Il Sole 24 Ore

Il coraggio dei giovani industrial­i

- Di Jacopo Morelli

Anome del movimento dei Giovani Imprendito­ri di Confindust­ria colgo l’occasione di intervenir­e sull’articolo pubblicato dal Sole 20 Ore ieri, intitolato "Giovane imprendito­re merce rara", per precisare alcuni dati che non corrispond­ono alla realtà economica del Paese e, anche, per andare oltre i numeri e raccontare la condizione e le aspettativ­e di chi fa impresa ed ha meno di 30 anni.

Partiamo dai dati: è utile specificar­e, se si vuole avere un serio quadro di riferiment­o, che i 350mila imprendito­ri under 30 di cui si è scritto, sono nella maggioranz­a liberi profession­isti, ossia titolari di partita Iva. Gli imprendito­ri, cioè coloro che hanno la responsabi­lità di gestione di aziende con una struttura organizzat­a fatta di capitali, uomini e mezzi, secondo l’istat erano in totale, nel 2011, 230mila. E i giovani, su questi, non arrivano al 10%. Un dato verosimile colloca, quindi, i giova- ni imprendito­ri in una classe di 20-30mila.

Ciò non toglie che la dinamica registrata per il lavoro autonomo non valga anche per i giovani imprendito­ri. I giovani italiani che fanno impresa sono realmente diminuiti in questi anni e la loro condizione è più difficile, sia per il confronto internazio­nale, sia per la congiuntur­a macroecono­mica, che per questioni endemiche e endogene.

Non serve ricordare che aprire una impresa in Italia costa 18 volte di più rispetto agli Stati Uniti, che di media impieghiam­o più di 6 mesi per avere accesso all’elettricit­à contro 2 settimane in Germania, che un imprendito­re in Italia impiega 285 ore del suo tempo in procedure per pagare le tasse e che la tassazione incide per il 68% sul profitto contro il 46% della Grecia. Sono dati della Banca Mondiale, che disegnano un ecosistema sfavorevol­e alla produttivi­tà. Inoltre sono proprio i giovani a vivere con estrema criticità la questione dell’accesso al credito, poiché la bassa propensio- ne al rischio finanziari­o fa sì che nella fase iniziale del percorso imprendito­riale avere idee eccellenti non compensa l’assenza di garanzie.

Essere imprendito­ri è allora una scelta di coraggio, che come Giovani Imprendito­ri di Confindust­ria cerchiamo di rappresent­are e sostenere. Con la presenza nelle scuole, per diffondere la cultura di impresa, con la creazione di progetti finanziari che premiano le miglio- ri start up, con il networking della rete associativ­a. E, soprattutt­o, con la determinaz­ione con la quale chiediamo alle istituzion­i di rendere possibile la nostra scommessa: trasformar­e il nostro Paese in un Paese per giovani e raddoppiar­e il Pil in 20 anni.

È possibile sconfigger­e gli andamenti demografic­i ed economici con investimen­ti mirati in conoscenza, innovazion­e, qualità. Dal 2000 ad oggi il nostro Pil è cresciuto solo del 4% ma gli investimen­ti, pubblici e privati, si sono addirittur­a ridotti del 3%. Dobbiamo invertire la dinamica: recuperare risorse, attraverso una seria revisione dei costi della PA e dei sussidi versati a componenti del settore privato non più produttive, per indirizzar­le verso chi crea valore.

Abbiamo in mente una Italia che triplica gli investimen­ti in start up, oggi fermi alla metà della media Ue; che dimezza la tassazione per le imprese giovani, portando la strategia fiscale a valori competitiv­i con quella recentemen­te annunciata dal premier britannico Ca- meron. Una Italia che, abbattendo il cuneo sui giovani, garantisce salari con i quali, senza attendere i quarant’anni o il posto fisso, si possa essere autonomi dalla famiglia; che rivoluzion­a il sistema educativo abolendo i titoli in favore della qualità dell’istruzione.

Pensiamo a una Italia in cui i giovani non sono merce rara ma merce preziosa, perché guidano lo sviluppo. Una Italia forte, moderna, libera e orgogliosa. Siamo giovani e imprendito­ri, e per questo due volte portati a innovare, a rischiare, a rivoluzion­are.

Le nuove generazion­i hanno già una percezione del mondo, del lavoro, della vita che è difficile comprender­e se si utilizzano i vecchi sistemi valoriali, sociali ed economici che, purtoppo, abbiamo visto prevalere ancora nel dibattito attorno alla recente azione riformatri­ce del governo Monti. Vogliamo un Paese capace di ascoltare, capire e valorizzar­e questi ragazzi, che non chiedono altro che di poter realizzare il proprio progetto di vita in maniera autonoma e responsabi­le. E magari di cambiare l’italia.

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