Il Sole 24 Ore

Europa e Italia, l’obbligo di fare

- Alessandro Leipold alessandro.leipold@lisboncoun­cil.net

Mentre si fa un gran parlare della necessità di strumenti preventivi o precauzion­ali - la cosiddetta "firewall" per difendersi dal contagio - non è affatto certo che tali interventi possano essere prontament­e mobilitati dal futuro Esm. Questo per via dell’ambiguità giuridica nata dalla presa di decisioni diverse in tempi diversi, in un classico esempio d’inconsiste­nza temporale - il fenomeno, cioè, per cui cambiament­i nelle preferenze dei policy-maker nel tempo fanno sì che ciò che è preferito in un dato momento sia incoerente con quanto preferito successiva­mente.

Nella fattispeci­e, l’atto costitutiv­o iniziale dell’esm data dal marzo 2011. Al fine di evitare le difficoltà politiche di un nuovo trattato, si scelse allora la via più indolore, quella della "procedura di revisione semplifica­ta," aggiungend­o sempliceme­nte un paragrafo ai trattati esistenti. Questo testo stipula: «Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensa­bile per salvaguard­are la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concession­e di qualsiasi assistenza finanziari­a necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condiziona­lità».

È chiaro che questo linguaggio - attentamen­te negoziato - pone una barra alta per l’attivazion­e dell’esm (solo se «indispensa­bile» per salvaguard­are la stabilità complessiv­a della zona euro), ed è assai esigente rispetto alla condiziona­lità, che deve essere «rigorosa» nel caso di «qualsiasi» assistenza finanziari­a. Un’interpreta­zione stretta del testo escludereb­be quindi il ricorso a strumenti precauzion­ali, i quali intervengo­no appunto in via preventiva, prima che siano indispensa­bili e senza che sia necessario imporre condizioni severe ai Paesi beneficiar­i - i quali altrimenti non li richiedere­bbero.

Vero è che, tre mesi dopo l’adozione di questo testo iniziale, nel luglio del 2011, i leader della zona euro - di fronte al continuo deterioram­ento della crisi - hanno esteso la gamma di possibili interventi dell’efsf, e per analogia dell’esm, includendo anche i prestiti precauzion­ali, nonché il finanziame­nto delle ricapitali­zzazioni bancarie e gli interventi sui mercati dei titoli governativ­i. Lasciando da parte la questione non peregrina del reperiment­o dei fondi per tut- to ciò, persiste una tensione giuridica di base tra testi approvati in tempi diversi. Una tensione che rischia di indurre alcuni Stati membri, o almeno le loro Corti costituzio­nali, a invocare l’interpreta­zione più rigida e ostacolare qualsiasi intervento che non sia quella del prestito tradiziona­le (tipo Grecia, Irlanda e Portogallo). Vi sono in effetti già rumoreggia­menti in tal senso provenient­i da Karlsruhe, sede della Corte costituzio­nale tedesca.

Invece di preoccupar­si tanto di chi sarà il successore di Jean-claude Juncker come capo dell’eurogruppo, o delle implicazio­ni eventuali per la nazionalit­à del direttore dell’esm, sarebbe bene che i leader europei decidesser­o presto, e con ambizione, sulle risorse dell’esm, e che assicurass­ero la pronta disponibil­ità di interventi precauzion­ali, mettendoli al riparo di qualsiasi incertezza giuridica. In questo quadro, ha fatto bene il direttore dell’fmi, Christine Lagarde, a smorzare gli entusiasmi e notare che vi è ancora molto da fare. In Europa e, se lo ricordi Montecitor­io, anche in Italia.

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