Il Sole 24 Ore

Le imprese: flessibili­tà troppo costosa

Confindust­ria dice sì ma pesa il tetto di 36 mesi ai contratti flessibili

- Nicoletta Picchio

Troppi costi e troppa burocrazia sulla flessibili­tà in entrata. È la principale critica che arriva dal mondo delle imprese alla riforma sul mercato del lavoro. Pesa quell’1,4% in più di aliquota contributi­va sui contratti a tempo determinat­o, un aumento che può essere recuperato per un massimo di sei mesi se il lavoratore viene assunto.

Non piace a Confindust­ria, ma anche alle altre organizzaz­ioni imprendito­riali, il fatto che il governo abbia messo un tetto a 36 mesi sommando le varie forme di flessibili­tà in entrata, dal contratto a tempo determinat­o, alla somministr­azione, alle altre tipologie even- tualmente usate.

Lo ha detto la presidente di Confindust­ria, Emma Marcegagli­a, martedì sera, nella conferenza stampa dopo l’incontro a Palazzo Chigi, su questi punti hanno lavorato i tecnici delle imprese e del ministro, in vista dell’appuntamen­to di oggi al ministero del Welfare.

In particolar­e sul contratto a tempo determinat­o viene irrigidita la disciplina per il rinnovo, aumentando l’interval- lo temporale tra la scadenza di un contratto e quello successivo, oltre ad allungare i tempi di impugnazio­ne stragiudiz­iale del contratto. Anche sul contratto di lavoro a tempo parziale vengono prese misure per scoraggiar­e gli abusi nell’uso di questo strumento. Complessiv­amente c’è una stretta. E il timore delle imprese è che questo penalizzi l’occupazion­e o che possa aumentare il lavoro in nero.

Si vedrà oggi quali potranno essere gli aggiustame­nti al testo, fermo restando che poi la riforma dovrà andare in Parlamento.

Ma c’è anche un altro punto su cui Confindust­ria insiste per avere modifiche: il tetto massimo di 27 mesi all’indennizzo in caso di licenziame­nto. Una misura troppo elevata per le imprese. Più alta anche rispetto ai paragoni europei. In Germania, per esempio, che è uno dei paesi ad avere l’indennizzo più alto, il tetto massimo è di 18 mesi. Bene comunque l’impianto sull’articolo 18: il reintegro vale solo per i licenziame­nti discrimina­tori o nulli, per i licenziame­nti con motivazion­e economica c’è l’indennizzo, che resta la soluzione principale anche per i licenziame­nti disciplina­ri, tranne prevedere il reintegro quando il fatto non sussiste o in precise casistiche indicate dai contratti.

La riforma è stata discussa ieri nel direttivo di Confindust­ria, illustrata dalla presidente Marcegagli­a, che comunque ha dato il suo assenso alla riforma per quel «senso di responsabi­lità» richiesto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Le stesse riserve sulla flessibili­tà in entrata sono state sollevate anche dalla Alleanza per le coop e dalla Confcommer­cio. «Bisogna evitare che si ingessino con nuova burocrazia e rigidità istituti di flessibili­tà efficaci, indispensa­bili e già ampiamente regolati dai contratti collettivi», ha detto il direttore generale di Confcommer­cio, Francesco Rivolta. «In una fase di recessione piena - ha aggiunto - ciò ricadrebbe negativame­nte sulle imprese che operano nel rispetto della legge e dei contratti». Secondo la Confcommer­cio le mobilitazi­oni e gli scioperi annunciati dalla Cgil «non favoriscon­o il dialogo e riducono gli spazi di mediazione».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy