Il Sole 24 Ore

Conti, pensioni, lavoro: attuate (quasi) tutte le indicazion­i Bce

Mancano le «privatizza­zioni su larga scala»

- Lina Palmerini

Erano i primi di agosto quando fu recapitata al Governo Berlusconi la "lettera della Bce" firmata da Jean-claude Trichet e Mario Draghi. Nessuno, allora, ne conosceva il contenuto che divenne pubblico quasi due mesi dopo scatenando enormi polemiche nel centro-destra, accentuand­o la distanza tra Silvio Berlusconi e l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti e mettendo sul tavolo con nettezza il tema della sovranità nazionale limitata. Il fatto è che il dibattito girava intorno a una sostanza che quasi nessuno pensava sarebbe diventata realtà nel giro di qualche mese. Già perché il "programma Bce" appariva troppo pesante da digerire innanzitut­to per le misure prospettat­e ma anche perché erano state appena varate due manovre. Dunque, un conto troppo salato. Ma lo era solo per i partiti, in effetti.

Tant’è che adesso – a rileggere quella lettera e a confrontra­rla con le misure decise da Mario Monti – quei compiti a casa "made in Francofort­e" li abbiamo quasi completati. E con una puntualità applicata non solo ai contenuti ma perfino allo strumento legislativ­o. «Vista la gravità della situazione – scrivevano Trichet e Draghi – le misure siano prese con decreto legge». E infatti, finora, quasi tutti i provvedime­nti, dal salva-italia alle li- beralizzaz­ioni, sono approdati in Parlamento con la corsia rapida del decreto. Con decreto, per esempio, è passata la riforma delle pensioni: un fatto mai accaduto prima soprattutt­o se si considera che non ci fu l’accordo con i sindacati e furono fatte solo tre ore di sciopero. Tra l’altro, la riforma-fornero ha ricalcato – e superato – la lettera della Bce che chiedeva di «rendere più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità» oltre che innalzare l’età di pensioname­nto delle donne nel settore privato. Punto realizzato. Così come si è rispettato quello sulla «liberalizz­azione dei servizi pubblici locali e dei servizi profession­ali» visto che in queste ore si sta votando proprio il decreto cresci-italia. Manca solo qualcosa: quelle «privatizza­zioni su larga scala» riguardo alla fornitura di servizi locali pure scritte nella missiva. E domani arriverà quel «ridisegno dei sistemi fiscali» che la Bce suggeriva caldamente per «accrescere il potenziale di crescita», come scritto al primissimo punto di una lettera dettagliat­a che offriva una sponda sui titoli italiani in cambio di un piano doloroso.

Doloroso come il capitolo-lavoro, che oggi appare davvero molto aderente ai consigli di Francofort­e. Leggiamo la lettera: «Dovrebbe essere adottata un’accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziame­nto stabilendo un sistema di assicurazi­one dalla disoccupaz­ione». E in effetti il Governo con la sua proposta non solo ha rivisto la flessibili­tà in entrata ma ha modificato l’articolo 18 togliendo il diritto al reintegro nei casi di licenziame­nti "economici". Insomma, l’amaro calice è stato quasi del tutto bevuto, a partire dall’anticipo al 2013 del pareggio di bilancio (garantito con il salva-italia) e pure il suo inseriment­o in Costitu- zione (siamo alla terza lettura). All’appello ciò che davvero manca è quella stretta sul pubblico impiego «con un significat­ivo taglio dei costi, se necessario, riducendo gli stipendi». Nei fatti ci sono stati degli stop agli aumenti contrattua­li mentre sul tetto agli stipendi dei super-dirigenti si è ancora in stand by. Così come non sono state abolite o accorpate le Province ma solo ridotte al rango di organi rappresent­ativi e non più elettivi. Nel complesso, però, la lettera è stata tradotta in fatti molto più di un qualsiasi programma elettorale.

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