Investimenti francesi per lo stabilimento di Novaol
Otto milioni per aprire Porto Corsini
Otto milioni di investimento, che seguono i 27 dell’anno scorso per aprire lo stabilimento industriale di Porto Corsini, sul mare ravennate. «Ma saranno gli ultimi soldi che il gruppo francese punta su questo Paese, se il quadro legislativo italiano non cambia», premette Pier Giuseppe Polla, amministratore delegato di Novaol, ex Montedison e dal 2005 società della galassia Sofiprotéol, leader europeo nella produzione di biodiesel (un gruppo da 5,6 miliardi di ricavi e 6.400 addetti).
Il bis del gruppo francese a Ravenna, per avviare la produzione di glicerina (che è un co-prodotto della lavorazione del biodiesel) a uso farmaceutico e cosmetico più che una buona notizia, infatti, è una medicina amara, per salvare l’investimento già avviato in un mercato, quello italiano del biodiesel, in crollo verticale e nessuna prospettiva, alla luce della concorrenza senza barriere dei prodotti di importazione, Malesia, Indonesia e Argentina in prima fila. «La decisione di investire qui – spiega l’ad – risale al 2010, quando c’erano già le prime avvisaglie di difficoltà ma ancora un gruppo come il nostro, con 3,5 milioni di tonnellate di capacità installata per il biodiesel con impianti in sei paesi europei, poteva rischiare. C’è un legame storico con l’italia, perché è qui, nell’altra nostra sede di Livorno, che nel 1990 è stato aperto il primo impianto di biodiesel al mondo. Ma le cose, da due anni a questa parte, sono cambiate». Da un paio d’anni, infatti, sono arrivati i prodotti di importazione a base di olio di palma che costano, finiti, come la materia prima europea da trasformare in biodiesel e l’italia è uno dei pochi Paesi della Ue, assieme alla Spagna, a non aver protetto il proprio mercato dei biocarburanti, per sganciarsi – come ha fatto invece il Nord Europa – dall’import extra Ue e spronare lo sviluppo alternativo dell’agricoltura.
«Fatto sta che quando Sofiprotéol, a fine anno, doveva decidere dove localizzare un nuovo investimento da oltre un centinaio di milioni tra spremitura dei semi e produzione di biodiesel – raccolta Polla – tra l’italia e la Romania ha scelto quest’ultima». Eppure a Porto Corsini la società aveva trovato una strategica posizione tra porto canale, porto, terminal ferroviari, infrastrutture logistiche «e va anche riconosciuto all’amministrazione ravennate un atteggiamento propositivo verso i potenziali investitori e grande efficienza nella soluzione dei problemi», riconosce l’ad, che ha inaugurato nell’aprile scorso il primo impianto per biodiesel a Ravenna e ieri ha prodotto invece, grazie alla nuova iniezione di 8 milioni, il primo campione di glicerina distillata. «La produzione a regime arriverà a 30mila tonnellate, per il 60% destinata all’export, in particolare grazie a un contratto con Solvay per la Thailandia, mentre in parte – continua l’ad – andrà a sostituire la glicerina da noi commercializzata in Italia attraverso un’altra controllata, ma prima prodotta in Belgio».
L’ingresso nel settore farmaceutico dovrebbe permettere a Novaol di recuperare un po’ di margini, dopo un bilancio 2011 chiuso sì con un buon fatturato (453 milioni contro i 370 dell’anno precedente), ma con una perdita di 11 milioni. «Pur di lavorare – sottolinea l’ad – lo si fa in perdita. L’impianto di Porto Corsini, con 30 dipendenti, 5 appena assunti, è rimasto l’unico in attività in Italia. A Livorno, un sito con una capacità di 250mila tonnellate di biodiesel l’anno, saremo costretti ad alzare bandiera bianca, dopo aver investito l’anno scorso 4,5 milioni per cercare di resistere».
I 30 addetti livornesi sono in Cig, così come quasi tutti i 400 addetti del settore in Italia. Un paese con una capacità produttiva potenziale annua di 1,8 milioni di tonnellate di biocarburante (che viene miscelato al gasolio tradizionale), una domanda 2011 di 1,6 milioni e appena il 30% (480mila tonnellate) prodotte in patria.
Di cui 300mila nei due stabilimenti Novaol, di fatto leader nazionale.