I dubbi sulla Spagna accendono lo spread
Il differenziale Btp-bund sale a 318 punti, quello di Madrid vola a quota 358
La Spagna fa sempre più paura ai mercati internazionali. Ieri il rendimento dei titoli di stato decennali di Madrid è salito sopra il 5,5% per la prima volta dal 20 gennaio scorso. Una fiammata che, come accaduto anche nei giorni scorsi, ha riacceso i timori un po’ su tutto il debito periferico europeo, Italia inclusa. Tanto che lo spread tra Roma e Berlino si è ampliato a 318 punti dai 302 del giorno precedente.
La sensazione, tuttavia, è che l’umore degli investitori sui due Paesi sia divergente, nonostante il comune ribasso dei prezzi delle ultime sedute. I BTP italiani provengono da un rally impressionante. I tassi sulla scadenza decennale sono crollati del 30 per cento circa dal 9 gennaio ad oggi, atterrando all’attuale 5% dall’originario 7,15 per cento. «Un’impennata come quella cui si sta assistendo era insomma da mettere in conto. Qualche operatore sta semplicemente incassan- do i profitti maturati alla luce del forte incremento dei prezzi delle ultime sedute», spiega un analista obbligazionario di una grande banca italiana. E tanto meno è possibile escludere nuove escursioni dello spread verso l’alto: alcuni osservatori stimano possibili riaperture fino a 350 punti base. «Un tetto, questo, che se superato farebbe nuovamente accendere la spia dell’allarme sul rischio Italia», aggiunge l’analista.
Diverso lo scenario sul debito spagnolo. In questo caso l’effetto benefico del maxi prestito di Francoforte sui costi del debito spagnolo sembra esserci stato solo in parte. Da inizio anno i tassi dei Bonos spagnoli non smettono di essere in altalena: dopo un raffreddamento nella seconda metà di gennaio, hanno ripreso quota in febbraio per ridiscendere e poi rischizzare nuovamente dal 4,88% di inizio marzo al 5,5% attuale. È un trend, spiegano gli analisti, che porta con sé tutte le incertezze degli operatori sul fu- turo del paese iberico. A fine febbraio, il premier spagnolo Mariano Rajoy ha detto che la situazione del Paese è "difficile" dopo la pubblicazione dei dati del deficit registrato nel 2011, all’8,51% invece del 6% previsto dal precedente Governo di Luis Zapatero. L’obiettivo del 5,3% entro l’anno non è esattamente a portata di mano. Senza contare che, con un debito sul Pil al 68,5% nel 2011, le possibilità di mantenerlo all’80% entro il 2014/2015, come previsto, appaiono scarse. La stessa Ubs ha rivisto al ribasso le stime sul Pil, prevedendo un calo del 2% nel 2012 dall’1,5% prece- dente. A preoccupare gli investitori sono anche l’alto tasso di disoccupazione giovanile, l’elevato deficit di bilancio, il fragile sistema bancario.
Di scarso aiuto appare anche lo scenario macroeconomico in Europa come in Cina. L’attività manifatturiera di Pechino è risultata in calo a marzo per il quinto mese consecutivo. E la stima preliminare dell’indice Pmi composito dell’eurozona, che riflette l’andamento e le aspettative per l’attività manifatturiera e dei servizi, si è attestata a marzo a 48,7 punti, al di sotto della previsione di 49,8 punti, sotto la soglia dei 50 punti che fa da spartiacque tra espansione e contrazione del ciclo. Anche per questi motivi le Borse ieri hanno chiuso in rosso, dal -1,7% di Milano al -1,27% di Francoforte, dal -1,56% di Parigi al -0,79% di Londra. In flessione anche L’S&P 500 (-0,72%) e il Nasdaq (-0,39%).