Alla De Tomaso sfuma il socio cinese
L’azienda ancora in cerca di un investitore
La De Tomaso cinese per ora non esiste. L’incontro al ministero dello Sviluppo economico ha confermato quello che tutti, tranne la Fiom, avevano ormai ipotizzato da tempo: gli investitori stranieri (prima indiani, poi malesi ed infine cinesi), che avrebbero dovuto rilevare l ’ 80% dell’azienda inventata dal nulla – e nel nulla rimasta – dalla famiglia Rossignolo non si sono visti ed il problema per gli oltre mille dipendenti tra Torino e Livorno è diventato sempre più grave.
In realtà Gian Luca Rossignolo, direttore generale della De Tomaso, ha continuato a sostenere che l’investitore cinese, il gruppo Hotyork, esiste, è solido ed è davvero interessato a rilevare la De Tomaso. «L’investitore - assicura – ci ha garantito che l’operazione si chiuderà entro fine mese». I soldi, 500 milioni, dunque ci sarebbero e il problema sarebbe solo legato alla sottovalutazione di aspetti burocratici. «Una situazione surreale», ha però commentato l’assessore regionale al Lavoro del Piemonte, Claudia Porchietto. Preoccupata per quelle che, a partire da oggi, potranno essere le reazioni dei lavoratori, «giustamente arrabbiati per essere stati illusi sino ad ora».
In attesa che i soldi promessi si materializzino sulla rotta tra Hong Kong e Londra, per poi arrivare a Torino, il ministero ha preferito non chiudere definitivamente la porta in faccia alla De Tomaso. «Ha preso atto – spiega Porchietto – che il piano industriale non è sostenuto da risorse finanziarie e ha affidato la questione al ministero del Lavoro», affinché venga affrontata la questione della cassa integrazione. Che, ovviamente, non sarà concessa per ristrutturazione, ma per crisi.
«Il tavolo di crisi – precisa Rossignolo – non è ancora stato aperto e sino a quando non si chiude il provvedimento di cassa può essere cambiato». Come conferma Luigi Risi, responsabile nazionale Fismic, «a patto che l’azienda presenti un piano di ristrutturazione serio, e sostenuto da soldi veri, non da dichiarazioni». Per Porchietto l’importante è però far presto, per garantire un reddito ai lavoratori. E se il Piemonte ha anticipato la cassa ai lavoratori torinesi, in Toscana i dipendenti non ricevono nulla da 4 mesi.
Ora, comunque saranno convocate le assemblee per verificare non solo come tutelare il reddito dei lavoratori, ma anche come mantenere aperta l’ipotesi industriale. In caso contrario i sindacati sperano in qualche investitore straniero reale. Sulla scena dell’automotive torinese sono già comparsi intermediari di numerosi Paesi, interessati ad acquisire aziende medie e piccole.
Mentre il processo di concentrazione delle aziende dell’indotto, con la scomparsa di quelle più piccole, sta accelerando per effetto della crisi. La globalizzazione ha portato concorrenti turchi, israeliani. E all’italia sono interessati anche Paesi come il Kazakistan, impegnato in progetti per rilanciare la propria immagine economica, culturale e politica. Senza dimenticare, naturalmente, altri gruppi cinesi. Perché il marchio De Tomaso piace, con o senza la produzione torinese.