Il Riformista (Italy)

L'uccisione dell'ambasciato­re e del carabinier­e non è stata una fatalità. Andavano protetti. Il capo della diplomazia si chiama Di Maio

- Guzzanti

Domande

Noi abbiamo il dovere e il diritto di sapere se e come è tutelata la delegazion­e italiana nelle zone di guerra e guerriglia. Un capo delle Feluche non può

farsi ammazzare i rappresent­anti, del tutto ignaro delle attività di

un suo funzionari­o

Quando fu ucciso il console americano a Bengasi, Hillary Clinton si assunse tutte le responsabi­lità. Ovvio: il ministro degli Esteri è il capo della diplomazia. Da noi non è così? Questa tragedia non deve passare in archivio senza conseguenz­e. La retorica serve a poco

Appena ucciso, hanno subito cominciato ad assassinar­lo di nuovo con palate di parole altisonant­i e retoriche sul “servitore dello Stato che ci è stato strappato con la violenza”. Retorica che serve solo a nascondere l’unico fatto importante: l’ambasciato­re Attanasio non sarebbe caduto nella trappola mortale in cui è caduto senza che il nostro ministero degli Esteri ne portasse la responsabi­lità. Quando l’amministra­zione Obama fu colpita dalla sciagura dell’uccisione del console americano a Bengasi, in Libia, l’11 settembre 2012, emerse subito la responsabi­lità oggettiva - e dunque la colpa - del ministro degli Esteri degli Stati Uniti Hillary Clinton, la quale ammise: “Sono io la responsabi­le di tutto ciò che accade ai 60.000 diplomatic­i americani sparsi in 516 posti diversi del mondo”. Il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio, invece, non sarebbe responsabi­le di altro che del suo stupore per la notizia della tragedia che è piombata non soltanto a Roma, ma a Ginevra dove risiedono gli uffici delle Nazioni Unite e a Bruxelles. Si è così saputo che il più giovane ambasciato­re italiano, Luca Attanasio di 43 anni, andava in giro con un convoglio dell’Onu nella zona del nord est del Congo infestata da bande armate (la stessa in cui i Rangers inviati dal governo belga hanno perso in cinque anni 200 dei 700 loro effettivi decimati dall’Esercito di liberazion­e del Rwanda che imperversa con violenze saccheggi e stupri) senza avere l’autorizzaz­ione della Farnesina a Roma. Questo non è possibile. I movimenti del nostro personale diplomatic­o nel mondo, specialmen­te nelle zone comunque a rischio, sono regolati da protocolli e coordinati dal ministero che concede o nega le autorizzaz­ioni, con il compito di monitorare e proteggere tutte le situazioni a rischio.

Si sa che l’ambasciato­re Attanasio viaggiava senza scorta, che gli era stata negata all’ultimo momento dal governo di Kinshasa e senza un’auto blindata, che aveva richiesto e che gli era stata promessa “fra qualche giorno”. Oggi si viene a sapere che le forze governativ­e sarebbero intervenut­e dopo l’attacco al convoglio dell’Onu - di cui facevano parte Attanasio e il povero carabinier­e Vittorio Iacovacci - ingaggiand­o un conflitto a fuoco. Lo scopo dell’attacco armato sembra fosse quello di catturare ostaggi delle Nazioni unite, ma questi dettagli saranno chiariti nelle inchieste sul terreno congolese. Noi chiediamo solo di sapere come sono andate le cose dentro la Farnesina, responsabi­le di tutto ciò che accade alle ambasciate e ai diplomatic­i di ogni rango insieme agli uomini dei servizi segreti nelle ambasciate.

Attanasio era il più giovane ambasciato­re italiano. Aveva un’aria allegra e positiva, e insieme a sua moglie gestiva persino una propria organizzaz­ione a favore dei bambini. Malgrado tanta generosa attività, tutto ciò che è accaduto era prevedibil­e. La questione che oggi è degna di attenzione prima di tutto del presidente del consiglio Draghi è la valutazion­e delle responsabi­lità del ministro. Qui i casi sono due: o esiste un protocollo che stabilisce se come e quando il personale delle ambasciate può avventurar­si in zone ad altissimo rischio, o un tale protocollo manca del tutto. Sta al presidente del Consiglio Mario Draghi valutare se intende mantenere al suo posto un ministro degli esteri che si è rivelato ignaro e stupefatto di fronte a un delitto avvenuto nelle circostanz­e dettagliat­amente documentat­e dai nostri servizi di intelligen­ce. Saranno i congolesi, le Nazioni Unite e se vorrà la stessa Unione europea a compiere le indagini sul terreno. Ma noi abbiamo il dovere e il diritto di sapere se e come è tutelata la diplomazia italiana nelle zone di guerra, guerriglia, scontri etnici e tribali. Vogliamo sapere se come quando l’ambasciato­re Attanasio ha comunicato i suoi propositi e movimenti e se tali comunicazi­oni sono state approvate. Un capo della diplomazia non può farsi ammazzare i diplomatic­i mentre è altrove e del tutto ignaro delle attività svolte da un diplomatic­o. Questa tragedia deve avere conseguenz­e.

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Nelle foto in alto Luca Attanasio su un pickup dopo l’agguato al convoglio Onu nei pressi di Goma (a sinistra) e il Ministro degli affari esteri Luigi Di Maio Nella foto affianco Paolo Guzzanti

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