Il Riformista (Italy)

«CREDIBILIT­À, CIVISMO, EUROPA: COSÌ È TORNATO IL CENTROSINI­STRA»

- Umberto De Giovannang­eli

La vittoria di Roberto Gualtieri e le sfide che attendono il neo sindaco di Roma. Il Riformista ne parla a caldo con Roberto Morassut, deputato dem, un passato da amministra­tore del Comune di Roma, assessore all’Urbanistic­a e a Roma capitale nella giunta Veltroni. Insomma, uno che sa di che parla. È un risultato importanti­ssimo, intanto perché il centrosini­stra vince in tutte le grandi città. Si tratta di un’affermazio­ne generale dentro la quale il dato di Roma ha indubbiame­nte un’importanza ancora più forte perché segna il ritorno del centrosini­stra al governo del Campidogli­o, dopo di fatto 13 anni, se si esclude la complicata esperienza-Marino che è durata un anno e mezzo e che ha segnato comunque anche un momento drammatico per il centrosini­stra. La vittoria di Gualtieri e di un centrosini­stra allargato apre la prospettiv­a di una ricostruzi­one politica, morale, civile di una città che è arrivata al punto forse più basso dal dopoguerra nella sua vita quotidiana, nel livello dell’amministra­zione, dei servizi. È un fatto molto importante, la vittoria generalizz­ata del centrosini­stra, che avviene, secondo me, per tre componenti fondamenta­li...

Intanto perché noi abbiamo scelto dei candidati forti, credibili in tutte le città. In un momento in cui l’opinione pubblica chiede una classe dirigente affidabile, che possa condurre finalmente il Paese, l’amministra­zione, la cosa pubblica, in una direzione in cui s’investano le risorse, si facciano le opere, ci sia una prospettiv­a di uscita da questa lunga crisi sociale, economica e morale. Candidati credibili. E poi una coalizione che ha comunque saputo allargare i propri confini, nella quale il Partito democratic­o ha persino dato del suo, perché le percentual­i del Pd, ad esempio a Roma, sono percentual­i più basse del passato, ma questo avviene anche perché c’è stato un forte investimen­to sulle componenti civiche che hanno allargato il campo ma anche tolto qualcosa al Pd. E poi perché questo è un momento nel quale è cambiata la percezione dell’Europa. Nella maggioranz­a dell’opinione pubblica, delle forze produttive, dei lavoratori, si percepisce che in questa fase l’Europa è una risorsa, che dall’Europa arrivano investimen­ti pubblici, erogazione significat­iva di fondi, e che la cosa più importante da fare è saperli spendere bene e presto. Mi pare che questo elemento sia passato. E questo fatto lascia senza una politica la destra, che in questo momento si trova sguarnita. A ben vedere, il grande insuccesso della destra nasce soprattutt­o dal fatto che la carta sovranista, populista, oggi non è credibile perché si comprende molto bene che la prospettiv­a è un’altra, e certo non è quella di rinchiuder­si dentro i confini nazionali, rivendican­do chissà cosa, ma al contrario impegnarsi perché da questa nuova fase scaturisca la possibilit­à di nuova occupazion­e, di crescita economica, di giustizia sociale. La destra perde un po’ dappertutt­o perché oltre a questa difficoltà strategica, ha sbagliato i candidati. E il fallimento delle candidatur­e manifesta una profonda crisi di classe dirigente...

Io non mi permetto di dare giudizi denigrator­i verso nessuno, certo è, però, che è stato del tutto evidente, e il risultato ottenuto lo certifica spietatame­nte, che Michetti è stata una figura totalmente inadeguata per affrontare un compito così importante e impegnativ­o com’è quello di sindaco di Roma. pazione popolare, soprattutt­o nelle grandi periferie urbane. Un problema che non possiamo illuderci che sia risolvibil­e nel breve tempo. Occorre un lavoro di lunga lena. Che mette in discussion­e la stessa forma politica della rappresent­anza. Il non voto che coinvolge le grandi aree urbane fa emergere una grande questione urbana, di rappresent­anza democratic­a nelle grandi città. La riforma del soggetto politico è all’ordine del giorno. Un passaggio cruciale, che non può essere più disatteso. C’è in campo il progetto delle Agorà. Negli ultimi tempi, ho spesso sottolinea­to la necessità di una nuova fase, di un nuovo ciclo del cammino dei “Democratic­i” che sperimenti nuove e più aperte forme partecipat­ive, liberandos­i della camicia di forza dello schema partitico tradiziona­le, ma tenendo ben ferma e ben alta la bandiera della Democrazia come orizzonte di integrale e progressiv­a liberazion­e umana, superiore allo stesso Socialismo. C’è dunque un tema di riforma politico-organizzat­iva, e c’è un tema di linguaggio, di come noi intercetti­amo fasce di opinione pubblica che per certi aspetti, e in diverse realtà urbane, sono lontane dagli stessi valori tradiziona­li della sinistra. Abbiamo di fronte un universo nuovo, complesso, contraddit­torio, con cui è possibile interagire utilizzand­o al meglio l’opzione del governo, locale e nazionale. Governo come strumento del cambiament­o. Opzione decisiva per riavvicina­re certe fasce dell’opinione pubblica, per dimostrare che la democrazia, intesa come amministra­zione virtuosa della cosa pubblica, può funzionare, dare risultati e rappresent­are qualcosa di costruttiv­o che favorisca la partecipaz­ione, non solo al voto ma alla vita sociale di una comunità.

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