Infranto il Grande Tabù
Il dialogo con imprese e sindacati perseguito dal Governo tecnico si chiude con la presa d’atto che il consenso di tutti non ci può essere quando la materia trattata è la più delicata perché riguarda il lavoro. E, soprattutto, il Grande Tabù dell’articolo 18. Quando sarà smaltita la lettura ideologica della riforma, resterà un compromesso equilibrato che protegge di più i giovani nella fase di ingresso nel mercato del lavoro e tutela, senza eccessi e con strumenti di normale uso in Europa, chi dal mercato debba uscire. L’interesse generale, suggerito come bussola dal presidente della Repubblica, sta in questo scambio per la modernizzazione di un mercato che, finora, ha prodotto solo un tasso di attività di dieci punti inferiore alla media Ue e un gigantesco spreco di capitale umano (un giovane su tre senza impiego). L’italia – come ha sottolineato il premier Mario Monti – risponde ora, dopo oltre un decennio, a chi chiedeva a gran voce questa riforma: l’europa, il Fondo monetario, i mercati. Ora gli alibi cadono. Dovranno arrivare gli investimenti.
Oggi il Governo deciderà quale forma giuridica dare alla riforma: non sarà scelta di poco conto optare per un decreto o per una delega.
La riforma del mercato del lavoro va avanti. «Per il Governo la questione dell’articolo 18 è chiusa» ha scandito il presidente del Consiglio, Mario Monti, che ha annunciato per domani l’incontro finale con i partecipanti al negoziato per la chiusura del testo. Il ministro del Welfare, Elsa Fornero, ha poi illustrato le linee della riforma: in caso di licenziamento per ragioni economiche, al lavoratore spetterà un indennizzo (fino a 27 mensilità); se le ragioni sono disciplinari toccherà al giudice decidere tra reintegro o indennizzo. Il reintegro resta per i licenziamenti discriminatori. La riforma riguarda sia i contratti in essere sia quelli futuri.
«A nessuno il potere di veto. E ora le imprese investano, non ci sono più alibi» ha chiosato Monti, che sta valutando con quale strumento, decreto o disegno di legge, varare la riforma. Dalle parti sociali un primo sostegno, tranne che dalla Cgil, che annuncia mobilitazioni di protesta. Marcegaglia: adesione complessiva ma i costi delle flessibilità in entrata vanno ridotti.