Reintegro a perimetro ristretto
Il nuovo regime esclude il rientro in azienda per i licenziamenti da crisi
Buona parte della complicata partita sull’articolo 18 si gioca sulla promessa del premier Monti di evitare abusi: «Mi impegno – ha assicurato ieri alle parti sociali – affinché non ci sia il rischio che il binario dei licenziamenti economici possa essere abusato». Un impegno che potrebbe concretizzarsi in queste ore in una nuova formulazione del testo che eviti, con una serie di paletti e magari più controlli, che dietro a un licenziamento per motivi economici se ne nasconda uno per ragioni disciplinari o, peggio ancora, di tipo discriminatorio.
Ma i lati ancora oscuri della nuova "flessibilità in uscita" non finiscono qui: in gioco c’è anche l’impatto della riforma sul pubblico impiego che, nonostante le rassicurazioni del ministro Fornero («la norma non riguarda gli statali»), in qualche modo dovrà essere chiarito. Magari con una specifica deroga da inserire nel testo definitivo (si legga anche l’articolo più in basso). Oppure con una norma di raccordo che ne delinei i confini di applicazione nella Pa, visto che il testo unico che disciplina il lavoro pubblico (il Dlgs 165/2001) su questo fronte non lascia dubbi, chiarendo all’articolo 51 che lo Statuto dei lavoratori e le sue «successive modificazioni» devono essere applicati anche ai dipendenti pubblici. Il punto non è di lana caprina. E su questo il Governo dovrà dire una parola definitiva.
La riscrittura dell’articolo 18, che dal 1970 fino a oggi ha disciplinato il sistema sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi (senza giusta causa o giustificato motivo) prevede nella nuova versione due diversi regimi che si applicano per tutti i lavoratori, non solo per i neoassunti. Per i licenziamenti economici giudicati illegittimi, il giudice ordina il pagamento di un’indennità risarcitoria omnicomprensiva, tra 15 e 27 mensilità. Per i licenziamenti disciplinari il giudice deciderà tra reintegrazione – prevista nei casi più gravi – e indennizzo, sempre tra 15 e 27 mensilità. Nel caso, invece, che il giudice qualifichi il licenziamento come discriminatorio, è confermato l’attuale apparato sanzionatorio dell’articolo 18, con il reintegro obbligatorio a prescindere dalle dimensioni dell’impresa.
La distinzione può sembrare netta, ma nella pratica è sicuramente molto più sottile e scivolosa e rischia, così com’è scritta nelle carte che sono circolate fino a ieri, di iniettare massicce dosi di incertezza e di affidare di nuovo un potere enorme ai giudici (si legga anche l’articolo a fianco). Il nodo dei possibili «abusi» richiamati ieri dal premier Monti è, infatti, molto più ingarbugliato di quanto sembri. Nel caso di licenziamenti indivi- duali per giustificato motivo oggettivo, dettati cioè da motivi economici, l’impresa dovrà dimostrare carte alla mano che il licenziamento è dovuto a ragioni specifiche e concrete: dalla riorganizzazione, ad esempio, dell’attività produttiva che rende non più necessario quel lavoratore fino al fatto che lo stesso "esubero" è inserito in un’unità in crisi incapace di produrre di più. Ma anche il lavoratore licenziato in maniera illegittima, dal canto suo, sarà interessato a "dare battaglia" perché la distinzione tra licenziamento economico e disciplinare non è più poco importante, come in passato. Con il nuovo articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sarà molto più conveniente per il lavoratore il licenziamento disciplinare che è più compensato e può consentire, se così decide il giudice, anche il reintegro.
Insomma l’incertezza rischia di regnare ancora di più che in passato con l’effetto probabile di innescare un’esplosione del contenzioso. Non solo: per le imprese, a questo punto, c’è l’incentivo a seguire la strada dei licenziamenti collettivi al posto di quelli individuali.
Per i licenziamenti discriminatori (ragioni politiche, religiose, razziali) resta, infine, confermata l’attuale copertura dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: il giudice potrà dunque ordinare il reintegro a prescindere dalla dimensione di impresa, anche se sotto i 15 dipendenti, esattamente come è avvenuto finora.