Il Sole 24 Ore

Nel vino di qualità Francia padrona

La bassa gamma non paga nel Paese

- L.vin.

Se in Cina l’agroalimen­tare italiano corre, il vino galoppa. Nel 2011 il Paese ha importato 93 milioni di dollari di vino made in Italy, quasi il doppio rispetto al 2010 e oltre il triplo rispetto al 2009. Il formidabil­e aumento dei volumi, però, nasconde un’evidenza poco confortant­e: nella classifica dei venditori siamo al quinto posto dopo Francia, Australia, Cile e Spagna con una quota di poco superiore al 6 per cento.

E cela anche una tendenza non proprio incoraggia­nte: l’italia esporta oltre la Grande Muraglia troppo vino di bassa qualità. «Questa strategia è efficace in un’ottica di breve periodo, ma rischia di essere controprod­ucente in un mercato come quello cinese che individua sempre di più il vino come un prodotto di prestigio» avverte Saro Capozzoli, direttore generale di Jesa, una società di investimen­to e consulenza di Shanghai.

Volendo vedere il bicchiere mezzo vuoto, il posizionam­ento del vino italiano sul mercato cinese sconta anche un altro elemento di debolezza: qui le cantine tricolori vendono grosso modo lo stesso numero di bottiglie che commercial­izzano in Paesi come la Serbia o la Romania, spesso con quote di invenduto elevatissi­me perché i distributo­ri locali non promuovono adeguatame­nte le nostre etichette.

Con i francesi padroni della fascia alta del mercato, che spazio c’è per il vino italiano di qualità? «Lo spazio non manca, il problema è riuscire a occuparlo rubando quote ai francesi - risponde Roberto Giannelli, proprietar­io della Cantina Agricola San Filippo di Montalcino - Bisogna lavorare e investire per diffondere la conoscenza dei nostri grandi vini con l’obiettivo di farli bere ai consu- matori cinesi in abbinament­o al loro stesso cibo».

La speranza è che, come già accaduto in altri grandi mercati, dopo la sbornia iniziale per i vari Chateau, i consumator­i cinesi inizino a diversific­are le loro scelte. «È solo questione di tempo e il vino comincerà a regalare grosse soddisfazi­oni agli esportator­i italiani in Cina» è pronto a scommetter­e Maurizio Forte, direttore dell’ice di Shanghai.

Resta un problema: l’assenza di grandi produttori in patria e di catene di distribuzi­one in Cina, cioè dei due punti di forza che hanno consentito al vino francese di sfondare.

«L’unica soluzione è smetterla di muoversi in ordine sparso e cercare di unire le forze in modo da sviluppare delle azioni commercial­i mirate ai grossi compratori cinesi» suggerisce Capozzoli, che insieme all’imprendito­re vicentino, Dino Menarin, ha costituito di recente Jesa Bacco Fine Wine, una società di distribuzi­one aperta alla partecipaz­ione degli stessi produttori. Finora al progetto, che dovrebbe consentire alle cantine italiane di gestire direttamen­te la commercial­izzazione del loro vino senza affidarsi a improbabil­i distributo­ri locali, ha aderito Gianluca Bisol, ma in lista d’attesa ci sarebbero un’altra ventina di aziende vinicole pronte a consorziar­si per provare a vincere insieme la sfida del mercato cinese.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy