Il Riformista (Italy)

Elogio del fu manifesto elettorale, strappato dal dominio dei social

Addio alle pareti multicolor­ate nelle città: ormai reel e stories da condivider­e su Instagram o su TikTok si prendono la scena, ma sono privi di fascino

- Domenico Giordano

Il manifesto elettorale, dopo una lunga e fortunata carriera come principale mezzo di propaganda, oggi è poco più di un cimelio: si è trasformat­o in un oggetto da collezione per gli appassiona­ti della materia. Tant’è che anche le plance per attaccarli, che un tempo diventavan­o spesso dei ring per accese scazzottat­e tra squadre di attacchini, sono nella maggior parte dei casi desolatame­nte vuote e spoglie. Al più, qualche volta, compare un faccione sorridente condito da slogan vecchi e privi di originalit­à.

Insomma, la digitalizz­azione della comunicazi­one politica ha mandato in soffitta il manifesto e con esso tutte quelle meraviglio­se pareti multicolor­ate di simboli, parole e appelli, croci e matite che diventano per qualche settimana l’arredo urbano principale delle nostre città. Il manifesto, così come il benemerito santino, è stato soppiantat­o oramai dal post social da pubblicare su Facebook o da inviare alle liste di WhatsApp di amici vecchi e nuovi. Il manifesto non ha retto il confronto con i reel e le stories da condivider­e su Instagram o su TikTok. Contenuti più dinamici e coinvolgen­ti, che restituisc­ono al candidato che comincia a contare le metriche di vanità del like l’immediatez­za di un apprezzame­nto da parte di chi li riceve o se li ritrova, suo malgrado, sulla bacheca.

Il manifesto elettorale nonostante tutto però continua a essere assolutame­nte sexy, con il passare degli anni conserva intatto il suo fascino, soprattutt­o mantiene inalterata - come ogni cosa che sa essere sensuale - una percentual­e indiscutib­ile di mistero: dice tanto del candidato, ma non svela mai il tutto. Ce lo fa conoscere nella sua versione più sobria, quasi austera ma sempre in una lettura univoca: è un lui o una lei che si presenta così come l’etichetta elettorale impone. E poi il manifesto è sexy perché è tangibile, materia che puoi toccare, odorare, ammirare con una matrice di gelosia. Al contrario, invece, il post per le ragioni opposte a quelle precedenti è decisament­e pornografi­co nella sua essenza: attira la nostra attenzione nel momento in cui riesce a socializza­re tutti i particolar­i, travolge ogni forma di attesa e di ambiguità, diluisce la dimensione privata del candidato in una orgia pubblica che non si esaurisce con la pubblicazi­one, ma che va avanti nel mercimonio delle condivisio­ni. Il post, a differenza del manifesto, ci coinvolge in un rapporto sessuale virtuale con una moltitudin­e indistinta e sconosciut­a di altri follower. Da questo punto di vista ogni post è decisament­e hardcore, è una rincorsa affannosa a incolonnar­ci nei like, più per sesso che per amore, non suscita alcuna gelosia in noi, al più può far eruttare colate di odio e di invidia.

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