La Ue «salva» Eurallumina
Il Tribunale europeo annulla la richiesta di rimborso delle esenzioni fiscali concesse 11 anni fa Impianti ancora fermi ma si aprono spiragli per il committente Alcoa
Gli esattori di Equitalia, adesso, dovranno rimanere fuori dai cancelli di Eurallumina.
Sì, perché spettava a loro riscuotere i 30 milioni di euro, fra capitale e interessi, che l’azienda di Portovesme, in Sardegna, avrebbe dovuto pagare per una vecchia storia di presunti aiuti di Stato.
È questo il primo effetto della decisione del Tribunale della Ue che ieri ha annullato la scelta della Commissione che undici anni fa aveva ordinato il rimborso delle esenzioni fiscali concesse da Italia, Francia e Irlanda a favore della produzione di allumina. Nel 2001 i tre paesi, con l’autorizzazione dal Consiglio europeo, avevano introdotto esenzioni dall’accisa sugli olii minerali con cui si ottiene il vapore che serve a lavorarla. La Commissione aveva ritenuto le misure un vantaggio improprio alla società ritenendole aiuti di Stato e imponendone il recupero. E qui, in tutti questi anni, sono entrati in gioco i funzionari di Equitalia.
La cancellazione di questi trenta milioni di euro rappresenta un primo elemento di stabilizzazione in una delle crisi industriali meno "mediatizzate" ma più pericolose nell’italia di oggi, dato che riguarda l’unica fabbrica per la raffinazione della bauxite nel Mediterraneo, un anello delicatissimo nell’intera filiera dell’approvvigionamento dei metalli da parte della nostra manifattura.
La Eurallumina, che nasce nel 1968 nell’alveo del capitalismo di Stato targato Efim, è da tre anni ferma. Gli attuali azionisti, i russi di Rusal, hanno congelato l’attività e messo in cassa integrazione, in regime straordinario, i loro 350 operai e impiegati (si sale a 762 con gli addetti indiretti). Fra le ragioni di questo stop, c’è il costo dell’energia, che in questo caso non è l’elettricità usata nel suo processo industriale dall’alcoa ma il vapore, ottenuto appunto dagli olii combustibili. «Certo – dice una fonte vicina al dossier – se l’atteggiamento comunitario cambiasse davvero sul tema degli sgravi fiscali, al di là di questa specifica procedura, potrebbe diventare più facile trovare una soluzione finanziaria e industriale». Una questione complessa, in cui il rapporto fra le capitali nazionali e Bruxelles è ancora in via di rimodulazione.
Di tutto questo, si discuterà il 3 aprile al ministero dello Sviluppo economico, quando il top management guidato da Vincenzo Rosino incontrerà i sindacati e la tecnostruttura di Via Molise. Un faccia a faccia non privo di criticità, dato che il governo dovrebbe iniziare a dare risposte a domande che l’azienda, però, ha posto quando a Palazzo Chigi non c’era Mario Monti, ma Silvio Berlusconi. Un disallineamento che rende tutto complicato. In una situazione in cui le richieste formulate da Eurallumina al precedente governo, già allora, erano rimaste tutte senza risposta. Lettera morta, ai tempi di Berlusconi, gli abboccamenti sui contributi per la costruzione di una centrale. Idem le promesse per una moral suasion governativa finalizzata a un contratto vantaggioso per l’acquisto degli olii. Lo stesso dicasi per la proposta di acquistare, a un prezzo ragionevole, il vapore dalla Sulcis 2, la centrale dell’enel che oggi opera a regime ridotto, perché vincolato ai (rari) aumenti di domanda dell’(asfittico) mercato sardo.
Ora tocca al ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera e al sottosegretario, il macroeconomista Claudio De Vincenti, provare a dare delle risposte a questa crisi industriale. Comehanno già in parte fatto sbloccando, con l’agenzia delle Entrate, un rimborso dell’iva da 52 milioni di euro, che era fermo da tre anni. Passera e De Vincenti hanno fatto sapere ad Eurallumina di essere disponibili a finanziare, con un contratto di investimento, il piano industriale. Inoltre, gli enti locali hanno identificato un’area di 16 ettari dove stoccare i fanghi rossi, residui della lavorazione.
Questa crisi resta "di sistema". Le vicende del polo siderurgico di Portovesme, una delle ultime (malandate) roccaforti dell’industria pesante italiana, si intrecciano con quelle della Alcoa, che licenzierà i suoi oltre 500 addetti il 4 aprile, se non si sarà raggiunto un accordo con i sindacati. E, in qualche maniera, si condizionano l’una con l’altra. Anche in maniera positiva. Le attività dei due impianti si intrecciano. Eurallumina produce allumina dalla bauxite e la vende ad Alcoa, che ne ricava alluminio fuso. Dunque, in un contesto che non deve lasciare spazio a facili entusiasmi, più di un osservatore rileva come un eventuale miglioramento delle condizioni di salute del paziente chiamato Eurallumina, potrebbe rendere più attraente anche l’investimento in Alcoa.
Il destino dell’impianto sardo è legato a quello della Alcoa, a cui viene venduta l’allumina prodotta dalla bauxite