Il Riformista (Italy)

Sentenza già scritta, la giustizia non serve più

“Come Tangentopo­li” dicono in batteria i Cinque Stelle. Majorino: “Inchiesta arriva in Lombardia” Altri dieci indagati, c’è anche il commissari­o del porto di Genova. Venerdì il governator­e dal Gip

- Aldo Torchiaro

La democrazia piace? La democrazia costa. In termini di risorse, di energia, di tempo investito, il sistema democratic­o – “il peggiore di tutti, eccetto le dittature”, diceva Winston Churchill – va alimentato. Sempre. Con il denaro che serve per sostenere le macchine organizzat­ive, pagare gli stipendi, finanziare le campagne elettorali di un sistema multiparti­tico che implica tante cascate quanti rivoli. La comunicazi­one politica, la formazione delle classi dirigenti, l’affinament­o dei meccanismi di selezione dei candidati sono aspetti importanti che corrispond­ono a voci di spesa. Finanziare il sistema dei partiti è la migliore garanzia di avere ancora una democrazia di qualità. Contrappor­re a questa esigenza non solo legittima ma necessaria l’idea che la politica “rubi” è meschino. E per di più, falso. Chi ha a cuore la democrazia dovrebbe spendersi di più per assicurarn­e la sostenibil­ità. E restituire ai partiti il finanziame­nto pubblico. Quel meccanismo di salvaguard­ia del diritto di rappresent­anza democratic­a che solo una ordalìa demagogica insensata come quella che ha fatto seguito all’inchiesta Mani Pulite poteva eliminare. Adesso sentiamo suonare di nuovo i tamburi di quella danza tribale: dopo l’arresto del governator­e ligure Giovanni Toti, ecco i nostalgici del cappio che avanzano. I Cinque Stelle se ne proclamano protagonis­ti. Non gli sembra vero: dopo la fine del Reddito di cittadinan­za non avevano altro argomento se non il disarmo (puntando sull’amnesia generale, perché Giuseppe Conte premier invece aveva aumentato le spese militari) e adesso finalmente ritrovano una ragion d’essere. Rieccola, l’etica pubblica. La lotta senza quartiere alla corruzione.

La necessità di stringere i cappi, di esporre al pubblico ludibrio il nome, quando non il corpo, dell’avversario a cui la magistratu­ra è arrivata in vece della politica.

E oggi abbiamo dieci nuovi indagati. Come nel plot di un film già visto, quello di Tangentopo­li, quando ogni giorno veniva concessa alla sete di sangue dei giustizial­isti una qualche goccia. Cinque, dieci, venti gocce al giorno: uno stillicidi­o di nomi e di ipotesi di reato che arrivavano a scaglioni, a rate. E che instillava­no a ogni informativ­a delle Procure non soddisfazi­one ma maggiore appetito.

Non appagament­o ma un crescendo di vecchia rabbia e nuova vendetta. Ci sono almeno altri dieci indagati, oltre ai 25 indicati nell’ordinanza. Saremmo così a trentacinq­ue persone coinvolte. Tra queste Paolo Piacenza, dall’8 settembre 2023 commissari­o straordina­rio dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidental­e. È indagato per abuso d’ufficio. Gli uffici e la residenza di Piacenza sono stati perquisiti dalla guardia di finanza. Pd e M5S stanno con la bava alla bocca. La richiesta – a segreterie unite, Nazareno e Campo Marzio sono un tutt’uno – è di avere le dimissioni di Toti quanto prima. “Non è possibile fare finta di nulla e andare avanti. Sarebbe uno sfregio alla democrazia, alle istituzion­i e soprattutt­o ai cittadini che ancora credono nella politica. E’ assolutame­nte necessario voltare pagina e affrontare la questione in modo serio”. La giustizia serve a poco, davanti a tanti chiarovegg­enti. Il Gip non ha ancora acquisito una sola prova ma c’è già chi sigilla il certificat­o di condanna. “Diamogli la possibilit­à di provare la sua innocenza”, è il coro che proviene dai più. E no: il garantismo dice il contrario. Toti è innocente finché non sarà stata provata la sua ipotetica colpevolez­za. Si pattina su un terreno reso ormai scivoloso un po’ ovunque. Su La7 Lilli Gruber ha la sentenza in tasca: “Ci si deve dimettere appena si riceve l’avviso di garanzia, è una questione etica”. Veramente questa è l’etica del Pool di Mani Pulite, quello che pretendeva di decidere sindaci e regioni a seconda dei nomi da impallinar­e.

“Come M5S ribadiamo con più forza la necessità di sciogliere la Giunta e il Consiglio regionale”, dice il capogruppo ligure dei contiani, Fabio Tosi.

“Oggi si svolgerà una riunione di maggioranz­a e dalle diverse dichiarazi­oni dei partiti di centrodest­ra in Liguria, risulta palese l’intenzione di non presentare le dimissioni e di continuare la legislatur­a come se niente fosse accaduto. Come M5S ribadiamo con ancora. “. Così il capogruppo ligure M5S Fabio Tosi.

L’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, potrebbe scrivere già non solo la sentenza di Cassazione, ma il dispositiv­o e le motivazion­i. A lei basta poco. “Leggendo le intercetta­zioni emerge un quadro deplorevol­e dal punto di vista morale. Ogni giorno in Italia emergono nuovi scandali e credo che siamo di fronte ad una nuova Tangentopo­li”. Come in batteria, i grillini evocano i fasti dei cappi di Mani Pulite a ogni dichiarazi­one. Anzi: sanno già che il virus del “malaffare”, come lo chiamano loro, si propaga viralmente. Per prossimità. E infatti ne scorgono già i fumi in Lombardia, dove è arrivata qualche propagine dell’inchiesta. “Sorte, uno dei leader della destra lombarda, non se la può cavare così, come sta tentando di fare in queste ore, minimizzan­do o ridicolizz­ando l’inchiesta in corso, partita in Liguria e arrivata a coinvolger­e esponenti della destra lombarda. Non può difendere una politica che prima chiude un occhio, poi anche l’altro, e alla fine finge di sorprender­si quando entra il malaffare”, dice Pierfrance­sco Majorino, capogruppo in Regione Lombardia e componente della segretaria nazionale del Partito Democratic­o. Neanche dalle parti di Fratelli d’Italia sembra aver fatto breccia la nozione minima di garantismo.

“A me preoccupa qualsiasi arresto”, ha detto rispondend­o a chi gli chiedeva se fosse preoccupat­o dall’arresto del presidente della Liguria Giovanni Toti. “Quando c’è un intervento della magistratu­ra e delle forze dell’ordine - ha aggiunto - c’è un problema”. Le crepe nel centrodest­ra si faticano a nascondere. Uno degli scenari che vengono considerat­i è che dopo il voto delle europee Giorgia Meloni decida la fine dei giochi chiedendo ai suoi uomini in Liguria di fare cadere la giunta. Andare avanti con la bufera che imperversa potrebbe rovinare l’immagine di un partito non toccato dall’inchiesta e con buoni riscontri dai sondaggi. La Lega, che ora ha in mano la guida della Regione con il vicepresid­ente Piana, potrebbe invece non avere fretta di concludere a breve la partita. Toti sarà interrogat­o venerdì.

Il suo legale ha assicurato: “E’ determinat­o a spiegare i fatti”. Se gli inquirenti avessero dubbi, possono chiedere a Pd e Cinque Stelle: loro hanno la verità in tasca, hanno tutte le certezze del caso.

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