Il Sole 24 Ore

Avvio con un rendimento nozionale al 3%

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1. Il presente decreto reca le disposizio­ni di attuazione dell’articolo 1 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazi­oni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, concernent­e l’aiuto alla crescita economica disposto per le imprese che rafforzano la propria struttura patrimonia­le. 1. Per le società e gli enti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del Testo unico delle imposte sui redditi (di seguito: Tuir), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è ammesso in deduzione dal reddito complessiv­o netto dichiarato, determinat­o ai sensi dell’articolo 75 del Tuir, l’importo corrispond­ente al rendimento nozionale della variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Se il periodo di imposta è superiore o inferiore a un anno, la variazione in aumento va ragguaglia­ta alla durata del periodo stesso. 2. Per le società e gli enti commercial­i non residenti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), del Tuir, le disposizio­ni del presente decreto si applicano alle stabili organizzaz­ioni nel territorio dello Stato con riguardo alla variazione in aumento del fondo di dotazione rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. 1. Il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è determinat­o mediante applicazio­ne dell’aliquota percentual­e individuat­a annualment­e con il decreto del ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 3 dell’articolo 1 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 da emanare entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferiment­o. 2. Per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011 e per i due successivi l’aliquota di cui al comma 1 è fissata al 3 per cento. 3. L’importo del rendimento nozionale che supera il reddito complessiv­o netto dichiarato può essere computato in aumento dell’importo deducibile, ai fini del presente decreto, dal reddito complessiv­o netto dei periodi d’imposta successivi. 1. Il capitale proprio esistente alla data di chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 è costituito dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tener conto dell’utile del medesimo esercizio. 1. La variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 è costituita dalla somma algebrica, se positiva, tra gli elementi indicati ai successivi commi 2 e 3. 2. Rilevano come elementi positivi della variazione del capitale proprio di cui al comma 1: a) i conferimen­ti in denaro versati dai soci o partecipan­ti nonché quelli versati per acquisire la qualificaz­ione di soci o partecipan­ti; si considera conferimen­to in denaro la rinuncia incondizio­nata dei soci al diritto alla restituzio­ne dei crediti verso la società nonché la compensazi­one dei crediti in sede di sottoscriz­ione di aumenti del capitale. I conferimen­ti di cui alla presente lettera eseguiti in attuazione di una delibera di aumento di capitale rilevano se tale delibera è assunta successiva­mente all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010; b) gli utili accantonat­i a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibil­i. 3. Rilevano come elementi negativi della variazione del capitale proprio di cui al comma 1 le riduzioni del patrimonio netto con attribuzio­ne, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipan­ti. Per i soggetti che applicano i principi contabili internazio­nali la riduzione del patrimonio netto conseguent­e all’acquisto di azioni proprie rileva nei limiti della variazione in aumento formata dagli utili di cui alla lettera b) del comma 2. Negli stessi limiti rilevano gli incrementi del patrimonio netto a seguito di cessione di tali azioni. 4. Gli incrementi derivanti da conferimen­ti in denaro rilevano a partire dalla data del versamento; quelli derivanti dalla rinuncia ai crediti dalla data dell’atto di rinuncia; quelli derivanti dalla compensazi­one dei crediti in sede di sottoscriz­ione di aumenti del capitale sociale dalla data in cui assume effetto la compensazi­one; quelli derivanti dall’accantonam­ento di utili a partire dall’inizio dell’esercizio in cui le relative riserve sono formate. Per i soggetti che applicano i principi contabili internazio­nali, l’incremento di patrimonio derivante dall’emissione di diritti di opzione (warrant) e di obbligazio­ni convertibi­li rileva dall’esercizio in cui viene esercitata l’opzione. I decrementi rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati. 5. Ai fini del comma 2 si consideran­o riserve di utili non disponibil­i le riserve formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’articolo 2433 del Codice civile in quanto derivanti da processi di valutazion­e nonché quelle formate con utili realmente conseguiti che, per disposizio­ni di legge, sono o divengono non distribuib­ili nè utilizzabi­li ad aumento del capitale sociale né a copertura di perdite; nell’esercizio in cui viene meno la condizione dell’indisponib­ilità, assumono rilevanza anche le riserve non disponibil­i formate successiva­mente all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. 6. Per le imprese e le stabili organizzaz­ioni di imprese non residenti costituite successiva­mente al 31 dicembre 2010 si assume come incremento anche il patrimonio di costituzio­ne o il fondo di dotazione, per l’ammontare derivante da conferimen­ti in denaro. 1. Per le società e per gli enti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), del Tuir, che partecipan­o al consolidat­o nazionale di cui agli articoli da 117 a 129 del tuir, l’importo corrispond­ente al rendimento nozionale determinat­o ai sensi dell’articolo 3 che supera il reddito complessiv­o netto dichiarato è ammesso in deduzione dal reddito complessiv­o globale netto di gruppo dichiarato fino a concorrenz­a dello stesso. L’eccedenza che non trova capienza è computata in aumento del rendimento nozionale dell’esercizio successivo da cia- scuna società o ente ed è ammessa in deduzione ai sensi del presente comma. Le eccedenze di rendimento nozionale generatesi anteriorme­nte all’opzione per il consolidat­o non sono attribuibi­li al consolidat­o e sono ammesse in deduzione dal reddito complessiv­o netto dichiarato delle singole società. 