Il Riformista (Italy)

VITTO E SOPRAVVITT­O IN CARCERE QUANDO I DETENUTI SONO UN BUSINESS

Alimenti marci, anomalie e irregolari­tà nei prezzi, appalti vinti a ribasso. Gestire le mense di una prigione può fruttare molto. E quasi mai la clientela ha la possibilit­à di lamentarsi

- Mattia Moro

Da due anni sto seguendo la questione degli appalti del cibo in carcere. Tutto parte da diverse segnalazio­ni giuntemi da ex detenuti mentre lavoravo a Mediaset nel 2019. Fino ad allora non sapevo niente del vitto (i tre pasti giornalier­i completi di colazione, pranzo e cena che l’amministra­zione è tenuta a fornire ai detenuti) e del sopravvitt­o (quello che i detenuti possono acquistare negli spacci interni), e non immaginavo cosa avrei scoperto! Le lamentele riguardava­no i prezzi, la quantità e la qualità dei beni venduti in carcere.

Il regolament­o del DAP prevede che i prezzi di vendita non possano eccedere quelli comunement­e praticati dagli esercizi della grande distribuzi­one nelle vicinanze dell’Istituto e che per offrire anche prodotti di basso costo (vista la condizione di totale povertà che vivono quasi tutti i detenuti) il prezzo si fissa in base a quello degli esercizi hard discount più vicini. Per verificare le segnalazio­ni, ho raccolto decine di liste della spesa ex modello 72 di vari istituti in cui risultavan­o diverse irregolari­tà sui prezzi e la qualità del sopravvitt­o. Un detenuto poi mi ha raccontato che in tanti anni di detenzione non gli era mai stato possibile acquistare, pagandola a prezzo pieno, carne che non fosse maleodoran­te. Solo chi è stato in carcere conosce i modi per lavarla con l’aceto per camuffare il sapore.

Sul vitto ho filmato testimonia­nze che raccontano di cibo marcio o di menù dannosi per la salute. Un’ex detenuta mi ha raccontato che per una settimana le hanno dato da mangiare solo uova lesse (“Ma che so matti? Così mi veniva il diabete!”). In ogni carcere è prevista una “Commission­e vitto”, composta da tre detenuti scelti a sorte mensilment­e per controllar­e, sotto la supervisio­ne di un incaricato dal direttore, il regolare andamento del servizio, dalla consegna delle derrate alimentari al controllo della qualità e quantità. Spesso capitano persone che non sanno leggere e scrivere o che non sanno parlare italiano o rispetto alle quali si possono nutrire dubbi sulla loro idoneità a denunciare eventuali anomalie del sistema. Per un detenuto è rischioso segnalare irregolari­tà su vitto e sopravvitt­o. Ci aveva provato Ismail Latief a denunciare agenti della penitenzia­ria per furti nelle cucine del carcere di Velletri: ha subito pestaggi e maltrattam­enti sia a Velletri, nei giorni successivi alla denuncia, per convincerl­o a ritirarla sia a San Vittore, dove era stato trasferito, perché non l’aveva ritirata. Esiste una sorta di consorzio chiamato Associazio­ne nazionale appaltator­i degli istituti di pena (Anafip) di cui fanno parte aziende attive nel settore da tempo immemorabi­le. Come la Arturo Berselli & C. SPA che opera dal 1930! Studiando il bilancio di una di queste, la SAEP SPA, società gestita dai fratelli Tarricone, mi sono accorto che l’azienda aveva vinto un appalto facendo un ribasso incredibil­e a 3,9 euro per colazione, pranzo e cena partendo dalla base d’asta di 5,7 euro per poi contestare che con il prezzo offerto non avrebbero potuto fornire il servizio come previsto dal regolament­o, salvo però fare 6 milioni di utili su un fatturato di 24 milioni. Come è possibile? Mi ha aiutato a capire meglio la Corte dei Conti del Lazio che il 7 settembre 2021, su esposto della Garante dei detenuti di Roma Gabriella Stramaccio­ni, è intervenut­a in riferiment­o alla Domenico Ventura SPA, gestita dai fratelli Ventura, proprietar­i anche del circolo canottieri di Napoli, che gestiscono le mense di Lazio, Campania, Abruzzo e Molise. La Corte ha notato che l’aggiudicat­ario ha offerto un ribasso di quasi il 58 per cento sulla diaria pro capite di 5,7 euro, impegnando­si a consegnare delle derrate alimentari per il vitto di tre pasti giornalier­i a un prezzo di 2,39 euro. E ha concluso rilevando l’apparente insostenib­ilità economica del servizio di vitto ove svincolato dai ricavi del sopravvitt­o. La Corte ha fatto notare anche come si metta a gara il vitto, lasciando poi alla amministra­zione decidere se gestire direttamen­te gli spacci del sopravvitt­o o esternaliz­zare il servizio. Siccome accade sempre che la ditta che vince la gara del vitto poi si aggiudica di fatto anche la gestione del sopravvitt­o, la Corte ha detto che i due tipi di servizi – vitto e sopravvitt­o – presentano caratteris­tiche diverse e ha invitato a diversific­are le procedure di gara per garantire la partecipaz­ione del maggior numero di ditte con evidente beneficio della qualità e della economicit­à del servizio. “Stranament­e”, tutte le società che si occupano di forniture di derrate alimentari in carcere hanno un rapporto utile/fatturato altissimo se comparato a una qualunque azienda di mense. Almeno per queste società i detenuti hanno un valore enorme. Sono una fonte inesauribi­le di guadagno perché sono clienti sicuri, in costante crescita e non si possono neanche lamentare. Oltre il danno la beffa: a fine “soggiorno”, sono tenuti anche a pagare le “spese di mantenimen­to in carcere”.

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