Export al traino degli Usa
Le vendite extra-ue crescono a febbraio dell’11,8% - Performance doppia per gli Stati Uniti Seconda frenata consecutiva per la Cina - Berna è sempre meta per l’oro
In corrispondenza della riga "Cina", sulle statistiche Istat del commercio estero, compare ancora il segno meno. Per le nostre esportazioni verso Pechino è il secondo calo tendenziale consecutivo, in precedenza era accaduto solo nel settembre del 2009, nel pieno della crisi innescata dai mutui Usa e dal crack di Lehman Brothers.
Anche se il bilancio globale dell’export italiano con i paesi extra Ue resta positivo e decisamente migliore rispetto a gennaio, con una crescita a febbraio dell’11,8% su base tendenziale, i segnali che arrivano evidenziano il rallentamento in atto in alcune aree che in passato avevano garantito performance rilevanti. La frenata cinese con acquisti in calo del 4,8% nel mese, è replicata dall’india (-4,5%) mentre restano praticamente al palo altre due "star" degli ultimi anni come Russia e Turchia.
Da mesi gli imprenditori si interrogano sulla tenuta della crescita di Pechino, con segnali contrastanti lanciati dall’economia negli ultimi mesi. Le stime più recenti vedono in effetti un rallentamento dello sviluppo, con il governo che ha ridotto all’8,5% le stime di Pil per il 2012. Ma la riduzione degli acquisti può avere anche altre radici. «Il parziale stop cinese – spiega il vicepresidente di Prima Industrie Domenico Appendino – si può spiegare in parte con una crescita progressiva del ruolo delle imprese locali anche nei settori a più alto contenuto tecnologico. Chi ha joint venture sul territorio, ed è il nostro caso, vede numeri positivi. Chi invece esporta comincia a vivere progressivamente la concorrenza delle aziende locali, e questo sta avvenendo ad esempio nel comparto delle macchine utensili». Nel settore delle macchine utensili, in generale, i dati Ucimu evidenziano per la Cina nel 2011 una crescita del nostro export pari al 20,2%, di gran lunga inferiore rispetto al +40,6% della Germania o al +97,3% degli Stati Uniti.
Tornando ai dati globali, sul mese di febbraio può aver pesato anche lo stop quasi completo imposto al nostro sistema dei trasporti dalla maxi-nevicata che ha colpito l’intero paese, e tuttavia altre aree geografiche si dimostrano decisamente più toniche. Gli Stati Uniti continuano a correre, confermando le recenti sensazioni di una ripresa del sistema manifatturiero locale e dei conseguenti acquisti per i nostri beni. Gli Usa crescono su ba- 7 Vengono definiti "Paesi Eda" (economie dinamiche asiatiche) i paesi asiatici, diversi dalla Cina e dal Giappone, fortemente industrializzati e contraddistinti da un’economia in forte ascesa. Si tratta di Singapore, Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Malaysia e Thailandia. Dell’asean, l’associazione delle nazioni del Sud-est asiatico, sono membri Brunei, Indonesia, Malaysia, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam, nonché Laos e Birmania, che hanno aderito a metà del 1997. Nel 1999 ha fatto il suo ingresso anche la Cambogia se tendenziale del 21,5%, garantendo inoltre un saldo commerciale positivo per poco meno di un miliardo. Sviluppo analogo per i paesi del Mercosur, con in testa il Brasile. «Per noi rappresenta quasi la metà dei ricavi – spiega Cinzia Schiatti, imprenditrice nei macchinari per il vetro e presidente dell’associazione di categoria Gimav –. Gennaio e febbraio per noi sono andati bene, con una crescita media del 15%. Certo, otteniamo questi risultati solo grazie al fatto che il 90% dei nostri ricavi è oltreconfine, contare sul mercato interno di questi tempi è problematico».
Il Giappone rimbalza del 22% dopo lo shock provocato dallo tsunami e dalla catastrofe nucleare ma è ancora una volta la Svizzera, e ancora una volta grazie all’oro, la vera star del mese. Le esportazioni verso Berna sono cresciute del 35,7% e il saldo commerciale dei primi due mesi dell’anno è positivo per quasi due miliardi di euro.
I dati disaggregati non sono disponibili, ma analizzando il trend del 2011 si può intuire che stia proseguendo l’esodo di metallo giallo, esportato legalmente soprattutto dai "compra-oro". (si veda Il Sole 24 Ore del 29 novembre 2011). «Settore molto frastagliato e con poche regole – spiega la presidente di Federorafi Licia Mattioli – ecco perché stiamo lavorando per includere nella federazione anche questi soggetti». Nel 2011 l’export di oro grezzo verso la Svizzera è stato pari a 4,3 miliardi, più del doppio rispetto al 2010. Anche grazie a queste vendite, proseguite nel 2012, l’italia riesce a contenere il disavanzo globale, sceso a febbraio a 1,5 miliardi di euro dai 2,3 miliardi dello stesso mese dell’anno precedente. Determinante, per il nostro passivo, il peso dei prodotti energetici, senza i quali in realtà avremmo un attivo manifatturiero di quattro miliardi di euro.