Il Sole 24 Ore

Ente Mps blocca i fondi Si allunga la cordata di impreditor­i italiani

L’istituto toscano lascia altre 24 ore per rivedere le condizioni La Fondazione: offerte degli istituzion­ali inadeguate

- Cesare Peruzzi

C’è un problema di prezzo e c’è un problema di governance. Il gelo sceso in queste ore a raffreddar­e l’entusiasmo intorno al passaggio di quote Montepasch­i dal portafogli­o della Fondazione Mps a quello di alcuni fondi di private equity ha questa doppia spiegazion­e.

Le offerte arrivate a Siena alla scadenza di martedì scorso non sono sembrate adeguate (sotto il profilo economico) all’ente presieduto da Gabriello Mancini, che infatti ha chiesto un aggiorname­nto allungando a oggi il termine ultimo per la consegna delle nuove proposte. Intanto il titolo Mps ha perso terreno (ieri -3,47% a 0,36 euro) e i fondi, che ovviamente vorrebbero un ruolo nella governance del gruppo di Rocca Salimbeni, hanno deciso di temporeggi­are. Proprio come la Fondazione. Per tattica oppure per strategia, i due fronti sembrano oggi più distanti di ieri (vedere altro servizio).

Equinox si tira indietro, Clessidra nicchia e gli altri (da Optimum a Sator a Sete Brasil) restano alla finestra, in attesa di prezzi di mercato più appetibili e di un’offerta d’alleanza da parte dell’azionista senese che vada oltre il semplice patto di consultazi­one. Per questo secondo aspetto, il tempo stringe: solo chi acquista titoli entro il 27 marzo potrà infatti rientrare nelle liste elettorali che devono essere depositate non oltre il 2 di aprile, in vista dell’assemblea di bilancio del 27, quando insieme ai conti del 2011 (che chiuderann­o in rosso per la svalutazio­ne degli avviamenti) verrà insediato il nuo- vo consiglio, con Alessandro Profumo al vertice e Fabrizio Viola amministra­tore delegato.

Il fronte dei privati, ai quali gli advisor Mediobanca e Rothschild hanno inviato il dossier della Fondazione che prevede l’acquisto di piccole quote Mps (intorno allo 0,5%), va invece avanti a passo spedito. È già passato di mano intorno al 5% del capitale di Rocca Salimbeni e, anche se nessun nome è stato ufficializ­zato (a parte quello non smentito di Edoardo Caltagiron­e), sono molte le famiglie del capitalism­o italiano che in que- ste ore stanno valutando l’opportunit­à d’investire un po’ di soldi nella banca senese. Tra questi anche i fiorentini Aleotti (gruppo Menarini), Patrizio Bertelli, gli Angelini di Roma e il pisano Maurizio Mian.

Se qualcuno coltiva ambizioni di rappresent­anza nel board (si parla di un pacchetto del 4% in procinto di essere rilevato, ma sono voci incontroll­ate), anche in questo caso la scadenza del 27 marzo resta decisiva. Più facile, come detto, che i privati puntino a quote minori: una prospettiv­a che, tra l’altro, non spiace a Siena che così potrebbe continuare a giocare il ruolo di pivot solitario nell’azionariat­o della banca, magari senza scendere troppo sotto il 40% del capitale (adesso è al 44% circa).

La Fondazione deve centrare due obiettivi: difendere almeno il 33,5% come richiesto dalle istituzion­i locali di riferiment­o e fare cassa in misura adeguata per rimborsare 600 milioni di debito (su 900), destinando altri 100-150 milioni al funzioname­nto dell’attività ordinaria, dal momento che a questo giro nessuno si aspetta un dividendo da Rocca Salimbeni.

Numeri alla mano, con gli attuali prezzi di mercato e stimando di ricavare 200 milioni dalla vendita delle partecipaz­ioni minori (Cdp, F2i, Sator, Mediobanca), all’ente può bastare cedere il 10-12% di Banca Mps (valore 4-500 milioni), conservand­o così una riserva strategica pari al 3-5% circa di azioni ancora utilizzabi­le. Questo spiega la prudenza degli uomini della Fondazione nei confronti dei fondi di private equity.

Martedì 20 marzo non scadeva solo il termine (poi prorogato a oggi) per presentare le offerte a Palazzo Sansedoni, ma ricorreva anche la morte del beato Abrogio Sansedoni, teologo senese scomparso nel 1286, la cui famiglia abitò le stanze oggi occupate dalla Fondazione, che celebra la ricorrenza con una funzione religiosa durante la quale ai bisognosi della città viene offerto pane benedetto e un po’ di denaro. Così è stato anche quest’anno. Proprio mentre a Siena arrivavano altre offerte, segno dei tempi e dell’alterna fortuna terrena, grazie alle quali però la tradizione filantropi­ca forse potrà continuare.

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