L’impresa la fa lo studente
Grazie alla sinergia con le Pmi 120 istituti creano start up e si autofinanziano Tra Miur e Abi un accordo per sostenere l’innovazione in aula
Un simulatore nautico, una piattaforma aperta di didattica su Ipad, un festival della cultura latina, una coop di giovani agricoltori. Quattro progetti che hanno un comune denominatore: sono tutti creati da studenti di istituti superiori del Paese, grazie a sinergie con imprese e istituzioni del territorio, con l’obiettivo di creare fonti autonome di reddito per le casse scolastiche. A testimonianza che la scuola italiana, se stimolata, ha tutti gli ingre- dienti necessari – a partire dalle idee e dall’intraprendenza dei suoi giovani – per essere anche azienda.
L’obiettivo del progetto ministeriale Co.ge. (controllo di gestione delle scuole) nato un paio di anni fa, mettendo sul piatto dell’istruzione pubblica un gruzzolo di 3 milioni, era proprio questo: aiutare la scuola a sviluppare modelli in grado di tradursi sia in fonti di autofinanziamento sia in un’operatività quotidiana più sana, efficiente ed efficace.
«Più che un progetto si tratta di un atto di indirizzo – spiega Corrado Faletti, della direzione Bilancio del ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, referente del programma – mirato all’efficientamento organizzativo delle scuole. Il nostro ruolo è stato quello di catalizzatori e consulenti, prendendo a modello esperienze europee e statunitensi, ma sono state le scuole, autonomamente, a tradurre le loro potenzialità in progetti. Che di fatto sono stati messi in moto con appena 400mila euro». Centoventi le scuole in giro per l’italia coinvolte nell’iniziativa e una trentina i modelli di fund raising sviluppati e ora replicabili su scala nazionale, che saranno presentati oggi ad Ancona al convegno nazionale del Miur "A scuola per innovare".
Proprio ad Ancona sono stati progettati dall’istituto Volterra Elia (che è nel club dei 15 di Confindustria quale esempio eccellente dell’innovazione manifatturiera italiana) sia un laboratorio di simulazione nautica, in team con la locale Capitaneria di porto, sia una piattaforma aperta di contenuti didattici digitali (creati da alunni e docenti) utilizzabili su Ipad e acquistabili su App Store, al 50% con un ex spinoff della Politecnica delle Marche, la softwarehouse Nautes. Più a nord, a Imola, l’istituto tecnico agrario ha appena siglato con Ismea il primo protocollo in Italia per creare cooperative di giovani diplomandi e diplomati sui territori residuali del demanio e sta pure potenziando il proprio laboratorio meteorologico per segnalare in tempo reale agli agricoltori (dietro pagamento) l’arrivo di parassiti, batteri, piogge o periodi di siccità. Il liceo scientifico di Clusone ha organizzato un concorso internazionale di traduzione dal latino se- guito da una settimana della cultura latina, evento che ha portato nel paesino bergamasco indotto turistico, mentre diverse scuole in Italia hanno già adottato la strategia di affidare il loro brand a una società che cerca sponsor e usa il marchio su cancelleria e abbigliamento garantendo il 7% degli introiti all’istituto, sulla scia dei campus a stelle e strisce.
E che tra cattedre e banchi cominci a girare aria nuova lo conferma anche l’abi, che ha da poco siglato con il Miur il primo protocollo di intesa per sostenere tecnologia e innovazione nelle scuole, «dall’introduzione di sistemi evoluti di gestione, come l’ordinativo informatico, che sostituisce la carta, per gestire entrate e uscite di cassa – fanno sapere i tecnici dell’abi – alla firma digitale. Il tavolo con il Miur, 11 banche e molte delle scuole coinvolte nel progetto Co.ge. sarà sistematico e porterà a una migliore gestione delle somme giacenti nei conti scolastici e dei loro mezzi di finanziamento».
Il Miur cambia le regole del gioco e «i giocatori, seppur su un campo sconquassato e con una palla bucata, stanno però dimostrando di avere molto talento», assicura Faletti, un passato in banca e non al ministero (lavora affiancato da un collega che arriva dal mondo industriale). Una risposta non solo all’allarme ribadito nei giorni scorsi dal ministro dell’istruzione Francesco Profumo di un crescente scollamento tra scuola e lavoro, ma anche all’emergenza risorse, puntando a soluzioni alternative alla scarsità di fondi pubblici.