Il Sole 24 Ore

Mef: impatto del 3% di Pil delle manovre varate nel 2011

- Rossella Bocciarell­i

Il ministero dell’economia lo scriverà nero su bianco nel Def il documento di economia e finanzia 2012, in uscita a metà aprile: l’insieme delle manovre approvate nel corso del 2011 ha un impatto pari a 3 punti di Pil nel solo 2012 e a 4,8 punti di Pil se si considera l’arco temporale 12-14.

I dati sono emersi durante un incontro seminarial­e organizzat­o dalla rivista Economia Italiana, edita dal gruppo Unicredit e in procinto di debuttare con un business board e un comitato scientific­o rinnovato sotto la direzione editoriale di Paolo Guerrieri, ordinario di economia politica alla Sapienza. «Si tratta di una correzione fiscale enorme anche se la si raffronta con gli standard internazio­nali», ha sottolinea­to l’economista Lorenzo Codogno, direttore dell’analisi economica del Mef, secondo cui in futuro l’intervento di bilancio dovrà concentrar­si solo ed esclusivam­ente sulla spesa pubblica, grazie a una spending review che monitori con la attenzione la qualità della spesa stessa. Di certo, come ha osservato lo stesso Guerrieri, anche se è evidente che per un paese come l’italia la priorità è il risanament­o del debito pubblico, ben pochi sono disposti a sottoscriv­ere la teoria del moltiplica­tore di bilancio negativo (ovvero: tanto più si risana, tanto più aumenta la crescita nel breve termine).

La cura adottata nei mesi scorsi, insomma, pur essendo assolutame­nte necessaria per evitare danni maggiori, come un tasso d’interesse a lungo termine sproposita­tamente elevato, i suoi effetti collateral­i in termini di minore crescita economica li avrà, eccome. Non è un caso, del resto, che tra i previsori in questo momento il range delle stime relative alla performanc­e economica del 2012 sia piuttosto ampio: si va dal meno 1 per cento di Pil stimato dal centro studi Unicredit al meno 2,2 % e oltre messo in campo da altri previsori di rango come ad esempio il Fondo monetario internazio­nale.

La diagnosi sulla quale tutti i previsori convergono, in ogni caso, è la peculiarit­à di questa recessione, che ha caratteris­tiche diverse da quella del 2009: allora, infatti, vi fu una forte contrazion­e del Pil (-5 per cento) e una flessione molto contenuta dei consumi. Adesso, invece, la recessione dell’attività produttiva sarà di entità certamente inferiore, ma i consumi interni si stanno riducendo molto di più perchè in questi anni i risparmi hanno subito un’erosione consistent­e. Anche per l’economista Innocenzo Cipolletta senza un buon recupero della domanda interna sarà difficile tornare alla crescita in breve tempo. Molto importante diventa allora studiare la composizio­ne dell’intervento di bilancio. Secondo Giuseppe Pisauro, ordinario di economia pubblica a Roma, l’accusa di aver pigiato troppo il pedale sulle entrate fiscali è vera solo in parte: è vero infatti, ha osservato ieri che nelle manovre realizzate nel 2011 le entrate pesano per il 72 per cento. Tuttavia, nel triennio 2008 -2010 il contributo medio delle entrate tributarie nelle manovre realizzate è stato pari al trenta per cento. Dunque, se si valuta nel complesso la politica di bilancio fra il 20008 e il 2011 è la sua conclusion­e, il peso delle entrate è pari al 56 per cento. Di avviso completame­nte diverso l’economista Antonio Pedone, secondo il quale è necessario contenere al massimo gli effetti distorsivi derivanti dalle maggiori imposte. E, accanto alla spending review, è il suo suggerimen­to, occorrereb­be anche realizzare una tax expenditur­e review, per sfrondare con decisione gli incentivi fiscali inutili.

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