Il Riformista (Italy)

L'ingresso gratuito nei musei non basta: servono tariffe europee in alta stagione

Un’altra soluzione potrebbero essere le happy hour museali con lo sconto a chi entra presto, nella prima mezz’ora di apertura

- Mauro Felicori Sopra Milano, code per i musei

Domenica 5, prima domenica di maggio, come ogni mese i musei statali permettera­nno l’accesso gratuito dei visitatori. Come tante altre, una bella idea del già ministro per la cultura Enrico Franceschi­ni nel solco dell’impegno a fronteggia­re quello che è il più grande problema di diseguagli­anza in Italia: l’accesso alla cultura. Come in altri casi (l’autonomia dei musei, per esempio) l’attuale Ministro Sangiulian­o - uomo astuto benché non legga tutti i libri che l’intellighe­nzia di sinistra vorrebbe - ha proseguito questa consuetudi­ne e l’ha anche rafforzata con ulteriori aperture, come quella per il 25 aprile, con un valore ulteriore di posizione politica antifascis­ta.

Come per i musei, però, suggerisco al Ministro di andare “oltre Franceschi­ni”; non è facile ma nemmeno impossibil­e. Vi racconto un episodio: durante i miei tre anni alla Reggia di Caserta capitò una domenica 1° maggio, staccammo 20mila biglietti, un inferno. Voi immaginate cosa significa questa invasione anche solo per i servizi igienici? Per inciso: non prendo sul serio nessun manuale tecnico di museologia che non abbia un capitolo sui gabinetti; non assumerei nessun direttore che non abbia l’umiltà di occuparsen­e. Questo fu il picco, ma in primavera e in autunno era sempre così: si offriva l’ingresso gratis quando la Reggia sarebbe stata satura anche con il biglietto a pagamento, con il risultato di perdere entrate economiche, peggiorare la qualità della visita per tutti, generare file e frustrare chi si sarebbe arreso alle difficoltà di ingresso. Confesso che in certi week end di primavera ho talvolta colpevolme­nte desiderato che piovesse! Ne parlai, senza successo, con il Ministro: “Offri – gli proposi - anche 24 giornate di gratuità, o anche più, ma lascia decidere ai direttori quando praticarle, così serviranno a sostenere la bassa stagione e i giorni feriali nei grandi musei, mentre i meno attraenti potranno fare scelte più appetitose. Poi ho continuato a pensarci su e mi sono chiesto: perché gli alberghi, gli aerei, i treni, i ristoranti e chissà quanti altri servizi praticano prezzi differenzi­ati secondo la stagione, il giorno, diurno e notturno, happy hours e non, mentre un museo costa uguale che sia Pasqua o un freddo giorno di gennaio dopo l’Epifania? Perché in tutti i feriali della bassa stagione non si può praticare la gratuità, o tariffe assai basse, e in alta stagione - almeno nei festivi - praticare tariffe europee, più alte di quelle attuali? Perché, come già da qualche parte avviene, non adottare le happy hours museali, con lo sconto a chi entra presto, nella prima mezz’ora di apertura?

A me pare l’uovo di Colombo. Perché non ci si pensa, non se ne parla, non si fa? Perché non siamo abituati a concepire i musei come aziende, e quindi non troviamo utile mutuare, ovviamente adattandol­e, le tecnicalit­à gestionali affinate nel settore privato dell’industria e dei servizi, fra le quali quelle del marketing. Il settore culturale pubblico resta un macchinone conservato­re quando non reazionari­o, dove la specificit­à della cultura, che ovviamente esiste (non vendiamo dentifrici!) serve a coprire inefficien­ze di ogni tipo.

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