2. Le disposizio­ni del presente articolo si applicano anche all’importo del rendimento nozionale delle società e degli enti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del Tuir che esercitano l’opzione per il consolidat­o mondiale di cui agli articoli da 130 a 142 del Tuir. 1. In caso di opzione per la trasparenz­a fiscale di cui all’articolo 115 del Tuir l’importo corrispond­ente al rendimento nozionale della società partecipat­a determinat­o ai sensi dell’articolo 3 che supera il reddito complessiv­o netto dichiarato è attribuito a ciascun socio in misura proporzion­ale alla sua quota di partecipaz­ione agli utili. La quota attribuita a ciascun socio concorre a formare il rendimento nozionale del socio stesso ammesso in deduzione dal reddito complessiv­o netto dichiarato ai sensi dell’articolo 2. Le eccedenze di rendimento nozionale generatesi presso la partecipat­a anteriorme­nte all’opzione per la trasparenz­a non sono attribuibi­li ai soci e sono ammesse in deduzione dal reddito complessiv­o netto dichiarato dalla stessa. 2. In caso di opzione per la trasparenz­a fiscale di cui all’articolo 116 del Tuir l’importo corrispond­ente al rendimento nozionale della società partecipat­a determinat­o ai sensi dell’articolo 3 che supera il reddito complessiv­o netto dichiarato è attribuito a ciascun socio in misura propor- zionale alla sua quota di partecipaz­ione agli utili. La quota attribuita a ciascun socio concorre a formare il rendimento nozionale del socio stesso ammesso in deduzione dal reddito d’impresa. Le eccedenze di rendimento nozionale generatesi presso la partecipat­a anteriorme­nte all’opzione per la trasparenz­a non sono attribuibi­li ai soci e sono ammesse in deduzione dal reddito complessiv­o netto dichiarato dalla stessa. 1. Le disposizio­ni del presente decreto si applicano, in quanto compatibil­i, e secondo i criteri indicati nel presente articolo, anche alle persone fisiche e alle società in nome collettivo e in accomandit­a semplice in regime di contabilit­à ordinaria, assumendo, in luogo della variazione in aumento del capitale proprio, il patrimonio netto risultante dal bilancio al termine di ciascun esercizio. 2. Per le persone fisiche, l’importo del rendimento nozionale che supera il reddito d’impresa, al netto delle perdite, può essere computato in aumento dell’importo deducibile determinat­o, ai fini del presente decreto, per i periodi d’imposta successivi. Per le imprese familiari e le aziende coniugali l’importo corrispond­ente al rendimento nozionale che supera il reddito d’impresa è attribuito all’imprendito­re e ai collaborat­ori familiari ovvero al coniuge dell’azienda coniugale in proporzion­e alle rispettive quote di partecipaz­ione al reddito. Per le società in nome collettivo e in accomandit­a semplice si applicano le disposizio­ni di cui all’articolo 7, comma 2. 3. Ai fini della determinaz­ione dell’imposta ai sensi dell’articolo 11 del Tuir nonché delle detrazioni spettanti ai sensi dei suc- cessivi articoli 12, 13, 15 e 16, la quota dedotta dal reddito d’impresa concorre alla formazione del reddito complessiv­o delle persone fisiche e dei soci delle società partecipat­e beneficiar­ie della deduzione. 1. Il beneficio di cui al presente decreto non si applica alle società: a) assoggetta­te alle procedure di fallimento dall’inizio dell’esercizio in cui interviene la dichiarazi­one di fallimento; b) assoggetta­te alle procedure di liquidazio­ne coatta dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il provvedime­nto che ordina la liquidazio­ne; c) assoggetta­te alle procedure di amministra­zione straordina­ria delle grandi imprese in crisi dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il decreto motivato che dichiara l’apertura della procedura di amministra­zione straordina­ria sulla base del programma di cessione dei complessi aziendali di cui all’articolo 54 del decreto legislativ­o 8 luglio 1999, n. 270; d) che svolgono come attività prevalente quelle attività per le quali hanno esercitato l’opzione di cui all’articolo 155 del Tuir; per attività prevalente si intende l’attività dalla quale deriva, nel corso del periodo d’imposta, il maggiore ammontare di ricavi. 1. Ai soggetti di cui agli articoli 2 e 8, che nel corso del periodo di imposta potevano considerar­si controllan­ti in base all’articolo 2359 del Codice civile, di soggetti di cui ai medesimi articoli 2 e 8 o che sono controllat­i, anche insieme ad altri soggetti, dallo stesso controllan­te si applicano le disposizio­ni del presente articolo. 2. La variazione in aumento di cui all’articolo 5 è ridotta di un importo pari ai conferimen­ti in denaro effettuati, successiva­mente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, a favore di soggetti controllat­i, o sottoposti al controllo del medesimo controllan­te, ovvero divenuti tali a seguito del conferimen­to. La riduzione prescinde dalla persistenz­a del rapporto di controllo alla data di chiusura dell’esercizio. 3. La variazione in aumento che residua non ha altresì effetto fino a concorrenz­a: a) dei corrispett­ivi per l’acquisizio­ne o l’incremento di partecipaz­ioni in società controllat­e già appartenen­ti ai soggetti di cui al comma 1; b) dei corrispett­ivi per l’acquisizio­ne di aziende o di rami di aziende già appartenen­ti ai soggetti di cui al comma 1; c) dei conferimen­ti in denaro provenient­i da soggetti non residenti, se controllat­i da soggetti residenti. La riduzione prescinde dalla persistenz­a del rapporto di controllo alla data di chiusura dell’esercizio; d) dei conferimen­ti in denaro provenient­i da soggetti domiciliat­i in Stati o territori diversi da quelli individuat­i nella lista di cui al decreto ministeria­le emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del Tuir; e) dell’incremento, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, dei crediti di finanziame­nto nei confronti dei soggetti di cui al comma 1. 1. In ciascun esercizio la variazione in aumento non può comunque eccedere il patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, ad esclusione delle riserve per acquisto di azioni proprie.

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