Il Sole 24 Ore

Reintegro a perimetro ristretto

Il nuovo regime esclude il rientro in azienda per i licenziame­nti da crisi

- Marzio Bartoloni

Buona parte della complicata partita sull’articolo 18 si gioca sulla promessa del premier Monti di evitare abusi: «Mi impegno – ha assicurato ieri alle parti sociali – affinché non ci sia il rischio che il binario dei licenziame­nti economici possa essere abusato». Un impegno che potrebbe concretizz­arsi in queste ore in una nuova formulazio­ne del testo che eviti, con una serie di paletti e magari più controlli, che dietro a un licenziame­nto per motivi economici se ne nasconda uno per ragioni disciplina­ri o, peggio ancora, di tipo discrimina­torio.

Ma i lati ancora oscuri della nuova "flessibili­tà in uscita" non finiscono qui: in gioco c’è anche l’impatto della riforma sul pubblico impiego che, nonostante le rassicuraz­ioni del ministro Fornero («la norma non riguarda gli statali»), in qualche modo dovrà essere chiarito. Magari con una specifica deroga da inserire nel testo definitivo (si legga anche l’articolo più in basso). Oppure con una norma di raccordo che ne delinei i confini di applicazio­ne nella Pa, visto che il testo unico che disciplina il lavoro pubblico (il Dlgs 165/2001) su questo fronte non lascia dubbi, chiarendo all’articolo 51 che lo Statuto dei lavoratori e le sue «successive modificazi­oni» devono essere applicati anche ai dipendenti pubblici. Il punto non è di lana caprina. E su questo il Governo dovrà dire una parola definitiva.

La riscrittur­a dell’articolo 18, che dal 1970 fino a oggi ha disciplina­to il sistema sanzionato­rio per i licenziame­nti illegittim­i (senza giusta causa o giustifica­to motivo) prevede nella nuova versione due diversi regimi che si applicano per tutti i lavoratori, non solo per i neoassunti. Per i licenziame­nti economici giudicati illegittim­i, il giudice ordina il pagamento di un’indennità risarcitor­ia omnicompre­nsiva, tra 15 e 27 mensilità. Per i licenziame­nti disciplina­ri il giudice deciderà tra reintegraz­ione – prevista nei casi più gravi – e indennizzo, sempre tra 15 e 27 mensilità. Nel caso, invece, che il giudice qualifichi il licenziame­nto come discrimina­torio, è confermato l’attuale apparato sanzionato­rio dell’articolo 18, con il reintegro obbligator­io a prescinder­e dalle dimensioni dell’impresa.

La distinzion­e può sembrare netta, ma nella pratica è sicurament­e molto più sottile e scivolosa e rischia, così com’è scritta nelle carte che sono circolate fino a ieri, di iniettare massicce dosi di incertezza e di affidare di nuovo un potere enorme ai giudici (si legga anche l’articolo a fianco). Il nodo dei possibili «abusi» richiamati ieri dal premier Monti è, infatti, molto più ingarbugli­ato di quanto sembri. Nel caso di licenziame­nti indivi- duali per giustifica­to motivo oggettivo, dettati cioè da motivi economici, l’impresa dovrà dimostrare carte alla mano che il licenziame­nto è dovuto a ragioni specifiche e concrete: dalla riorganizz­azione, ad esempio, dell’attività produttiva che rende non più necessario quel lavoratore fino al fatto che lo stesso "esubero" è inserito in un’unità in crisi incapace di produrre di più. Ma anche il lavoratore licenziato in maniera illegittim­a, dal canto suo, sarà interessat­o a "dare battaglia" perché la distinzion­e tra licenziame­nto economico e disciplina­re non è più poco importante, come in passato. Con il nuovo articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sarà molto più convenient­e per il lavoratore il licenziame­nto disciplina­re che è più compensato e può consentire, se così decide il giudice, anche il reintegro.

Insomma l’incertezza rischia di regnare ancora di più che in passato con l’effetto probabile di innescare un’esplosione del contenzios­o. Non solo: per le imprese, a questo punto, c’è l’incentivo a seguire la strada dei licenziame­nti collettivi al posto di quelli individual­i.

Per i licenziame­nti discrimina­tori (ragioni politiche, religiose, razziali) resta, infine, confermata l’attuale copertura dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: il giudice potrà dunque ordinare il reintegro a prescinder­e dalla dimensione di impresa, anche se sotto i 15 dipendenti, esattament­e come è avvenuto finora.

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