Rating di legalità agli appalti
Proposta del ministro Severino alla commissione Antimafia per una sperimentazione nell’edilizia Un tavolo agli Interni con Abi, Antitrust, magistrati e industriali
Il rating di legalità può già essere sperimentato in alcuni settori importanti come quello degli appalti pubblici. È questa la valutazione fatta dal ministro della Giustizia Paola Severino. Il ministro della Giustizia, che ieri è stata ascoltata dalla commissione Antimafia, ha ipotizzato che, nelle more che sia conclusa la valutazione complessiva sul provvedimento, «si può pensare di applicare il rating di impresa agli appalti, al settore delle costruzioni e a quello edile. Questo potrebbe essere il settore in cui avviare una sperimentazione» per poi allargare il modello ad altri settori. È stato lo stesso ministro della Giustizia a ricordare ai commissari antimafia che la proposta è arrivata da Antonello Montante e che è stata rilanciata dal capo della direzione nazionale antimafia Piero Grasso: è previsto un rating più alto, ai fini della valutazione del merito creditizio, per le imprese legalmente virtuose. Ma è un modello che, ha spiegato lo stesso vicepresidente degli industriali Montante, permette di «valorizzare chi ha i conti in ordine, chi non paga il racket. L’obiettivo è di arrivare a una white list, a una lista di aziende immacolate alle quali riservare una pista prioritaria per prestiti e appalti». Il percorso è avviato e nei prossimi giorni il ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri potrebbe convocare il tavolo di cui oltre al ministro della Giustizia fanno parte l’antitrust, rappresentanti del l’abi, del la Confindustria e i magi- strati della Direzione nazionale antimafia: l’approvazione della norma contenuta nel decreto sulle liberalizzazioni è, come è noto, attesa entro la fine di questa settimana. Per molte aziende legalmente virtuose riuscire a ottenere un giudizio positivo in una fase economica come questa è molto importante e ciò spiega perché molti imprenditori guardano con interesse a questo provvedimento.
«Tante imprese – ribadisce Montante – trovano difficoltà nel rapporto con le banche per- ché hanno una bassa valutazione. Ottenere prestiti diventa difficile. È un dramma che si consuma generalmente nel rapporto tra impresa e banca. La mia idea è stata di creare una autorità super partes in grado di attestare la benemerenza dell’impresa virtuosa in riferimento alla storia dell’imprenditore e alle denunce fatte». Su questo punto anche l’associazione delle banche italiane ha riconosciuto che il rating di legalità è un provvedimento di «civiltà».
In prospettiva, comunque, c’è qualcosa di più: il rating potrebbe essere l’evoluzione del certificato antimafia «oggi da tanti considerato inefficace. Del resto la la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha ribadito ancora qualche giorno fa che con tali misure possiamo davvero combattere le infiltrazioni mafiose e spezzare il circolo vizioso che danneggia le imprese sane e l’economia». Commentando l’apertura dell’abi all’iniziativa lanciata dal delegato alla legalità di Confindustria, il presidente degli industriali italiani aveva detto: «Si tratta di un segnale di trasparenza che può anche agevolare, soprattutto per le Pmi, l’accesso al credito in un mo- mento difficile. Con misure come questa possiamo condurre una battaglia vera e concreta contro le infiltrazioni mafiose e spezzare quel circolo vizioso che danneggia l`economia e le imprese sane».
Sulla questione del superamento del certificato antimafia, di cui ha parlato qualche settimana fa a Palermo in maniera chiara il procuratore Piero Grasso, il ministro della Giustizia si è mostrata possibilista seppur cauta per le implicazioni che una misura del genere può avere: «La materia è complessa – ha detto ancora ieri Paola Severino in commissione Antimafia – e vogliamo evitare un sistema a maglie larghe che sostituisca l’attuale certificazione antimafia». Alla domanda se si ritenga opportuno rendere obbligatoria per gli imprenditori la denuncia delle richieste di pizzo da parte degli estorsori, il ministro ha definito «encomiabile lo sforzo di Confindustria Sicilia nel prevedere sanzioni per chi non denuncia» e ha anche sottolineato che ritiene il metodo lanciato dagli imprenditori dell’isola e poi diventato un modello per tutti «efficace solo se autogenerato e non reso obbligatorio».