Il Sole 24 Ore

Calano a sorpresa le scorte di greggio, prezzi in rialzo

Stock Usa in discesa di 1,16 milioni di barili Il Wti sale dell’1,1% a 107 dollari

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Sorpresa: a dispetto di tutte le attese, le scorte americane di petrolio risultano in calo. Nonostante i timori di una frenata economica e nonostante le previsioni degli analisti, i consumi di petrolio sono apparsi dunque superiori alle attese.

Secondo le indicazion­i dell’eia, il braccio informativ­o del dipartimen­to statuniten­se dell’energia, le riserve di greggio Usa nella settimana terminata il 16 marzo sono scese di 1,16 milioni di barili a 346,29 milioni di barili contro una previsione di un aumento di 2,4 milioni di barili. Un dato, questo, che ha spiazzato il mercato, che infatti ha reagito immediatam­ente, con un rialzo dei prezzi dell’1,1% a 107,27 dollari al barile sul mercato del Wti e dello 0,06% all’ice, a 124,2 dollari, per il Brent.

A risultare in discesa sono stati gli stock di benzina, arretrati di 1,21 milioni di barili a 226,91 milioni di barili, una flessione inferiore a quella prevista di 1,9 milioni di barili. Le scorte di prodotti distillati, che includono il combustibi­le da riscaldame­nto, hanno registrato un incremento di 1,76 milioni di barili a 136,58 milioni di barili, mentre era stato stimato un calo di 1,6 milioni di barili.

«I futures sono in rialzo in virtù del calo degli stock – spiegava ieri Phil Flynn, analista di Pfgbest Research – ma anche perchè il sell-off (del giorno precedente, ndr) è apparso esagerato».

Di fatto oggi il mercato è polarizzat­o tra i rialzisti, coloro che ritengono il barile possa salire oltre i 110 dollari, e il partito di chi pensa che i fondamenta­li sul fronte dell’offerta e della domanda non giustifich­ino un prezzo del petrolio oltre i 100 dollari.

Il recupero di ieri segue come detto a ruota il calo del giorno precedente, quando i prezzi erano stati limati sulla scia delle parole del ministro del Petrolio dell’arabia Saudita: Ali Al Naimi ha infatti voluto buttare acqua sul fuoco dei rincari, segnalando che «l’offerta di greggio supera la domanda di almeno un milione di barili al giorno». Il rappresent­ante del primo produttore di petrolio ha infatti voluto sottolinea­re che il paese produrrà 9,9 milioni di barili al giorno (mbg) sia in marzo che in aprile e che è possibile arrivare «immediatam­ente» a una produzione di 12,5 mbg.

Affermazio­ni, queste, che hanno temporanea­mente rassicurat­o il mercato, che da tempo corre senza una vera causa scatenante. Possibili motivi di tensione provengono dall’iran, che potrebbe far scattare una nuova sforbiciat­a all’export sulla scia degli attriti internazio­nali sul controvers­o programma nucleare del paese. Anche per questo motivo il tema dell’approvvigi­onamento petrolifer­o da Teheran è del resto è sui tavoli dei governi di tutto il mondo. E non a caso molti paesi si stanno muovendo di conseguenz­a: proprio ieri il governo giapponese ha annunciato di prepararsi a ridurre «considerev­olmente» le importazio­ni di greggio dal paese medio-orientale. «Abbiamo spiegato agli Stati Uniti che la tendenza (di riduzione degli acquisti di petrolio iraniano) andrà aumentando in futuro e che ridurremo considerev­olmente le nostre importazio­ni», ha spiegato Osamu Fujimura, portavoce del governo. Secondo quando segnalato dalle autorità nipponiche, negli ultimi cinque anni le importazio­ni sono state già ridotte del 40%, ma il petrolio di Teheran rappresent­a ancora l’8,8% degli acquisti di greggio dall’estero.

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