Europa e Italia, l’obbligo di fare
Mentre si fa un gran parlare della necessità di strumenti preventivi o precauzionali - la cosiddetta "firewall" per difendersi dal contagio - non è affatto certo che tali interventi possano essere prontamente mobilitati dal futuro Esm. Questo per via dell’ambiguità giuridica nata dalla presa di decisioni diverse in tempi diversi, in un classico esempio d’inconsistenza temporale - il fenomeno, cioè, per cui cambiamenti nelle preferenze dei policy-maker nel tempo fanno sì che ciò che è preferito in un dato momento sia incoerente con quanto preferito successivamente.
Nella fattispecie, l’atto costitutivo iniziale dell’esm data dal marzo 2011. Al fine di evitare le difficoltà politiche di un nuovo trattato, si scelse allora la via più indolore, quella della "procedura di revisione semplificata," aggiungendo semplicemente un paragrafo ai trattati esistenti. Questo testo stipula: «Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità».
È chiaro che questo linguaggio - attentamente negoziato - pone una barra alta per l’attivazione dell’esm (solo se «indispensabile» per salvaguardare la stabilità complessiva della zona euro), ed è assai esigente rispetto alla condizionalità, che deve essere «rigorosa» nel caso di «qualsiasi» assistenza finanziaria. Un’interpretazione stretta del testo escluderebbe quindi il ricorso a strumenti precauzionali, i quali intervengono appunto in via preventiva, prima che siano indispensabili e senza che sia necessario imporre condizioni severe ai Paesi beneficiari - i quali altrimenti non li richiederebbero.
Vero è che, tre mesi dopo l’adozione di questo testo iniziale, nel luglio del 2011, i leader della zona euro - di fronte al continuo deterioramento della crisi - hanno esteso la gamma di possibili interventi dell’efsf, e per analogia dell’esm, includendo anche i prestiti precauzionali, nonché il finanziamento delle ricapitalizzazioni bancarie e gli interventi sui mercati dei titoli governativi. Lasciando da parte la questione non peregrina del reperimento dei fondi per tut- to ciò, persiste una tensione giuridica di base tra testi approvati in tempi diversi. Una tensione che rischia di indurre alcuni Stati membri, o almeno le loro Corti costituzionali, a invocare l’interpretazione più rigida e ostacolare qualsiasi intervento che non sia quella del prestito tradizionale (tipo Grecia, Irlanda e Portogallo). Vi sono in effetti già rumoreggiamenti in tal senso provenienti da Karlsruhe, sede della Corte costituzionale tedesca.
Invece di preoccuparsi tanto di chi sarà il successore di Jean-claude Juncker come capo dell’eurogruppo, o delle implicazioni eventuali per la nazionalità del direttore dell’esm, sarebbe bene che i leader europei decidessero presto, e con ambizione, sulle risorse dell’esm, e che assicurassero la pronta disponibilità di interventi precauzionali, mettendoli al riparo di qualsiasi incertezza giuridica. In questo quadro, ha fatto bene il direttore dell’fmi, Christine Lagarde, a smorzare gli entusiasmi e notare che vi è ancora molto da fare. In Europa e, se lo ricordi Montecitorio, anche in Italia.