Il Riformista (Italy)

ELICOTTERI E TV CONTRO LA COSCA MA I MAFIOSI NON SONO MAFIOSI

Almeno per la metà degli indagati nell’inchiesta Basso profilo del crotonese, condotta da Gratteri, è caduta l’aggravante mafiosa. Sono i primi 19 che hanno fatto ricorso al Tribunale del riesame

- Tiziana Maiolo

Almeno la metà degli indagati nell’inchiesta “Basso profilo” del crotonese, condotta dal procurator­e Nicola Gratteri, non è fatta di mafiosi. Si tratta dei primi 19 indagati che hanno fatto ricorso al Tribunale del riesame, che ha annullato l’aggravante prevista dall’articolo 416 bis del codice penale.

Per chi ama la spettacola­rizzazione delle inchieste di mafia, può sembrare normale il fatto che vengano impiegati trecento poliziotti e dieci elicotteri per sgominare una cosca. Ma se, nel giro di un mese, a un gran numero di indagati che fanno ricorso al tribunale del riesame, come prima cosa viene annullata l’aggravante mafiosa, forse viene quanto meno il dubbio che il procurator­e Gratteri abbia in mano un pugno di mosche, cioè abbia fatto arrestare degli innocenti, oppure che abbia sbagliato e ingigantit­o le imputazion­i. E che abbia visto mafia anche dove non c’è.

Ormai in Calabria è un refrain quotidiano con schema fisso: prima il blitz con grande impiego di mezzi e uomini, poi la conferenza stampa in cui si annuncia la maxi-operazione contro la ‘ndrangheta “dei colletti bianchi”. Così è accaduto anche lo scorso 21 gennaio, con l’operazione “Basso profilo”, quella che aveva conquistat­o titoli sui giornali solo nelle carte c’era anche il nome di Lorenzo Cesa, il segretario dell’Udc costretto alle dimissioni da un’informazio­ne di garanzia per una colazione di quattro anni fa. Quel giorno il procurator­e di Catanzaro aveva ricordato ai giornalist­i la natura del suo schema fisso, quello tramite il quale pensa di smontare la Calabria e poi ricostruir­la come si fa con un Lego. «L’indagine di questa mattina –aveva detto- è la sintesi di quello che diciamo ormai da decenni: la ‘ndrangheta spara meno però corrompe e ha sempre più rapporti nel mondo dell’imprendito­ria e nel mondo della politica».

Nicola Gratteri sembra non avere dubbi. Se le cosche smettono di sparare non è perché il fenomeno criminale si sta attenuando, come è già successo in Sicilia dopo la sconfitta dei Corleonesi. E neanche perché per esempio quello del narcotraff­ico rimane il mercato più appetibile e che non sempre necessita la conquista dei territori con il mitra. Dalle indagini della Dda di Catanzaro pare quasi invece che la deposizion­e delle armi da parte delle famiglie di ‘ndrangheta debba per forza coincidere da parte dei boss con l’abbandono di lauti guadagni, per accontenta­rsi di operazioni di piccolo cabotaggio insieme a consiglier­i comunali e assessori di piccoli centri urbani. L’operazione che viene chiamata “Basso profilo”, ma che è stata presentata in grande spolvero, è un po’ così. Vediamo come sta andando. Parte con 49 indiziati, di cui 13 in carcere e 35 ai domiciliar­i. Viene coinvolto l’ex parlamenta­re europeo Lorenzo Cesa, proprio nei giorni in cui ancora il mondo politico è in fermento per l’ipotesi di arrivare al terzo governo di Giuseppe Conte anperché che con il coinvolgim­ento dell’Udc di cui Cesa è segretario. Il suo scalpo viene gettato nella conferenza stampa come un boccone prelibato: sarebbe stato coinvolto in una colazione in un ristorante romano dal responsabi­le regionale dell’Udc in Calabria, che lo avrebbe raggiunto con due persone che lo stavano aiutando in una campagna elettorale. L’accusa lascia intendere che si intendesse proporre a Cesa una sorta di voto di scambio ( io offro voti al tuo compagno di partito e tu mi aiuti), ma di questo non c’è prova, anche perché non c’è stata nessuna captazione della conversazi­one, essendo il segretario dell’Udc all’epoca parlamenta­re europeo. Ma la cosa significat­iva, anche per lo stesso Cesa, cui questa “sciocchezz­uola” è costata la segreteria del suo partito, è il fatto che già diciannove indagati di quell’inchiesta abbiano visto cadere nei loro confronti l’aggravante mafiosa. Ma soprattutt­o il fatto che tra questi ci sia proprio Mimmo Talarico, cioè il responsabi­le calabrese dell’Udc che aveva organizzat­o il famoso incontro a Roma. Tra l’altro i 19 sono tutti quelli che il procurator­e Gratteri ama chiamare “colletti bianchi”: ex assessori, consiglier­i comunali, commercial­isti, dipendenti regionali, notai, avvocati. E anche imprendito­ri. E’ il crollo del teorema che fondava l’inchiesta “Basso profilo” sui collegamen­ti tra la mafia crotonese e reggina, il mondo dell’impresa e la politica. E se a questo aggiungiam­o anche un certo numero di scarcerazi­oni disposte dal tribunale della libertà oltre a quella cui aveva provveduto il gip, nei confronti di un poveretto la cui voce era stata scambiata con quella di un altro solo perché ambedue si chiamavano Giuseppe, il quadro è completo.

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Nella foto Franco Gabrielli

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