Un’imprenditrice cinese rilancia il marchio Desmo
Aperti due monomarca
Ha presentato la sua collezione di borse all’ultimo Pitti Woman, guadagnando così il traguardo di primo espositore cinese nella storia della fiera. Per arrivare lì, Lin Suping, 32 anni, nata a Wenzhou – patria dei cinesi d’italia – e cresciuta in Toscana, tra Empoli e Firenze, ha rilevato Desmo – marchio di pelletteria fondato nel 1976 e ancora nella mente di molti fiorentini, seppur da tempo finito in un cassetto – e vi ha costruito attorno un progetto totalmente made in Italy, rivolto a un target di fascia alta. Poi, nell’estate scorsa, ha aperto il primo monomarca in via Tornabuoni, la strada fiorentina dello shopping di lusso, seguito ora da un altro negozio a Taiwan.
«Il progetto Desmo è nato dall’incontro tra Oriente e Occidente – spiega Suping, per tutti Sara, un passato come responsabile creativa di un’azienda francese di pelletteria – e dalla passione per il made in Italy e per la qualità che si esprime nel polo fiorentino della pelletteria». Ad attrarla sono state le lavorazioni "a intreccio" di Desmo (nella foto), il suo ricco archivio, il passato di successo sul mercato americano: «E infatti il nostro intento è recuperare i "vecchi" mercati – spiega Sara Lin – e conquistarne di nuovi, prima di tutto in Cina e in Giappone, ma anche in Russia e Brasile. Finora ho investito un milione di euro, e adesso l’obiettivo è acquistare credibilità. Dopodiché io non metto limiti alla crescita, ho un progetto molto ambizioso e credo che, se il gruppo di lavoro resterà affiatato, lo sviluppo verrà da sé». Quel gruppo di lavoro – che comprende uno dei grandi maestri modellisti fiorentini come Giampiero Raveggi, ex di Gucci e Prada – ha trovato casa nell’azienda di pelletteria che dal 2008 Sara Lin possiede all’osmannoro (Sesto Fiorentino) e che ha battezzato col nome dei suoi figli, Jacky & Celine: un marchio giovane, declinato su una linea di borse e accessori fino a oggi prodotta in Cina. «Sono stata introdotta nel mondo della pelletteria da mio marito quando avevo 19 anni – racconta Sara – e oggi, tra Italia e Cina, abbiamo un gruppo di società che fattura dieci milioni di euro e che produce per Jacky & Celine, per alcune private label e per Desmo». Finora la divisione era netta: Jacky & Celine made in China, Desmo made in Italy. Ma i pellami italiani e le mani degli artigiani fiorentini hanno conquistato l’imprenditrice cinese, che per questa primavera-estate ha disegnato anche una collezione di borse Jacky & Celine made in Italy, in vera pelle. Ma sia chiaro, sottolinea Sara, che «il mio made in Italy non è fatto nei laboratori cinesi che si trovano in questa zona, anche se penso che, con un adeguato controllo, sarebbero in grado di realizzare borse di qualità». Sui suoi connazionali che, tra Firenze e Prato, hanno creato un distretto della moda in gran parte illegale, Sara ha le idee bene chiare: «Se i cinesi vogliono stare in Italia devono regolarizzarsi. Quando ho deciso di mettere la faccia in questo progetto volevo anche dimostrare che si può fare impresa seguendo le regole».