Il coraggio dei giovani industriali
Anome del movimento dei Giovani Imprenditori di Confindustria colgo l’occasione di intervenire sull’articolo pubblicato dal Sole 20 Ore ieri, intitolato "Giovane imprenditore merce rara", per precisare alcuni dati che non corrispondono alla realtà economica del Paese e, anche, per andare oltre i numeri e raccontare la condizione e le aspettative di chi fa impresa ed ha meno di 30 anni.
Partiamo dai dati: è utile specificare, se si vuole avere un serio quadro di riferimento, che i 350mila imprenditori under 30 di cui si è scritto, sono nella maggioranza liberi professionisti, ossia titolari di partita Iva. Gli imprenditori, cioè coloro che hanno la responsabilità di gestione di aziende con una struttura organizzata fatta di capitali, uomini e mezzi, secondo l’istat erano in totale, nel 2011, 230mila. E i giovani, su questi, non arrivano al 10%. Un dato verosimile colloca, quindi, i giova- ni imprenditori in una classe di 20-30mila.
Ciò non toglie che la dinamica registrata per il lavoro autonomo non valga anche per i giovani imprenditori. I giovani italiani che fanno impresa sono realmente diminuiti in questi anni e la loro condizione è più difficile, sia per il confronto internazionale, sia per la congiuntura macroeconomica, che per questioni endemiche e endogene.
Non serve ricordare che aprire una impresa in Italia costa 18 volte di più rispetto agli Stati Uniti, che di media impieghiamo più di 6 mesi per avere accesso all’elettricità contro 2 settimane in Germania, che un imprenditore in Italia impiega 285 ore del suo tempo in procedure per pagare le tasse e che la tassazione incide per il 68% sul profitto contro il 46% della Grecia. Sono dati della Banca Mondiale, che disegnano un ecosistema sfavorevole alla produttività. Inoltre sono proprio i giovani a vivere con estrema criticità la questione dell’accesso al credito, poiché la bassa propensio- ne al rischio finanziario fa sì che nella fase iniziale del percorso imprenditoriale avere idee eccellenti non compensa l’assenza di garanzie.
Essere imprenditori è allora una scelta di coraggio, che come Giovani Imprenditori di Confindustria cerchiamo di rappresentare e sostenere. Con la presenza nelle scuole, per diffondere la cultura di impresa, con la creazione di progetti finanziari che premiano le miglio- ri start up, con il networking della rete associativa. E, soprattutto, con la determinazione con la quale chiediamo alle istituzioni di rendere possibile la nostra scommessa: trasformare il nostro Paese in un Paese per giovani e raddoppiare il Pil in 20 anni.
È possibile sconfiggere gli andamenti demografici ed economici con investimenti mirati in conoscenza, innovazione, qualità. Dal 2000 ad oggi il nostro Pil è cresciuto solo del 4% ma gli investimenti, pubblici e privati, si sono addirittura ridotti del 3%. Dobbiamo invertire la dinamica: recuperare risorse, attraverso una seria revisione dei costi della PA e dei sussidi versati a componenti del settore privato non più produttive, per indirizzarle verso chi crea valore.
Abbiamo in mente una Italia che triplica gli investimenti in start up, oggi fermi alla metà della media Ue; che dimezza la tassazione per le imprese giovani, portando la strategia fiscale a valori competitivi con quella recentemente annunciata dal premier britannico Ca- meron. Una Italia che, abbattendo il cuneo sui giovani, garantisce salari con i quali, senza attendere i quarant’anni o il posto fisso, si possa essere autonomi dalla famiglia; che rivoluziona il sistema educativo abolendo i titoli in favore della qualità dell’istruzione.
Pensiamo a una Italia in cui i giovani non sono merce rara ma merce preziosa, perché guidano lo sviluppo. Una Italia forte, moderna, libera e orgogliosa. Siamo giovani e imprenditori, e per questo due volte portati a innovare, a rischiare, a rivoluzionare.
Le nuove generazioni hanno già una percezione del mondo, del lavoro, della vita che è difficile comprendere se si utilizzano i vecchi sistemi valoriali, sociali ed economici che, purtoppo, abbiamo visto prevalere ancora nel dibattito attorno alla recente azione riformatrice del governo Monti. Vogliamo un Paese capace di ascoltare, capire e valorizzare questi ragazzi, che non chiedono altro che di poter realizzare il proprio progetto di vita in maniera autonoma e responsabile. E magari di cambiare l’italia.