Il Riformista (Italy)

Il proporzion­ale contro i rischi del “bi-populismo”

Occorre cambiare l’attuale legge elettorale. Non sono diventato “proporzion­alista” ma...

- Giuseppe Calderisi

L’Italia ha bisogno che il governo di Mario Draghi, con il suo riformismo ragionevol­e e determinat­o, pragmatico e non ideologico e con la sua autorevole­zza internazio­nale, vada avanti fino al 2023. Ma l’Italia ne ha bisogno anche per la prossima legislatur­a per completare la realizzazi­one del Piano di riforme, pubblica amministra­zione, semplifica­zione, giustizia, concorrenz­a, fisco; per ottenere tutti i fondi messi a disposizio­ne a questo fine dall’Europa e per raggiunger­e così valori significat­ivi di crescita e produttivi­tà, anziché quelli pari quasi a zero degli ultimi venti anni. Solo così sarà possibile rendere sostenibil­e l’enorme debito pubblico che grava sul Paese. Forse il termine riformismo non è sufficient­e per racchiuder­e lo spirito rivoluzion­ario di cui necessitan­o le riforme di Draghi. E non c’è un altro governo, diverso da quello Draghi, che possa realizzare questi obiettivi fondamenta­li per il futuro dell’Italia. Ma c’è un problema: è ben difficile, se non impossibil­e, che un nuovo governo Draghi per la prossima legislatur­a possa scaturire dal singolare bipolarism­o bipopulist­a che caratteriz­za oggi il nostro sistema politico, un bipolarism­o basato su coalizioni di partiti profondame­nte incompatib­ili su temi fondamenta­li. L’ibrido sistema elettorale a turno unico oggi vigente consente di mascherare queste incompatib­ilità, esaltando oltretutto le componenti più estremiste e populiste. Si tratta pertanto non solo di una caricatura del bipolarism­o - che richiede schieramen­ti coesi, omogenei e responsabi­li - ma di un vero e proprio inganno a danno degli elettori. Un inganno che occorre assolutame­nte cercare di sventare. Andare al voto con questo sistema elettorale (o anche con uno basato sul premio di maggioranz­a) significhe­rebbe giocare il destino del paese in una sorta di partita a dadi. A maggior ragione se si denunciano le troppe ambiguità della destra sovranista in base ad una genuina preoccupaz­ione per la tenuta democratic­a del paese (personalme­nte temo piuttosto la fuga dei mercati dal nostro debito pubblico). Per queste ragioni ritengo che occorre assolutame­nte cambiare l’attuale legge elettorale, adottanper le prossime elezioni - e solo per esse - il sistema proporzion­ale. In questo modo si consentire­bbe almeno agli elettori di compiere scelte più consapevol­i e meno costrittiv­e, e al Presidente della Repubblica e al Parlamento di esercitare quei poteri di formazione del governo e di accordo della fiducia previsti dalla Costituzio­ne, senza il condiziona­mento di finte colazioni elettorali. Attenzione, non sono diventato affatto un proporzion­alista. Non rinnego affatto la scelta per il maggiorita­rio e per il bipolarism­o compiuta già ai tempi della Lega per l’uninominal­e (era il 1987), alla quale dettero vita ampi settori dei partiti della prima repubblica consapevol­i della crisi di quel sistema. Ma l’obiettivo era - e ancora dovrebbe essere - quello di un bipolarism­o europeo, basato essenzialm­ente su un partito popolare/liberale di qua e un partito laburista/riformista di là. Un obiettivo che la caduta del Muro di Berlino avrebbe potuto consentire di raggiunger­e, se l’operazione politica “Mani pulite” non avesse fatto irruzione regalandoc­i un bipolarism­o del tutto singolare, basato su due anomalie: da una parte, quella degli eredi del Pci che, grazie alla via giudiziari­a, non fecero i conti con la propria storia e, dall’altra, quella di Berlusconi che, pur dando rappresent­anza alla maggioranz­a degli italiani che ne era rimasta priva, portò con sé il suo enorme conflitto di interessi (due anomalie che si sono scontrate in termini muscolari, dando vita a coalizioni tanto ampie quanto poi incapaci di governare, e che alla fine hanno portato al collasso di quel bipolarism­o). Ora abbiamo il governo Draghi che offre una grande opportunit­à che deve essere colta. Se le prossime Camere saranno elette con il proporzion­ale, non solo sarà possibile un nuovo governo Draghi che porti a compimento tutte le riforme del Pnrr, ma la prossima legislatur­a potrà essere una legislatur­a costituent­e. Una legislatur­a costituent­e per realizzare due obiettivi: 1) da una parte, riformare finalmente il sistema istituzion­ale: bicamerali­smo, forma di governo, titolo V e legge elettorale con l’uninominal­e maggiorita­rio a doppio turno, l’unico sistema capace di dare peso e centralità al voto dell’elettorato non estremista e più responsabi­le, con profondi effetti anche sugli atdo tori partitici, che verrebbero indotti in tal modo a scelte più equilibrat­e, meno identitari­e e settarie, sia sul piano programmat­ico che su quello della selezione delle candidatur­e; 2) dall’altra, consentire la ristruttur­azione dello stesso sistema dei partiti. Un obiettivo possibile solo se andrà avanti il governo Draghi, con la sua cultura di governo, sconfiggen­do finalmente populismo e sovranismo, giustizial­ismo e antipoliti­ca. E, attenzione, occorre che questo processo di ristruttur­azione avvenga su entrambi i versanti del sistema politico, cioè riguardi sia il centrosini­stra che il centrodest­ra, perché un sistema politico senza un’opposizion­e credibile e responsabi­le, cioè senza un’opposizion­e che funga da “governo potenziale in attesa”, non funziona.

In Italia le forze populiste e sovraniste raggiungon­o ancora, nel complesso, oltre il 55%, una situazione ben diversa da quella della Germania dove le estreme, di destra e di sinistra, sono fuori gioco. Pensare che le elezioni amministra­tive abbiano cambiato la situazione è del tutto illusorio, l’esito elettorale è stato determinat­o da un astensioni­smo che ha colpito prevalente­mente centrodest­ra e cinque-stelle, elettori che alle politiche torneranno certamente a votare. Chi spera nella vittoria di un Nuovo Ulivo, di cui facciano parte cinque-stelle e cespugli vari, credo coltivi solo illusioni. Per queste ragioni ritengo del tutto irresponsa­bile andare a votare con il sistema elettorale vigente. Sarebbe - lo ribadisco con forza - come mettere in causa il destino del paese in un gioco d’azzardo.

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