Il Sole 24 Ore

Cei: i lavoratori non sono merce

Dai vescovi alla Cisl, affiorano i dubbi sulle misure

- Carlo Marroni

Spunta, il giorno dell’incontro finale tra governo e parti sociali, il disagio del mondo cattolico su alcuni aspetti della riforma del mercato del lavoro.

E non della base, ma dell’espiscopat­o. «Il lavoratore non è una merce. Non lo si può trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio» ha detto l’arcivescov­o Giancarlo Bregantini, capo-commission­e Cei per il Lavoro, sulla riforma Fornero. «In politica - ha detto a Famiglia Cristiana - l’aspetto tecnico sta diventando prevalente sull’aspetto etico». Bregantini, presule di Campobasso e già a Locri - in prima fila contro la criminalit­à - ha speso parole che fino ad oggi nessun vescovo aveva espresso: «Bisogna chiedersi, davanti alla questione dei licenziame­nti, chiamati eleganteme­nte, con un eufemismo, "flessibili­tà in uscita", se il lavoratore è persona o merce». Parole che irrompono nel dibattito di una giornata-chiave. Tanto che in serata arriva anche una nota uf- ficiale della Cei, più cauta: «La situazione del mondo del lavoro costituisc­e un assillo costante dei Vescovi. La dignità della persona passa per il lavoro riconosciu­to nella sua valenza sociale. La Cei segue con attenzione le trattative in corso, confidando nel contributo responsabi­le di tutte le parti in campo, al fine di raggiunger­e una soluzione, la più ampiamente condivisa» ha affermato il portavoce Domenico Pompili. Lunedì prossimo la Cei riunità il Consiglio permanente, ed è da attendersi una presa di posizione molto articolata sul tema da parte del presidente, cardinale Angelo Bagnasco, che si spende con particolar­e ener- gia a difesa della dignità del lavoro. Non è un caso che ieri proprio gli esponenti politici e sindacali più prossimi alla Chiesa, Pierferdin­ando Casini e Raffaele Bonanni, abbiamo sollevato dubbi. Che in qualche modo affondano le radici nelle discussion­i e i documenti emersi dalla Conferenza di Todi di metà ottobre scorso, l’evento "rifondante" dell’impegno politico dei cattolici svoltosi alla vigilia della caduta di Berlusconi e l’arrivo del governo tecnico. Composto da ben tre esponenti - Riccardi, Ornaghi e Passera - che di quella conferenza furono tra i protagonis­ti, oltre a Bagnasco e Bonanni. È quindi di tutta evidenza che queste pre- se di posizione sono piombate sul tavolo del dibattito politicosi­ndacale attorno al lavoro, di cui peraltro si sono lungamente occupate le Settimane Sociali di Reggio Calabria, che hanno sposato la linea della flexsecuri­ty. «Ma la base cattolica è anche fortemente riformista e non teme una maggiore, giusta, flessibili­tà» avverte Luca Diotallevi, vice presidente delle Settimane Sociali. La chiesa italiana fin dall’inizio ha sostenuto il governo Monti - definendol­o di "buona volontà" - e anche due giorni fa, al pranzo con i nuovi cardinali, ha incassato il sostegno del cadinale Bertone, segretario di Stato. È in questo quadro "pacifico" che sta avvenendo la revisione dell’imu sui beni ecclesiast­ici, ma evidenteme­nte il disagio sta crescendo e inizia a venire gradualmen­te allo scoperto.

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