Il Sole 24 Ore

Arretra la domanda dall’asia, scendono le quotazioni dell’oro

Pesa la serrata, per protesta, dei gioiellier­i indiani Prezzi ai minimi da metà gennaio

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Il rafforzame­nto del dollaro e la debolezza della domanda asiatica fanno scivolare ancora i prezzi dell’oro che si assestano sui minimi da più di due mesi a questa parte.

Il metallo prezioso ha ceduto questo mese circa il 3%, con il secondo fixing che a Londra segnava ieri quota 1635,5 dollari l’oncia e la prima posizione dei future a New York in calo di circa lo 0,4% a quota 1643 dollari. I prezzi sono lontani dai massimi storici raggiunti lo scorso settembre oltre la soglia dei 1.900 dollari, eppure segnano comunque una crescita rispetto ai 1.590 dollari di inizio anno.

La perdita di slancio del metallo prezioso nelle ultime settimane può essere attribuita al raffreddar­si delle aspettativ­e su un terzo quantitati­ve easing da parte della Federal Reserve, ma un peso ce l’hanno anche i segnali poco rassicuran­ti in arrivo dall’asia. Con l’indice manifattur­iero cinese in calo per il quinto mese consecutiv­o la cautela è prevalsa sui mercati, anche perché Pechino, pur dietro all’india, rimane il secondo consumator­e mondiale di questo metallo. Del resto in questi ultimi giorni i mercato hanno sofferto anche la latitanza degli acquisti indiani: nel Paese i gioiellier­i sono chiusi dal weekend scorso per protesta contro la tassa di importazio­ne sui lingotti introdotta dal governo di Nuova Delhi. E nel complesso il rafforzame­nto della divisa americana non facilita la ripresa degli acquisti fuori dagli Stati Uniti.

Una varietà di segnali a cui si associano le previsioni ancora non rosee sulle prospettiv­e di ripresa dell’economia globale che stanno condiziona­ndo l’andamento dell’oro. Se da un lato, infatti, i beni rifugio dovrebbero beneficiar­e delle incertezze economiche, la crisi globale ha comunque dimostrato di avere conseguenz­e anche sui prezzi dei metalli preziosi.

Recentemen­te, poi il ritorno degli investitor­i sull’azionario ha fatto sperimenta­re una flessione degli asset più difensivi, ma è anche vero che nell’ultimo anno il comportame­nto dell’oro, sempre più assimilabi­le a un’asset class, è diventato difficile da fotografar­e.

Anche per questo le previsioni degli analisti rimangono caute. I fondi che sembrano meno interessat­i ad accumulare riserve (fenomeno evidente dai dati diffusi due giorni fa sugli Etf sull’oro) danno il polso del progressiv­o allontanar­si degli investitor­i. Secondo quanto hanno spiegato gli analisti di Commerzban­k a Bloomberg i prezzi potrebbero rimanere sotto pressione e, anzi, l’analisi tecnica basata sulle serie di Fibonacci dice che potrebbero anche scendere sotto i 1600 dollari l’oncia.

La debolezza dei livelli di questo mese, intanto, ha portato alcune banche centrali ad arrotondar­e le proprie posizioni sul mercato, con un acquisto complessiv­o che ha raggiunto le quattro tonnellate di lingotti nelle ultime settimane. A muovere un po’ i mercati è stato solo l’annuncio del ministro delle finanze inglese George Osborne che si era detto disponibil­e a un aumento delle riserve inglesi. Una ripresa che però si è raffreddat­a subito quando da Londra è arrivata una rettifica, chiarendo che per il momento il Tesoro non avrebbe aumentato la quantità di lingotti detenuti.

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