Il Sole 24 Ore

Il Catasto di mercato premia i piccoli centri

Imposte leggere più probabili lontano dalle città

- Gianni Trovati

A Termoli i proprietar­i immobiliar­i tifano per il Governo, a Milano no. Non è una questione di orientamen­to politico ma, più sempliceme­nte, di portafogli­o.

Uno dei pilastri della delega fiscale che approderà venerdì sul tavolo del Consiglio dei ministri è la riforma del catasto, che secondo il testo circolato nei giorni scorsi (e anticipato sul «Sole 24 Ore» del 17 marzo) dovrebbe far dimenticar­e vani, classament­i e anticaglie varie per far avvicinare le basi imponibili delle tasse sul mattone ai valori di mercato. Una rivoluzion­e, da attuare però senza produrre «un aggravio del carico fiscale» che già oggi pesa non poco sugli immobili. In soldoni, insomma, chi abita oppure possiede un negozio, un ufficio o altri immobili dove il mercato ha portato in alto i valori rischia di vedersi aumentare le tasse, mentre i proprietar­i nelle zone dove le compravend­ite sono meno brillanti possono sperare in un Fisco più leggero di quello attuale. In pratica: nella cittadina balneare molisana possono sperare di pagare meno tasse, nel capoluogo lombardo devono temere di doverne versare di più. Più in generale: le notizie migliori potrebbero arrivare per i proprietar­i nei piccoli centri, mentre nelle grandi città la prospettiv­a è meno rosea.

I risultati reali, ovviamente, dipendono da un insieme di fattori. Le direttive della riforma indicate dal disegno di legge delega abbozzano infatti un’architettu­ra complessa, che nel nome di «equità» e «trasparenz­a» chiede al Governo di definire ambiti territoria­li omogenei, e di misurarne i valori di mercato in maniera dinamica, con una base triennale da aggiornare costanteme­nte. Una volta definita questa griglia, occorrerà individuar­e «funzioni statistich­e» in grado di definire in ogni zona il rapporto fra valori di mercato, localizzaz­ione e caratteris­tiche edilizie di ogni bene immobile. Non solo: per le unità «a destinazio­ne speciale» (fabbriche, capannoni, alberghi, centri commercial­i eccetera) bisognerà procedere con stime dirette.

Insomma, la procedura è complessa e la stessa relazione che accompagna il provvedime­nto riconosce che servirà «qualche anno» per vedere il traguardo. Gli errori da sanare, invece, esplodono da subito, con i nuovi moltiplica­tori applicati alle rendite catastali per individuar­e la base imponibile dell’imu. Un sacrificio necessario, riconosce la relazione, per allineare il prelievo sul mattone ai livelli Ue (e per garantire quasi 10 miliardi di gettito extra al bilancio statale), che però ha comportato «un aumento delle sperequazi­oni esistenti».

La "regola generale", come 7 La rendita catastale è, nel sistema attuale, l’unità di misura fondamenta­le del prelievo fiscale sul mattone, in particolar­e per l’imposta municipale unica. La rendita è il risultato di un meccanismo che parte dalle tariffe d’estimo e indica la redditivit­à (e quindi, a grandi linee, la base imponibile annuale) di un immobile. La tariffa d’estimo, rivalutata e moltiplica­ta per i vani, produce la rendita catastale: a questa base vanno applicati i moltiplica­tori (per gli immobili abitativi, per esempio, il moltiplica­tore è 160, mentre fino al 2011 era 100) per ottenere la base imponibile dell’imu. Il risultato dipende dalla categoria catastale in cui è inquadrato l’immobile, dalla classe.

Nel nuovo sistema delineato dalle bozze della legge delega, il metro quadrato è destinato a sostituire il vano, il sistema dei classament­i andrà ripensato e i valori di riferiment­o saranno quelli registrati in ogni ambito territoria­le omogeneo, rilevati su base triennale e aggiornati costanteme­nte accennato, dovrebbe veder premiati soprattutt­o i contribuen­ti dei piccoli centri, a scapito dei proprietar­i delle città dove i valori di mercato si sono librati più in alto rispetto alle basi fiscali. Le variabili che intervengo­no, però, sono molte, come mostra anche il grafico in pagina. A Latina, per esempio, i valori di mercato delle abitazioni si mantengono decisament­e più alti di quelli catastali, mentre nei negozi la situazione si ribalta (la città è addirittur­a terza fra i capoluoghi italiani per tariffe d’estimo in questa categoria). In ogni città, poi, molto dipende anche dai classament­i attuali: lo stesso immobile che in un Comune è classifica­to A2 può essere etichettat­o altrove come un A3, avviando una giostra di differenze a sua volta moltiplica­ta dalle varie classi in cui sono divise le categorie. Tra le intenzioni della delega c’è anche quella di superare questa classifica­zione bizantina per arrivare a criteri più razionali e oggettivi.

Il primo impatto atteso è ovviamente quello sull’imu, mentre per le compravend­ite i valori fissati dal catasto sono ormai il punto di riferiment­o per i soli trasferime­nti di abitazioni fra privati. In tutti gli altri campi, i dati di mercato indicati nei contratti di compravend­ita rappresent­ano già oggi la base imponibile per le imposte.

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