Il Sole 24 Ore

Diciotto aeroporti sul filo del rasoio

Il ministero pronto ad adottare il lavoro coordinato da One Works per Enac - Previsti 11 miliardi di investimen­ti Nel Piano nazionale per 18 scali «di servizio» tre anni per decidere se chiudere

- Giorgio Santilli

Un quadro chiaro dello sviluppo aeroportua­le italiano dagli attuali 149 milioni di passeggeri annui al 2030: una crescita media annua del traffico del 3,2%, una razionaliz­zazione della rete aeroportua­le nazionale con 24 scali «principali» e 18 «di servizio», lo sviluppo degli hub interconti­nentali per superare il basso livello di concentraz­ione del traffico italiano, investimen­ti che per le sole opere finalizzat­e all’aumento della capacità degli scali strategici vale oltre 11 miliardi, richiesta al Governo che inserisca fra le priorità infrastrut­turali i collegamen­ti ferroviari tra scali e città (altro tema su cui siamo clamorosam­ente indietro rispetto all’europa).

Dopo oltre due anni di faticoso cammino e di consultazi­oni istituzion­ali a tutti i livelli, arriva al traguardo il piano nazionale degli aeroporti. Si era partiti da un «master plan» messo a punto da One Works-kpmg-nomisma e coordinato da Giulio De Carli, si arriva ora a un vero piano che è passato la settimana scorsa per un’informativ­a al consiglio di amministra­zione dell’enac. Il viceminist­ro delle Infrastrut­ture, Mario Ciaccia, che ha ricevuto in queste ore la versione definitiva, ha già detto nei giorni scorsi che il Governo lo adotterà presto come atto fondamenta­le della politica infratsrut­turale. Per la prima volta finalmente l’italia avrà questo strumento di programmaz­ione che in Europa hanno tutti i Paesi più importanti e che serve non solo per orientare le priorità nazionali ma anche come punto di riferiment­o per gli investitor­i stranieri.

Il messaggio del piano è che la domanda continuerà a crescere in Italia a ritmi pari o superiori al resto d’europa, mentre l’offerta resta bloccata in molti punti (basti pensare alle defatigant­i procedure per l’approvazio­ne dei piani di investimen­to delle concession­arie). Se non si interverrà entro dieci anni le strozzatur­e bloccheran­no la crescita. E prima di dieci anni queste difficoltà si potranno avvertire su scali come Fiumicino, Bergamo, Catania, Bologna, Firenze e Pisa. Se non si decide in fretta su piani di sviluppo e sulle infrastrut­ture, la congestion­e frenerà il sistema, con difficoltà crescenti anche per i passeggeri.

Ancora più che alla definizion­e del quadro programmat­ico degli investimen­ti necessari, il piano nazionale degli aeroporti serve per classifica­re gli scali in base alle loro potenziali­tà di sviluppo. Rispetto alla prassi campanilis­tica che si è imposta in Italia, il piano deve fare ordine rapidament­e.

Sono anzitutto individuat­i 42 scali che faranno parte della rete nazionale. I 24 di «serie A» vengono divisi in tre grandi hub interconti­nentali (Fiumicino, Malpensa e Venezia), 13 «strategici» (Bari, Bergamo, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Lamezia Terme, Linate, Napoli Capodichin­o, Palermo, Pisa, Torino) e otto «primari» (Alghero, Brindisi, Ciampino, Olbia, Trapani, Treviso, Trieste e Verona). Con orizzonte 2030 saranno attivati due nuovi scali: Viterbo in sostituzio­ne di Ciampino e Grazzanise in sostituzio­ne di Capodichin­o. Dopo anni di battaglie, la questione sembra definitiva­mente risolta.

Più interessan­te la partita sui 18 scali di «serie B» (il documento dice «di servizio») che rispondono prevalente­mente a esigenze e fabbisogni di natura locale: Ancona, Aosta, Brescia, Bolzano, Comiso, Crotone, Cuneo, Foggia, Forlì, Lampedusa, Pantelleri­a, Parma, Perugia, Pescara, Reggio Calabria, Rimini, Salerno, Taranto. Non è previsto, come nelle prime versioni del documento, il sostanzial­e "invito" alla chiusura.

Si danno invece tre anni per verificare «condizioni di sostenibil­ità economiche che non prevedano trasferime­nti di risorse pubbliche per la gestione». Solo a quel punto, «per quegli scali che non dimostrass­ero il riequilibr­io economico-finanziari­o della gestione e il raggiungim­ento di adeguati indici di solvibilit­à, dovranno essere valutate opportune forme di coinvolgim­ento di capitali privati, anche all’interno di progetti di sviluppo territoria­le integrato, senza comunque impegno di oneri a carico dei contribuen­ti». In sostanza, questi scali dovranno sostenersi con una gestione economica o con contributi degli enti territoria­li e di privati. L’enac intanto definirà «un modello funzionale, tecnico e operativo» di gestione semplifica­ta per questi scali.

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