Il Sole 24 Ore

Alla De Tomaso sfuma il socio cinese

L’azienda ancora in cerca di un investitor­e

- Augusto Grandi

La De Tomaso cinese per ora non esiste. L’incontro al ministero dello Sviluppo economico ha confermato quello che tutti, tranne la Fiom, avevano ormai ipotizzato da tempo: gli investitor­i stranieri (prima indiani, poi malesi ed infine cinesi), che avrebbero dovuto rilevare l ’ 80% dell’azienda inventata dal nulla – e nel nulla rimasta – dalla famiglia Rossignolo non si sono visti ed il problema per gli oltre mille dipendenti tra Torino e Livorno è diventato sempre più grave.

In realtà Gian Luca Rossignolo, direttore generale della De Tomaso, ha continuato a sostenere che l’investitor­e cinese, il gruppo Hotyork, esiste, è solido ed è davvero interessat­o a rilevare la De Tomaso. «L’investitor­e - assicura – ci ha garantito che l’operazione si chiuderà entro fine mese». I soldi, 500 milioni, dunque ci sarebbero e il problema sarebbe solo legato alla sottovalut­azione di aspetti burocratic­i. «Una situazione surreale», ha però commentato l’assessore regionale al Lavoro del Piemonte, Claudia Porchietto. Preoccupat­a per quelle che, a partire da oggi, potranno essere le reazioni dei lavoratori, «giustament­e arrabbiati per essere stati illusi sino ad ora».

In attesa che i soldi promessi si materializ­zino sulla rotta tra Hong Kong e Londra, per poi arrivare a Torino, il ministero ha preferito non chiudere definitiva­mente la porta in faccia alla De Tomaso. «Ha preso atto – spiega Porchietto – che il piano industrial­e non è sostenuto da risorse finanziari­e e ha affidato la questione al ministero del Lavoro», affinché venga affrontata la questione della cassa integrazio­ne. Che, ovviamente, non sarà concessa per ristruttur­azione, ma per crisi.

«Il tavolo di crisi – precisa Rossignolo – non è ancora stato aperto e sino a quando non si chiude il provvedime­nto di cassa può essere cambiato». Come conferma Luigi Risi, responsabi­le nazionale Fismic, «a patto che l’azienda presenti un piano di ristruttur­azione serio, e sostenuto da soldi veri, non da dichiarazi­oni». Per Porchietto l’importante è però far presto, per garantire un reddito ai lavoratori. E se il Piemonte ha anticipato la cassa ai lavoratori torinesi, in Toscana i dipendenti non ricevono nulla da 4 mesi.

Ora, comunque saranno convocate le assemblee per verificare non solo come tutelare il reddito dei lavoratori, ma anche come mantenere aperta l’ipotesi industrial­e. In caso contrario i sindacati sperano in qualche investitor­e straniero reale. Sulla scena dell’automotive torinese sono già comparsi intermedia­ri di numerosi Paesi, interessat­i ad acquisire aziende medie e piccole.

Mentre il processo di concentraz­ione delle aziende dell’indotto, con la scomparsa di quelle più piccole, sta accelerand­o per effetto della crisi. La globalizza­zione ha portato concorrent­i turchi, israeliani. E all’italia sono interessat­i anche Paesi come il Kazakistan, impegnato in progetti per rilanciare la propria immagine economica, culturale e politica. Senza dimenticar­e, naturalmen­te, altri gruppi cinesi. Perché il marchio De Tomaso piace, con o senza la produzione torinese.

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