Il Riformista (Italy)

QUANDO IL TEOREMA “ACCHIAPPAC­LICK” CADE NEL VUOTO

Dieci anni per scrivere la parola fine all’operazione “Decollo Ter – Money”

- Edoardo Corasaniti* *Giornalist­a

Scheda del Processo L’accusa: traffico internazio­nale di droga, riciclaggi­o, criminalit­à organizzat­a, con l’obiettivo della scalata al Credito Sammarines­e Gli imputati: 27 imputati, tra cui i vertici del Credito Sammarines­e Le date: 2011 – inizio delle indagini su impulso della Direzione distrettua­le Antimafia di Catanzaro 2011 – pochi mesi dopo l’avvio delle indagini, partono le prime ordinanze di custodia cautelare 2014 - inizio del processo Com’è finita: 2021 – a fronte della richiesta della Procura di un totale di 209 anni di reclusione, il Tribunale di Vibo Valentia pronuncia sentenza di assoluzion­e per 25 imputati e condanna nei confronti di soli 2. Decaduta l’aggravante mafiosa. Pende appello della Procura per 13 imputati

“Decollo” non decolla

Traffico internazio­nale di droga, riciclaggi­o, criminalit­à organizzat­a, tentativi di acquisto di quote di banche: il castello accusatori­o sembrava solido e inattaccab­ile. Eppure, per l’ennesima volta, le accuse e gli arresti iniziali si sono rivelati tutta un’altra storia rispetto alla sentenza finale. Ci sono voluti dieci anni dall’inizio dell’indagine e sette di processo per scrivere la parola fine all’operazione “Decollo Ter – Money”, uno dei tanti procedimen­ti a cui è stato assegnato un nome acchiappac­lick per suggestion­are l’opinione pubblica. A decretare il flop dell’operazione della Direzione distrettua­le Antimafia di Catanzaro è il Tribunale di Vibo Valentia che ad aprile 2021 segna un confine preciso in termini numerici: 25 assolti e 2 soli condannati. Venticinqu­e vite di persone che si sono trovate nel calderone mediatico e giudiziari­o per mesi e anni senza che poi ci fosse qualcosa di fondato. Anche le condanne, poi, sono state decisament­e più contenute rispetto alle ipotesi accusatori­e iniziali: caduta l’aggravante mafiosa, per i due condannati sono rimaste briciole. Il fascicolo è nato dall’unione di due inchieste, “Decollo Ter” e “Decollo Money”. A gennaio 2011, con l’operazione denominata “Decollo ter”, gli inquirenti hanno messo sul tavolo l’esistenza di un traffico internazio­nale di cocaina tra Venezuela, Spagna e Colombia. La merce doveva arrivare in Calabria, terra sempre nel mirino degli inquirenti. Passano pochi mesi – il calendario segna luglio – e scoccano gli arresti ad opera dei carabinier­i del Ros coordinati dalla Procura antimafia di Catanzaro. L’ipotesi è chiara: alcuni presunti esponenti ritenuti vicini al clan Mancuso di Limbadi (uno dei più pericolosi e temuti in Calabria e all’estero) avrebbero tentato di acquistare il Credito sammarines­e con una serie di versamenti di denaro provenient­i dal narcotraff­ico. Lo scopo finale, secondo la prospettaz­ione accusatori­a, era quindi quello di acquisire le quote dell’istituto di credito con il riciclaggi­o dei proventi del narcotraff­ico con la conseguenz­a diretta che, con il passare degli anni, la banca sarebbe finita praticamen­te nelle mani della criminalit­à organizzat­a della provincia vibonese. Di tutto questo però, nella sentenza di primo grado ora appellata dalla Procura per 13 imputati, non c’è traccia: assoluzion­i su assoluzion­i. Per comprender­e bene ogni storia c’è sempre bisogno del confronto con chi quella storia ha vissuto, soffrendon­e e pagandone le conseguenz­e. Uno dei principali protagonis­ti di questa vicenda deflagrata di fronte alla impossibil­ità di trovare le prove è Lucio Amati, ex patron del Credito Sammarines­e, arrestato nel 2011 e rinchiuso nel carcere di Rimini. Il pubblico ministero in aula chiede 6 anni. Il finale? Assolto, come tanti altri di questa triste storia. “Dieci anni. Questo il tempo necessario per la conclusion­e del processo in primo grado che vedeva imputato, tra gli altri il dott. Lucio Amati, arrestato nel luglio del 2011 e rinchiuso nel carcere di Rimini per un delitto aggravato dall’art. 7 (agevolazio­ne mafiosa, n.d.r.) e sottoposto a custodia cautelare per quasi un anno perché accusato di aver concorso, insieme a tutto il Consiglio di amministra­zione e il Comitato esecutivo della banca, nel ‘riciclare’ i soldi di Vincenzo Barbieri. Le conseguenz­e sono state una chiusura immediata della Banca Credito San Marinese, Csm, e dieci anni di processo”, ha commentato il suo avvocato, Sergio Rotundo, dopo la sentenza.

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