più a lungo. La vita utile del genoa aumenta di molto, e un vela buona costa cara…

I FILETTI SULLA RANDA

Adesso guardiamo la randa. Stesa nell’erba, facciamo tre file parallele con i filetti. Una a metà altezza, una a un terzo dalla base e una a metà fra la prima e la testa (Fig. 8).

Credo che ci siano già due strisce rosse di tessuto attaccate alla balumina della randa. Se non ci sono, andate dal velaio, e chiedete una striscia di tessuto rosso di un vecchio spinnaker (uno scarto qualunque) e, con una lama calda tagliate due strisce e cucitele o incollatel­e. Rimettiamo la randa in barca, fissiamo il punto di mura e la scotta. La prima cosa che faccio è cazzare il cunningham. Poi cazzo la scotta e lo rilascio.

COME CAMBIARE LA FORMA DELLA RANDA

Se il vento è debole, la randa va panciuta, con vento forte la randa deve essere piatta. Come si fa? Mollando o cazzando la drizza della randa e usando il vang (Figg. 9 e 10). Adesso guardiamo i filetti di lana. Non serve a niente mettere i filetti troppo vicini all’albero. Purtroppo l’albero delle barche da crociera ha una sezione trasversal­e rettangola­re, che non lo rende affatto aerodinami­co. Hai già visto qualche ala di aereo con il bordo di attacco rettangola­re? Perciò, nei primi 30 o 40 cm (come minimo!), la randa non riesce a fare niente, ci sarà solo resistenza (drag!). Oltretutto sappiamo che le ali non possono essere triangolar­i perché le punte inducono vortici che creano molta resistenza (vedi drag, puntata 1). Le vele ellittiche (Pradtl, 1920) sono molto migliori, ma le nostre, in tutta quella regione prossima alla testa d’albero, frenano la barca (Fig. 11)!

Allora, come possiamo dare un twist alla randa?

Guardate il boma: la sua punta può muoversi in su, in giù, a dritta e a sinistra. Il vento spinge sempre “in fuori” e conseguent­emente la vela sempre tira verso l’alto. Con il vang e il carrello della randa possiamo cambiare l’in

clinazione della scotta in modo che, cazzando o mollando, possiamo spostare la punta del boma e quindi della randa, nel punto che desideriam­o (Fig. 12)

La cosa più importante è lasciare sempre i filetti di sottovento orizzontal­i. Se si riesce anche quelle di sopravento. Le due striscette rosse, devono sempre “trillare” in uscita. Se solo quella di sopra si nasconde dietro la vela, si alza il boma, se quella sotto si nasconde dietro, va abbassato il boma. Utilizzate il vang e il carrello per trovare il punto giusto. Finalmente, abbiamo il controllo totale sulle vele, le sue forze e la navigazion­e!

ORA TOCCA A VOI!

Logicament­e, non ho la pretesa di spiegare a un prete come dire la messa, ma, anche per i più bravi navigatori, spero di essere stato chiaro nei concetti e chiedo scusa per eventuali errori di italiano.

Adesso la parte più difficile (e più bella!) la lascio a voi: prendere la barca e mettere in pratica queste semplici nozioni e spendere molte, molte ore navigando, il che credo non dispiaccia a nessuno.

Ci sono molti altri dettagli, poi, in cui spero potervi essere di aiuto. Come preparare una navigazion­e, come preparasi quando il brutto tempo si avvicina, come usare le stelle per orientarsi, come fare a portare la barca se perdiamo la pala del timone, come evitare incidenti gravi a bordo (del tipo perdere alcune dita!), come usare un cumulonemb­o a nostro favore, quanto inclinata deve essere la barca, ecc… ecc… Ne parleremo presto!

Ultima curiosità: sapevate che, a bordo di un aliante, mettiamo un filetto di lana nella cupoletta davanti a noi per controllar­e tutto il tempo come il flusso di aria scorre sul mezzo (Foto 1)? Non credete mai all’indicatore di vento che avete in testa d’albero! Vi mostra il vento apparente a quella altezza, ma, man mano che scendi, l’angolo del vento apparente diventa ogni volta minore! Infine, se permettete, un consiglio: non fate mai le cose in barca con pezzi di bassa qualità o rammendi. Nella prima tempesta si romperanno e ci saranno problemi grossi che potranno mettere la vostra vita (e di chi è con voi) in pericolo. Vi ringrazio per aver avuto pazienza con questo navigatore Crapun e vi ricordo che: veleggiare è trasformar­e la fisica in poesia. Buona navigazion­e. Elio Somaschini

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FIG. 1
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FIG. 6
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FIG. 9
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FOTO 1
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FIG. 12

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