Telecom, 99 indagati per le false vendite di sim
Sotto accusa dipendenti e dealer infedeli
Quando tre anni fa i carabinieri irrompono negli uffici di Telecom Italia fanno fatica a credere a ciò che vedono. Custoditi nei cassetti di alcuni impiegati della società telefonica spuntano come funghi migliaia di fotocopie di documenti d’identità di persone inesistenti ma intestatarie di milioni di sim card. È il 19 marzo 2009. Soltanto l’inizio. In superficie emerge una vera fabbrica del falso: quella organizzata da 14 dipendenti infedeli di Telecom Italia e da 85 dealer di 66 esercizi commerciali Tim sparsi in ogni angolo del paese. Falsi i nomi degli intestatari delle sim card, false le loro carte d’identità, falsi i contratti, false le firme, false anche le dichiarazioni sui trattamenti dei dati personali per difendere una privacy di persone mai comparse sulla faccia della terra. Ma le sim, quelle erano vere. E sostanziosi erano anche i bonus che i 14 dipendenti incassavano grazie agli strabilianti risultati di vendita degli abbonamenti del "canale etnico", quello riservato agli immigrati stranieri.
Ieri la procura di Milano ha chiuso l’inchiesta sulla "banda" che tra il marzo del 2007 e il marzo del 2009 ha spacciato in tutta Italia diversi milioni di schede telefoniche intestate per la stragrande maggioranza a nomi inesistenti e per una piccola parte ad abbonati autentici ma del tutto inconsapevoli di possedere due, tre, cinque numeri di cellulare, tutti di Telecom Italia. Altro che Fausto Tonna. Neppure l’ex direttore finanziario della Parmalat era riuscito a fabbricare una tale quantità di documenti falsi.
Sono in tutto 99 le persone fisiche indagate che hanno ricevuto ieri un’informazione di garanzia e l’avviso di conclusione delle indagini. Indagata è anche la stessa Telecom Italia, in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società per non aver adottato modelli di gestione e di organizzazione efficaci per prevenire la maxitruffa delle sim da parte dei tre indagati di più alto grado: Lucio Cattaneo, ex responsabile del "canale etnico" e gli ex responsabili di area del Nord e del Sud Italia, Fabio Sommaruga e Michele Formisano. E ancora, per non aver vigilato in modo adeguato affinché gli altri 11 impiegati non si comportassero scorrettamente. L’avviso di garanzia è stato consegnato nelle mani del legale rappresentante della società, l’amministratore delegato Marco Patuano, arrivato però alla guida del gruppo nell’aprile 2011 e quindi in un periodo successivo alla truffa.
Secondo i sostituti procuratori Massimiliano Carducci e Francesco Cajani, Telecom Italia avrebbe tratto vantaggio per più di 227 milioni di euro nel solo 2008, grazie alla quota di mercato conquistata con la fantasia creativa dei 14 dipendenti coin- volti, ai quali i pm contestano l’associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione di documenti di identità e di schede sim, falsi documentali e falso nelle dichiarazioni liberatorie per il trattamento dei dati personali. Ai rivenditori Telecom viene invece contestato il concorso con i dipendenti della società per i reati di falso.
Telecom Italia si dichiara parte lesa nella vicenda e sottolinea come già nel 2008 abbia presentato due denunce contro i 14 dipendenti, sospesi dal lavoro già quattro anni fa. Nel frattempo il "canale etnico" è stato smantellato, la società è corsa ai ripari e sono state modificate le procedure interne e i sistemi di incentivazione in modo da evitare che il fenomeno si ripeta. Per più di un anno la società ha contattato milioni di clienti per verificare l’autenticità dell’intestazione delle sim card: un’operazione di "bonifica" che si sta concludendo in questi giorni.
Il numero delle schede telefoniche che erano intestate a persone inesistenti o inconsapevoli è spaventosamente alto. Si tratta di oltre cinque milioni di sim card, se a quelle dell’inchiesta dei pm Carducci e Cajani si sommano le schede emerse nell’indagine ancora aperta a Milano e guidata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Nel 2010 nell’ambito di un’inchiesta antridroga a Vicenza erano saltate fuori altre migliaia di sim fittizie. Le inchieste hanno fatto emergere un fenomeno che coinvolge in tutta Italia esponenti della criminalità. L’indagine di Milano chiusa ieri è infatti partita da un accertamento compiuto nel 2009 dai carabinieri di Busto Arsizio che avevano scoperto un dealer che rivendeva le schede fittizie. Un autentico mercato secondario e illegale delle sim card acquistate a prezzo maggiorato di chi vuole rendersi invisibile alle intercettazioni. Molti dei numeri di schede telefoniche al centro dell’inchiesta di Milano spuntano infatti in indagini sulla criminalità aperte nella stessa procura lombarda.